Caro Saviano, non farci la morale
Caro Saviano,
sono un ragazzo di 20 anni, studente universitario (non fannullone e fuori corso come ci vorrebbero i potenti ma con buoni voti) nonché membro di quello che definisci il “movimento”. Il 14 ero a Roma, era la mia prima manifestazione nella capitale, ho assaporato per la prima volta l’odore dei lacrimogeni e sentito per la prima volta scoppiare bombe carta. Anch’io come la maggioranza dei presenti non ho esperienza passata nella politica ufficiale, non ho un sistema fisso e robusto di valori e ideali alle spalle (ideologie), non sono rappresentato da nessuno in Parlamento e mi iscrivo nella generazione precaria, del “lavoro mai”, non senza una leggera disperazione.
Ti ringrazio per aver avuto il coraggio e l’onestà di prendere parola e schierarti, non è poco visto il vuoto intellettuale regnante, e per aver creato un vivo dibattito sui fatti del 14, non sterile ma anzi proficuo per noi tutti. Sento però la necessità di esprimermi riguardo a quanto ai scritto e detto in questi giorni.
Penso, infatti, di potermi tranquillamente iscrivere tra gli “imbecilli” di cui parli: non perchè ho partecipato attivamente agli scontri ma perchè sono solidale con chi lo ha fatto e comunque prima di condannare preferisco cercare di comprendere. Personalmente non sento di poter scagliare bombe o solo pietre contro nessun uomo e, anzi, non nego di aver provato paura per qualche attimo alla vista di colonne di fumo e di cariche della polizia. Non credo, però, che gli scontri siano stati portati avanti da una minoranza organizzata che cercava solo di sfogarsi. Di sicuro che lanciava sassi era una minoranza, ma non dimentichiamo che erano presenti oltre agli studenti molti operai, immigrati, famiglie intere, che non hanno questi mezzi nelle proprie corde e non dimentichiamo nemmeno i problemi più contingenti: una certa disorganizzazione nella gestione del corteo, senza un vero servizio d’ordine, forse anche perchè numericamente esagerato, che ha portato a una certa dispersione.
Erano sicuramente presenti piccoli gruppi organizzati – a metà tra black block e ultras da stadio (comunque precari disperati molto probabilmente) – con l’unico scopo di arrivare allo scontro con le forze dell’ordine però la responsabilità della “violenza” non si può imputare a loro. Se così fosse perchè hanno aspettato il 14 dicembre e non hanno approfittato delle tante altre manifestazioni che ci sono state negli ultimi mesi? E, poi, perchè era da 33 anni che a Roma non succedevano cose del genere, forse che gruppi di questo genere sono nati la settimana scorsa? Inoltre, come non considerare ciò che sta accadendo negli altri paesi d’Europa: è un caso che rivolte simili siano scoppiate anche a Londra e Atene in questi giorni? Infine non dimentichiamo come sono state trattate le manifestazioni studentesche da parte della polizia italiana tra il 24 e il 30 novembre: repressioni e pestaggi a Firenze, Napoli, Milano, Roma.
Chi si è scontrato con la polizia non l’ha fatto per piacere. A tutti piacerebbe poter manifestare pacificamente, cantando belle canzoni mentre si sfila allegramente per le vie della città. Sembra però un discorso un tantino ingenuo. La violenza scoppiata nelle vie di Roma fa parte dei mezzi, non dei fini, a disposizione di un movimento sociale: nessuno aveva come scopo quello di fare fuori più poliziotti possibile, quanto quello di far sentire la propria voce in un momento particolarmente importante. Lanciare sanpietrini come occupare facoltà o monumenti, far scoppiare bancomat come brandire i “book block” che piacciono tanto ma che sono scudi, servono per difendersi quanto i caschi. Visto l’inefficacia dei mezzi provati precedentemente e visto il particolare momento di allarme per la nostra democrazia e per alcune frange della popolazione sempre più povere chi scende in piazza cerca nuove forme di espressione, si possono considerare più o meno giuste, ma sono ciò che resta a chi è lasciato solo da ogni istituzione.
Ho la poesia “Il Pci ai giovani” appesa in camera, odio quando la polizia diventa il nemico e quando ci sono scontri tra studenti e forze dell’ordine, ma non bisogna mai dimenticare che loro difendono lo status quo, proprio quello che noi vogliamo cambiare. Considero vittima sia chi era a manifestare sia chi ha represso la manifestazione, entrambi non sono certo i responsabili dei problemi con cui deve fare i conti la mia generazione, ma non credo che fermarsi davanti alla zona rossa avrebbe portato la nostra voce così in alto come dici tu. Sarebbe stata, al contrario, più una sconfitta, una resa davanti a un potere che non ci piace e non ci rappresenta. Ricordo che non erano praticamente presenti bandiere di nessun partito e nessun altro simbolo che si rifacesse a personalità, movimenti, storie da imitare e prendere come esempio.
