Cala l’otto per mille alla Chiesa Cattolica. E la Cei corre ai ripari
di Luca Kocci, da www.adista.it
Diminuisce, dopo quasi dieci anni di costante incremento, la percentuale delle firme per la destinazione dell’otto per mille a favore della Chiesa cattolica. I vescovi sono preoccupati: si preparano a pubblicare una lettera ai cattolici – che Adista è in grado di anticipare (v. notizia successiva) – per tentare di rilanciare il sostegno economico alla Chiesa e pensano di rafforzare le già costose campagne pubblicitarie per tenere alta la percentuale delle firme contro la pericolosa concorrenza dello Stato che guadagna consenso e contributi.
È quanto emerge da un documento interno della Conferenza episcopale italiana (di cui Adista è in possesso) che analizza i dati del 2009, non ancora resi pubblici ma già noti alla Cei. “Purtroppo, per la prima volta da alcuni anni a questa parte” – scrive la Cei – si registra “una diminuzione della percentuale delle firme a nostro favore, che passano dall’89,82% (del 2008, sulla base delle dichiarazioni dei redditi del 2005, ndr) all’86% (del 2009, sulla base delle dichiarazioni del 2006, ndr). Tale dato non è l’effetto di una diminuzione in valore assoluto delle firme in favore della Chiesa cattolica (che, anzi, crescono ancora di 38.024 unità), ma di un significativo incremento delle scelte espresse (equivalenti a circa 800.000 firme), quasi tutte per l’opzione ‘Stato’, che passa in percentuale dal 7,6% all’11% del totale”. Questa riduzione “determinerà per il prossimo anno un significativo calo, pari a quasi 35 milioni di euro, delle risorse che riceveremo dall’otto per mille. Ciò evidenzia la necessità di continuare a puntare sulle campagne di promozione al sostegno economico per la Chiesa cattolica, per tenere alta la percentuale delle firme in nostro favore”. Alla diminuzione dell’otto per mille, va aggiunto poi anche il calo delle offerte deducibili per il clero: nel 1998 esse avevano raggiunto la cifra di oltre 21 milioni di euro; nel 2007 si sono fermate a 17 scarsi. Crescono invece le offerte raccolte dalle diocesi per l’Obolo di San Pietro, che finiscono direttamente in Vaticano: nel 2006 erano state di oltre 2,8 milioni di euro, nel 2007 sono arrivate a 3,5 milioni.
Difficile prevedere a quanto ammonterà l’incremento delle già costosissime campagne pubblicitarie; l’entità delle cifre dedicata alla pubblicità e alla comunicazione – affidate alla Saatchi&Saatchi, una delle più importanti agenzie di comunicazioni a livello mondiale, che anni mette ad esclusiva disposizione della Cei un intero gruppo di lavoro, – non compare in nessuna voce dei bilanci della Cei, ma pare che ogni anno la Cei versi alla Saatchi&Saatchi una cifra che si aggira intorno ai 5 milioni di euro. Nel documento stilato dalla Conferenza Episcopale è previsto anche un rilancio degli investimenti finanziari: “i nostri uffici – si legge nel documento – hanno predisposto un nuovo piano di allocazione e diversificazione degli strumenti finanziari che si intende rendere operativo nel prossimo triennio”.
Otto per mille: solo il 20% va ai poveri
Per quanto riguarda l’otto per mille assegnato nell’anno 2008, la Chiesa cattolica ha incassato oltre un miliardo di euro (1.002.513.715,31 euro): non è stato superato il risultato record di 1.016 milioni del 2003, ma c’è un aumento di oltre 10 milioni rispetto al 2007 (dovuto alla crescita complessiva del gettito Irpef, non ad un maggior numero di firme che registra solo uno 0,01% in più), quando invece la cifra si fermò a 991 milioni. Nella comunicazione esterna, il Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa dice che l’89,82% dei contribuenti ha firmato per destinare l’otto per mille alla Chiesa cattolica, ma in realtà la percentuale si riferisce solo a coloro che esprimono effettivamente una scelta: una minoranza (poco più del 40%) rispetto alla totalità dei contribuenti. Infatti, su oltre 40 milioni di contribuenti, solo 16 milioni e 700mila hanno firmato per assegnare l’otto per mille ad una confessione religiosa o allo Stato, e fra questi quasi 15 milioni (appunto l’89,82%) hanno optato per la Chiesa cattolica. Pertanto solo il 37% dei contribuenti italiani sceglie volontariamente di destinare alla Chiesa l’otto per mille delle proprie tasse, ma grazie al meccanismo di ripartizione che assegna le quote non espresse in misura proporzionale alle preferenze dichiarate dagli altri contribuenti, la Chiesa cattolica incassa quasi il 90% del gettito complessivo.
