Chiesa e libri, 500 anni di censure

MicroMega

di Michele Martelli

La 47a edizione della Mostra Antiquaria di Cortona (Arezzo), aperta dal 22 agosto al 6 settembre, quest’anno contiene una chicca, la sezione sui “Libri proibiti dal 1500 al 1900”: 40 libri in preziosi edizioni d’epoca, di proprietà della Libreria antiquaria di Londra Quartich e della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Proibiti da chi? Manco a dirlo! Ma dalla Chiesa cattolica romana, soprattutto, in bella compagnia con governi e Stati illiberali europei del passato. I 40 libri esposti a Cortona sono solo una minuscola parte dell’Index librorum prohibitorum, allestito sin dal 1564 dalla Chiesa romana per ordine del papa controriformista Pio IV.
Questo Indice è diventato, forse per uno scherzo divino, contro la volontà dei suoi sacri compilatori porporati, un indice propagandistico di quanto di essenziale prodotto dalla cultura moderna. Basta scorrerlo velocemente per trovarvi, nelle montagne di nomi e di titoli proibiti, quelli più rappresentativi del mondo moderno, da Galilei a Darwin, da Kant a Sartre. E pressoché tutti gli autori illuministi. Ma anche Dante, Boccaccio e Ariosto. Cioè poeti e scrittori tra i primi a svincolarsi dalle catene del teologismo papale medioevale. «La santa chiesa avrìa più bisogno che per molti anni non vi fusse stampa», aveva detto un rappresentante vaticano nel 1575. Da allora i “molti anni” auspicati sono diventati quattro secoli. Quattro secoli di repressione papale della libertà di parola, di pensiero, di espressione, di stampa. È sacro obbligo della Chiesa «estirpare la mortifera peste dei libri», aveva pontificato papa Clemente XIII nel 1766, in piena epoca illuministica. E poco prima, nel 1758, nel frontespizio della nuova edizione dell’Index, papa Benedetto XIV aveva raffigurato gruppi di devoti cattolici che gettano libri sul rogo. Sì, per quattro secoli, la Chiesa ha celebrato la verità dei suoi sacri Dogmi col rogo di libri e di scrittori eretici e dissidenti. Sulle fiamme doveva perire la libertà e l’autonomia della ricerca e della ragione umana.
Tra i libri proibiti esposti ai visitatori di Cortonantiquaria, due attirano particolarmente l’attenzione: il Manifesto del 1948 di Marx ed Engels, e il Defensor Pacis (1324) di Marsilio da Padova, ambedue in vecchia edizione tedesca. Il primo, vietato dalla Chiesa cattolica e dai regimi ottocenteschi di mezza Europa, divenne, per ironia della storia, la Bibbia del nuovo dogmatismo ateistico sovietico. Combattuta dalla Chiesa, l’Urss, in cui il marxismo era stato pietrificato e zarificato, della Chiesa fu la più grande imitatrice nella repressione della libertà di cultura. Prova suprema ne fu la vicenda censoria del Dottor Zivago di Pasternack, di cui a Cortona si può vedere il manoscritto pubblicato per la prima volta in traduzione italiana da Feltrinelli nel 1957. Il secondo, il Defensor di Marsilio è degno di attenzione, perché fu storicamente il primo trattato di filosofia politica sulla necessità della separazione tra Stato e Chiesa. Opera che meriterebbe di essere meglio conosciuta, letta e studiata, perché costituisce, sotto il riguardo teorico, l’atto di nascita della moderna laicità. E perciò fu vietata dai vertici della Chiesa, fino al 1966, allorché Paolo VI decise di sopprimere l’Index.
Libri e autori proibiti, al rogo. Roba del passato? Ah, fosse il cielo!, verrebbe da dire. L’Index fu abolito non perché la Chiesa gerarchica si fosse convertita al principio laico della libertà di critica e di ricerca, ma perché di fronte al gigantesco sviluppo dell’editoria e del mercato librario era diventato un inutile ferro vecchio. Così come anacronistica, e condannata dalla coscienza civile, era ormai divenuta la brutale pratica inquisitoriale di bruciare libri ed eretici nelle pubbliche piazze. Ma abolito nel 1966, l’Index è stato prontamente ereditato dall’Opus Dei, che lo ha aggiornato con una lista di proscrizione di oltre 60 mila volumi. Dove spiccano, tra gli altri, i nomi di Norberto Bobbio, Umberto Eco, Gianni Vattimo, Andrea Camilleri, Woody Allen, Gore Vidal e José Saramago. Certo, l’Opus Dei non è tutta la Chiesa. Ne è però sicuramente la parte più potente, una sorta di «Chiesa nella Chiesa». Né va dimenticato che papa Wojtyla ha santificato il suo fondatore, Escrivà de Balaguer, e ha elevato l’Opus Dei a sua “Prelatura personale”. Tenuta a rispondere solo al papa. Non a vescovi e cardinali.
Se ne deduce che, poiché i suoi compilatori rispondono solo al papa, anche il nuovo Index ha l’autorizzazione e il gradimento papale.
Alla faccia della libertà di cultura!

(31 agosto 2009)



MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.