Ci sono altri elementi del tuo discorso che è importante ricordare perchè profondamente permeati da moralismo e paternalismo.
Moralismo perchè vengono condannati a prescindere gli scontri, senza provare a comprendere il motivo di queste azioni: bruciare bancomat e infrangere vetrine delle banche è violenza? Nessuno pensa così facendo di sconfiggere il “capitalismo”, tanto quanto fare un manifestazione di qualche ora non risolvere i mali della Terra. Tutti questi atti hanno valore simbolico: interrompono la routine, delegittimano lo stato come monopolista della forza pubblica. Ritengo anche che il movimento si sia dimostrato solidale con chi faceva danni a banche e grandi multinazionali, mentre non lo è stato (per esperienza diretta) quando si compivano atti vandalici verso beni pubblici come panchine o autobus.
Tu hai la “legalità” tra i tuoi principi, noi non molto. Questo contribuisce a segnare una rottura tra te e il movimento cui dici di sentirti parte. Tu sei sempre con lo Stato, noi verso lo Stato nutriamo un certo distacco, poca fiducia e molto scetticismo.
Moralismo perchè viene condannata la “violenza” dei manifestanti ma non si dice nulla della violenza delle istituzioni, è più grave la compravendita di parlamentari della Repubblica italiana o una automobile che brucia? È più violento il governo taglia continuamente i fondi all’università pubblica, libera, di massa, che sognavano i nostri nonni oppure bruciare un blindato della Finanza? Perché chi manifesta deve sempre preoccuparsi di essere pacifico, magari “creativo” e “colorato” ma comunque politicamente corretto mentre le istituzioni si possono permettere di fare quello che vogliono? Non siamo forse noi che dobbiamo controllarli?
Moralismo, inoltre, perchè ci sono molti “dovevate”, “si dovrebbe”, “bisogna”, forse troppi. Considerare i fattori particolari, la situazione specifica in cui ci siamo trovati in quelle ore, porterebbe a altre conclusioni: purtroppo quasi mai le cose vanno come si vuole, comunque le critiche costruttive sono sempre ben accette.
Per quanto riguarda il paternalismo: gli scontri di Roma vengono criticati in quanto scoraggiano l’opinione pubblica a partecipare a nuove manifestazioni, allontanano dal “movimento” i più indecisi, in pratica perchè hanno scarso effetto pubblicitario, non “fanno vendere”. Questa è una logica da azienda, non da movimento sociale. La logica del movimento è quella della testimonianza: dimostrare con il proprio esempio la possibilità di agire collettivamente per scopi universali, a prescindere di quanti la pensano come te.
Paternalismo perchè si suppone che l’opinione pubblica cada nella trappola (anche l
ei, si) per cui una automobile bruciata delegittima tutto il discorso che ci sta dietro.
Paternalismo perchè non è matematico che l’opinione pubblica creda a ciò che raccontano dai palazzi del potere, e cioè “mandateli in piazza e vi torneranno pesti di sangue e violenti”, mi auguro anzi che la prossima volta ci sia il doppio, il triplo delle persone.
Paternalismo perchè si considera l’opinione pubblica un bambino, un minorenne, a qui bisogna apparire vestiti bene , col vestito della domenica, per fare buona impressione: credo, invece, che l’opinione pubblica può essere in grado di giudicare autonomamente ciò che è successo nelle piazze della capitale, andando oltre i giudizi che arrivano dai mass media.
Per finire vorrei fare qualche precisazione sul rapporto coi passati movimenti, cui ti preme tanto prendere le distanze. Noto una certa contraddizione nel volere separare il movimento di oggi in violenti e genuini e, contemporaneamente, considerare i movimenti degli anni Settanta come un tutt’uno, sbagliato perchè degenerato nel terrorismo, dimenticando tutte le altre componenti più moderate. Noto inoltre una certa ossessione nel volersi distinguere da questi movimenti, come se fossero sbagliati solo perchè appartenenti al passato (stessa accusa che qualcuno faceva ai sessantottini), ossessione che non ritengo sia condivisa dalla maggioranza di ragazze e ragazzi di oggi.
Anche condannare i metodi per delegittimare tutto il movimento è una pratica assai antica ma sempre verde.
Non fermiamoci al 14 dicembre, andiamo avanti, sempre più a testa alta e a visto scoperto.
Nella speranza che questo dibattito sia fruttuoso per tutte le persone in mobilitazione,
Gabriele Borghi
(20 dicembre 2010)
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