La gestione dei fondi da parte della Chiesa cattolica contiene un altro luogo comune da sfatare: mentre le campagne pubblicitarie insistono a spiegare che l’otto per mille destinato alla Chiesa viene usato per la carità, per i poveri e per il Terzo mondo, in realtà solo un quinto del totale – per il 2008 si tratta di 205 milioni di euro – è impiegato per “interventi caritativi”, cioè assegnati alle diocesi per le iniziative di carità (90 milioni), destinati ad interventi nei Paesi del Terzo mondo (85 milioni) e ad esigenze caritative di rilievo nazionale (30 milioni). Quasi la metà dei soldi raccolti dalla Chiesa cattolica viene invece destinata alle esigenze di culto: 424 milioni di euro (160 milioni alle diocesi "per culto e pastorale", 185 per l’edilizia, 32 al Fondo per la catechesi e l’educazione cristiana, 38 per iniziative religiose di rilievo nazionale e 9 ai Tribunali ecclesiastici regionali). E oltre un terzo dell’intero incasso, 373 milioni di euro, viene invece destinato all’Istituto centrale per il sostentamento del clero, che assicura uno stipendio mensile ai 39mila sacerdoti in servizio nelle diocesi italiane e ai 600 preti diocesani impegnati nelle missioni all’estero: poco più di 850 euro al mese ad "inizio carriera", che arrivano a 1.300 euro mensili per un vescovo alle soglie della pensione (ma va aggiunto anche che ogni sacerdote può attingere ai cosiddetti "diritti di stola": battesimi, matrimoni, funerali, ecc.).
“NON ABBIATE PUDORE A CHIEDERE SOLDI”: LETTERA DELLA CEI AI CATTOLICI PER RILANCIARE IL SOSTEGNO ALLA CHIESA
Venti anni fa – in seguito alla revisione, nel 1984, del Concordato tra Stato e Chiesa – nasceva l’otto per mille, un sistema che ha assicurato regolari e ingenti risorse economiche alla Chiesa cattolica ma che, negli ultimi tempi, sembra vivere un momento di stanchezza, a causa dell’assuefazione, se non della disaffezione, dei fedeli (vedi notizia precedente). Eppure, poiché diminuiscono anche le offerte deducibili ai sacerdoti (192mila offerte per un totale di 21,4 milioni di euro nel 1998, 172mila offerte per 16,8 milioni nel 2007), la Chiesa punta molto sulle firme dei contribuenti per il proprio finanziamento.
Proprio per questi motivi, e per rilanciare il sostegno economico alla Chiesa – anche nelle sue motivazioni teologiche, ecclesiologiche ed etiche -, i vescovi italiani hanno deciso di scrivere una lettera a tutti i cattolici, laici, preti e religiosi. Il testo – intitolato Sostenere la Chiesa per servire tutti. A vent’anni da Sovvenire alle necessità della Chiesa. Lettera dell’Episcopato a vent’anni dall’avvio del nuovo sistema di sostegno economico alla Chiesa cattolica in Italia – è stato elaborato ed emendato durante la 58.ma Assemblea generale della Cei svoltasi lo scorso 26-30 maggio e dovrebbe essere presentata ufficialmente il prossimo 14 novembre (ventesimo anniversario del primo documento della Cei: Sovvenire alle necessità della Chiesa, pubblicato nel 1988). Adista è venuta in possesso della lettera ed &
egrave; in grado di anticiparne i contenuti.
Scrivono i vescovi: “Nonostante i timori iniziali legati all’introduzione del nuovo sistema, che comportava la rinuncia alla ‘congrua’ e ai fondi per l’edilizia di culto, cioè a forme di finanziamento automatico da parte dello Stato anche a titolo di risarcimento rispetto alle leggi eversive del patrimonio ecclesiastico, i frutti sono stati confortanti” e “la Chiesa ha potuto disporre di risorse costanti”. “A uno sguardo attento, emergono però nuovi timori, figli in gran parte della tentazione dell’assuefazione. Nulla, in realtà, è definitivamente acquisito e sarebbe un grave errore affievolire la tensione propositiva, rinunciando a educare al dovere del sovvenire e alla promozione di una mentalità ecclesiale di partecipazione e corresponsabilità” che “investe ogni dimensione della vita cristiana, compreso il reperimento dei beni materiali necessari per vivere”. “Partecipare alla vita della Chiesa vuol dire perciò condividere anche i beni materiali e il denaro”, scrivono i vescovi. Quindi, si legge nella lettera, sacerdoti, religiosi e catechisti non devono vergognarsi o avere paura di chiedere soldi: le motivazioni del sostegno economico alla Chiesa “devono essere costantemente richiamate nella catechesi, negli itinerari formativi, nell’insegnamento teologico. Dovremmo forse superare quell’eccessivo pudore che ci induce a tralasciarle nella predicazione abituale: ben diverso era, su questi temi, lo stile degli Apostoli”. Un pudore che, aggiungono i vescovi, alimenta l’assuefazione e la disaffezione da parte dei fedeli: “troppo basso” è infatti “il livello di coinvolgimento dei fedeli nel sostentamento del clero attraverso le apposite offerte deducibili (che sono del tutto volontarie, a differenza dell’otto per mille che va obbligatoriamente versato, ndr), troppo alto il rischio dell’assuefazione, che non favorisce la partecipazione consapevole dei fedeli e tende a spostare l’asse portante del sistema verso l’otto per mille”.
