Chiesa e privilegi fiscali, di male in peggio

Raffaele Carcano

Dall’annosa querelle sul mancato pagamento dell’Ici fino alla recente scelta governativa di esentare dal pagamento della tassa rifiuti 25 megaimmobili ecclesiastici situati nella capitale, non cessano i favori fiscali alla Chiesa Cattolica. Il sindaco Marino, alle prese con le ristrettezze di bilancio, vorrebbe ora “poter riscuotere”, ma la strada è tutta in salita.

e Adele Orioli

Si trascinano ormai da anni le controversie sulle imposte alle quali sono o dovrebbero essere soggetti gli immobili di proprietà ecclesiastica. Una vicenda che sarebbe tragicomica se in ballo non ci fossero tanti ma davvero tanti soldi. Ora qualcosa sta cambiando. Ma, e non è una novità, sta cambiando in peggio.

L’Imposta Comunale sugli Immobili, istituita nel 1992, gravava anche sugli immobili di proprietà ecclesiastica se adibiti ad attività commerciale (cfr. Cassazione 4645/2004) finché nel 2006 il Decreto Fiscale connesso alla Finanziaria ne consentì l’esenzione totale, in una prima versione a prescindere dall’attività svolta, nel decreto legge definitivo invece in tutti quei casi in cui la natura commerciale non fosse “esclusiva”. Era sufficiente quindi un solo altarino all’interno di un hotel affinché l’intera struttura non pagasse. E proprio in riferimento al (solo) settore alberghiero, in un regime di “autoesenzione” non controllata (e non controllata fin dal 1992: sufficiente non dichiarare il sopravvenuto esercizio commerciale), nel 2011 l’Associazione Nazionale Comuni Italiani stimava un danno erariale di oltre 500 milioni di euro annui, stima prudenziale confermata nel 2012 giusto poco prima che il governo Monti, preoccupato anche dal richiamo dell’Unione Europea, si apprestasse a sostituire l’Ici con la Imposta Municipale Propria.

Il regime delle esenzioni Imu, simile a quello originario ante 2006, non poteva dirsi esattamente cristallino ed era suscettibile di molteplici interpretazioni, a partire da come e cosa intendere per attività “non commerciale”. Regime che ha comunque passato a dicembre 2012 il vaglio della Commissione Europea; la stessa Commissione che, per inciso, ha avuto anche modo di dichiarare la normativa disciplinante l’Ici dal 2006 al 2011 non compatibile con quella Ue sugli aiuti di Stato. A differenza da altri casi simili però all’Italia non viene imposto di attivarsi per ottenere le somme dovute dagli enti ecclesiastici, perché “le autorità italiane hanno dimostrato che in alcuni casi il recupero sarebbe oggettivamente impossibile”; nello specifico, troppo complicato calcolare quanta parte degli immobili fosse da considerarsi commerciale e quanta riservata ad attività di culto. Interessante prova di efficienza e determinazione del nostro apparato statale. Il danno complessivo nei sei anni è stato stimato tra i due e i tre miliardi di euro.

Non che l’Imu c’abbia poi messo un gran rimedio, anzi, e in ogni caso l’incertezza giuridica sull’applicazione effettiva dell’imposta ha rappresentato un ulteriore propellente per l’elusione fiscale, estesa unilateralmente anche ad altri ambiti e a molteplici strutture. Un caso significativo è quello della Pontificia Università Gregoriana: dai Patti lateranensi di fascista memoria l’ateneo vaticano è esentato dal pagamento di imposte sulla proprietà, ma ha interpretato il testo in maniera talmente estensiva e pro domo sua da ritenersi sollevato dal pagamento anche della tassa sui rifiuti. Nel 2012 è stata condannata dalla Cassazione, che giustamente ha dato un’interpretazione restrittiva del trattato, imponendo di pagare gli arretrati, e nella stessa situazione versano altre ventiquattro entità vaticane: per citarne un paio, il palazzo del Vicariato (con agenzia di viaggi Quo Vadis –sic– annessa) e quello di Propaganda Fide in piazza di Spagna (ai piani terra prestigiosi negozi in affitto).

Solo che adesso, rivela Repubblica, il sindaco di Roma Ignazio Marino “vorrebbe poter riscuotere”. Il Comune è con l’acqua alla gola, in pieno deficit, sballottato dalle polemiche sul salvataggio via decreto e il “buffo” (il romanesco debito) della sola Gregoriana supera il mezzo milione di euro.

Il sindaco ha peraltro subito annunciato cinquemila esuberi nel personale, eppure se si tratta di bussare al governo e battere cassa, lo fa per le cerimonie di santificazione di Wojtyla e Roncalli. Proprio quel governo, comunque, che con il decreto Enti locali di fine marzo, a Marino ha appena sottratto ulteriori risorse: esentando dalla tassa sui rifiuti inserita nella nuova Tasi (imposta che unisce l’imu e la Tariffa Rifiuti) tra gli altri proprio quei 25 megaimmobili ecclesiastici. Idea peraltro già presente nella Service Tax di lettiana memoria, per far cessare, a dire governativo, una situazione fortemente penalizzante creatasi con l’Imu per gli enti no-profit.

Erano già numerosi i Comuni che esentavano i beni ecclesiastici dal pagamento della tassa sui rifiuti. Ma ora questo anacronistico privilegio viene autorevolmente legittimato dal governo ed esteso indiscriminatamente in tutta Italia. Le scuole pagano, le chiese no. Le università statali pagano, quelle pontificie no. E l’arretrato? Poche speranze. D’altronde, se è “oggettivamente impossibile” stabilire quali immobili ecclesiastici erano tenuti al pagamento dell’Ici…

Un gioco sporco, come e più dei loro rifiuti. Con la nuova normativa noi cittadini pagheremo probabilmente di più, altrettanto probabilmente pagheranno di più anche le scuole pubbliche che frequentano i nostri figli, ma la Chiesa pagherà di meno. Come sempre, vien da dire. L’unica novità è che ora abbiamo un pontefice “vorrei-una-chiesa-povera” ad avallare e a beneficiare del lucroso privilegio.

(26 marzo 2014)



MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.