Chi ha paura del testamento biologico

Ignazio Marino

, da L’Espresso

Non ne parla più nessuno eppure il problema è ben lontano dalla soluzione. L’arrivo del governo Monti ha cambiato gli equilibri e ha fatto scomparire dall’agenda parlamentare tutti i temi cosiddetti sensibili, a partire dal testamento biologico. Nel 2009 sembrava si trattasse di un’urgenza improcrastinabile mentre oggi la legge giace in un polveroso cassetto del Senato. E lì è destinata a rimanere a dimostrazione del fatto che non si trattava di approvare una legge per i cittadini, ma dell’esatto contrario ovvero misurare, sulla pelle dei pazienti, i rapporti di forza dei partiti e di alcuni esponenti della Chiesa.

In questo momento di stallo è interessante leggere il libro di Carlo Troilo “Liberi di morire. Una fine dignitosa nel paese dei diritti negati” (Rubettino 2012) in cui l’autore ricostruisce con dovizia di dettagli di cronaca il percorso della legge sul testamento biologico o, come la definisce, “contro il testamento biologico”, ma racconta anche come si è arrivati a leggi equilibrate in altri Paesi, soffermandosi su Germania e Spagna dove il dibattito è stato costruttivo in Parlamento e anche con la Chiesa.

Oggi, invece, una legge in Italia non c’è e, in silenzio, gli ammalati continuano a morire senza poter indicare le loro volontà nelle ultime fasi della vita, mentre i familiari continuano ad affidarsi al buon senso di medici che decidono in scienza e coscienza, ma senza regole chiare, quando sospendere le terapie per evitare l’accanimento terapeutico. L’auspicio dell’autore, a cui aderisco pienamente, è che i diritti civili non siano dimenticati ma messi in primo piano nei programmi delle prossime elezioni.

La politica, insomma, si occupi della crisi e dell’economia ma non trascuri le tante questioni che riguardano la vita e i diritti delle persone.

(1 marzo 2012)

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