La lettera si chiude con tre “raccomandazioni specifiche ai fedeli, nelle loro diverse condizioni di vita”: ai laici, dopo i ringraziamenti per quanto elargito in questi venti anni, viene chiesto di continuare a sostenere economicamente il clero con le offerte e la Chiesa cattolica con la destinazione dell’otto per mille; ai seminaristi di studiare e approfondire “le motivazioni teologiche e pastorali che sono alla base del sistema di sostegno economico alla Chiesa in Italia e i concreti meccanismi del suo funzionamento” per poter poi essere in grado “di accompagnare con convinzione e lealtà le comunità che vi saranno affidate” (anche perché, presentando il testo della lettera agli altri vescovi, mons. Pietro Farina, vescovo di Alife-Caiazzo e presidente del Comitato per il sostegno economico alla Chiesa cattolica, spiega che “solo il 22% del seminaristi arriva al sacerdozio con una buona conoscenza dell’attuale sostegno economico alla Chiesa e al clero”); e ai presbiteri di non “avere ritegno ad affrontare questi temi con i fedeli, garantendo al contempo la massima trasparenza nel far conoscere la situazione economica e i conti delle nostre parrocchie e di tutte le realtà ecclesiali”.
PARROCCHIE A COTTIMO. ECCO IL NUOVO SISTEMA DELLA CEI:
INCENTIVI A CHI RACCOGLIE PIÙ OFFERTE
Diminuisce sensibilmente la raccolta delle offerte deducibili per il clero realizzata attraverso i bollettini postali distribuiti nelle parrocchie (- 23% in un anno), e così il Comitato per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica, presieduto dal vescovo di Alife-Caiazzo mons. Pietro Farina, oltre alla Lettera dell’Episcopato per rilanciare l’otto per mille e il sostentamento del clero, (v. notizia precedente), ha elaborato un nuovo meccanismo per incoraggiare le parrocchie ad incrementare la raccolta delle offerte per i sacerdoti: tutte le 26mila parrocchie italiane verranno di fatto ‘schedate’ in modo che l’Istituto centrale per il sostentamento del clero (Icsc) possa controllare il volume di offerte proveniente da ogni singola parrocchia e, successivamente, premiare le più efficienti con cospicui incentivi economici.
In occasione della Giornata nazionale di sensibilizzazione alle offerte per i sacerdoti, alle parrocchie verranno inviati dei bollettini postali – che saranno poi distribuiti ai fedeli perché facciano la loro offerta – dotati di un codice identificativo della parrocchia stessa. In questo modo, l’Icsc, a cui vanno destinati i soldi, a fine anno potrà controllare e calcolare le offerte pervenute da ciascuna parrocchia grazie ai bollettini codificati.
A questo punto si inserisce il sistema degli incentivi che premia chi ha prodotto più offerte. Ogni comunità parrocchiale è tenuta a versare una quota annua (la “quota capitaria”) per il sostentamento del proprio parroco (che si cumula con lo stipendio mensile versato dall’Istituto centrale per il sostentamento del clero): si va dai 211 euro l’anno per le parrocchie con meno di 500 abitanti ai 2.282 per quelle fra 2.500 e 4.000 abitanti, fino ai 7.008 euro l’anno per le parrocchie con più di 10.000 abitanti. Il meccanismo elaborato dalla Cei prevede che le parrocchie possano risparmiare sulla “quota capitaria” dovuta al loro parroco (che verrebbe versata direttamente dall’Icsc) in proporzione alle offerte deducibili prodotte dalla parrocchia stessa: quanti più soldi saranno arrivati a Roma tramite i bollettini postali codificati, tanti più soldi della “quota capitaria” la parrocchia potrà trattenere nelle sue casse, senza che il parroco perda nulla perché sarebbe l’Icsc ad integrare la quota.
Una simulazione elaborata dall’Icsc può aiutare a capire meglio il meccanismo: una parrocchia di medie dimensioni (fra 1.000 e 2.500 abitanti, in Italia ce ne sono oltre 6.000) deve garantire una remunerazione annua al proprio parroco di 1.247 euro. Se le offerte deducibili inviate dai fedeli della comunità tramite bollettino postale uguagliassero tale remunerazione, la parrocchia potrebbe trattenere per sé un quarto della cifra (cioè 312 euro); se invece fossero il doppio, cioè 2.494, la parrocchia potrebbe trattenere addirittura il 75% della “quota capitaria” dovuta al proprio parroco, cioè 935 euro (ovviamente le parrocchie che producessero offerte inferiori alla “quota capitaria” non avrebbero alcun incentivo). Una sorta di “cottimo” da cui tutti avrebbero da guadagnare, tranne le parrocchie poco efficienti: tanto l’Icsc che potrebbe aumentare il volume complessivo di offerte deducibili raggranellate; quanto le parrocchie che, riuscendo ad incrementare le offerte versate dai fedeli, potrebbero trattenere per sé cifre ragguardevoli. Si tratta di “una modalità innovativa che motivi e giustifichi un rinnovato impegno a livello parrocchiale – spiega mons. Farina – e che, si spera, faccia da volano ad un incremento più generale delle offerte deducibili per il clero”.
(17 settembre 2008)
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