Carlo Bernardini, un grande illuminista

Pietro Greco

Non è affatto semplice, anzi è pressoché impossibile proporre un quadro completo delle molteplici attività che, nel corso della sua vita, ha svolto Carlo Bernardini, il fisico nato a Lecce il 22 aprile 1930 a Lecce e morto pochi giorni fa, il 21 giugno 2018, a Roma. Ci aiuta, però, la coerenza e l’organicità di quella sua azione che si è dipanata tra la fisica, la politica, l’impegno civile, la comunicazione. E dunque possiamo riassumerla, la figura di Carlo in una sola parola: illuminista.
Sì, tutta la molteplice attività di Carlo Bernardini è stata all’insegna della ragione. Una ragione empatica, non chiusa in se stessa, ma volta al bene dell’umanità.
Come fisico è stato nel “gruppo del sincrotrone” che all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso ha inventato, dando corpo a una geniale idea di Bruno Touschek, la “via italiana alle alte energie”. È stato a lungo docente di fisica prima all’Università Federico II di Napoli (per due anni) poi per molti lustri alla Sapienza di Roma. Ha avuto centinaia di allievi. Quasi tutti lo ricordano come un grande maestro.
È stato in Parlamento, eletto al Senato nel 1976 come indipendente nelle fila del partito Comunista Italiano. Si è dedicato alla didattica delle scienze nelle scuole. Ha diretto a lungo Sapere, la più antica delle riviste di divulgazione scientifica. È stato uno dei fondatori e dei principali animatori dell’Unione Scienziati per il Disarmo (USPID), perseguendo l’obiettivo di giungere, al più presto, a svuotare gli arsenali nucleari.
Ma in questa sede conviene ricordare soprattutto l’intellettuale – il grande intellettuale – con un forte senso dell’impegno civile. Gli scienziati, pensava, non possono (non debbono) starsene chiusi nella loro torre d’avorio. Non è possibile. Non è giusto. Devono concorrere al benessere dell’umanità in ogni senso. Compreso il benessere di quella parte dell’umanità ospite del paese in cui si è nati.
Detta in altri termini, Carlo Bernardini si è sempre posto il problema di come contribuire alla crescita culturale, civile e anche economica dell’Italia. La sua analisi, negli ultimi trenta o quaranta anni, era lucida: l’Italia ha intrapreso un percorso di declino con velocità crescente. Questo declino è frutto di una cultura ascientifica se non antiscientifica. Che ha delle cause storiche, ma che si rivitalizza di anno in anno. Una cultura che informa di sé tutte le classi dirigenti del paese: intellettuali, politiche, economiche. Solo se si riesce a battere questa cultura, il paese uscirà dal declino.

Non è stato il solo a indicare nel “modello di sviluppo senza ricerca” le cause delle difficoltà che l’Italia attraversa da almeno trent’anni. Ma ha il merito di essere stato uno dei primi. Se è concesso un ricordo personale al vostro cronista, allora la memoria va a un convegno da lui ideato esattamente trent’anni fa cui chi scrive ha dato un modesto contributo. Il convegno era intitolato L’Italia è ancora un paese industrializzato? e poneva il tema della nostra specializzazione produttiva, fondata su tecnologie di tipo basso e medio e ormai incapace di reggere sui mercati internazionali dell’incipiente nuova globalizzazione.
Ricordo il suo sguardo sconcertato quando illustri economisti e imprenditori, ignari di quello che stava avvenendo, sostenevano. Ma se il nostro modello funzione, perché cambiarlo?

Il modello iniziava a non funzionare. E il futuro non poteva che essere segnato, senza un cambio di paradigma. Ma gli economisti professionisti non se ne accorgevano. Lui, vero grande intellettuale, se n’era accorto. I fatti gli hanno dato ragione, purtroppo.
Era anche evidente che la crisi cui l’Italia con un modello di sviluppo ormai obsoleto stava andando incontro non sarebbe stata solo economica, ma anche sociale e culturale. E come avrebbe potuto essere altrimenti?

Da quel momento non è passato giorno senza che Carlo Bernardini non si sia battuto per un cambio di paradigma economico, politico e soprattutto culturale.

Guardando come sono andate le cose, dobbiamo dire che Carlo Bernardini e molti tra coloro che gli sono stati vicini sono (siamo) stati sconfitti. La corsa dell’Italia verso il declino non solo non si è interrotta, ma ha subito una continua accelerazione. E questa constatazione ha amareggiato gli ultimi anni, mesi e giorni della sua vita. No, non lo consolava il fatto che non c’era alternativa alcuna che opporre la forza lucida della ragione a quella dell’oscurantismo. La sconfitta della ragione e i mostri che genera li considerava inaccettabili.
Eppure mai questa analisi pessimistica lo ha indotto alla resa.

Si è battuto fino all’ultimo per restituire l’Italia alla ragione. È questo il messaggio che ci lascia. Dobbiamo continuare a batterci. Nonostante tutto.

(25 giugno 2018)

BERNARDINI







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