Chiesa gay friendly? Dietro le apparenze, la stessa sostanza
Valerio Gigante
, da Adista
Ricordate le parole pronunciate da papa Francesco nel luglio 2013, di ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro, quando rispondendo alle domande dei giornalisti disse: «Se una persona è gay e cerca il Signore, e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?». Ecco, sembrava fosse l’inizio della svolta, l’annuncio che sui gay la Chiesa stava per fare delle inedite aperture. A distanza di due anni, però, nulla appare cambiato. Lo ha dimostrato il clamoroso caso della mancata nomina dell’ambasciatore francese presso la Santa Sede di Laurent Stefanini, cattolico praticante di notevole profilo culturale e esperienza diplomatica, scelto dal Quai d’Orsay (ossia il Ministero degli Esteri francese) per essere inviato a Roma. Ma non ha ricevuto il benestare del Vaticano. Per molti la causa sarebbe la sua omosessualità, dichiarata, ma vissuta con grande discrezione e nell’ossequioso rispetto del magistero cattolico.
Un’altra clamorosa notizia arriva da Genova. In tutta Italia, e non solo, si stanno celebrando, per il nono anno consecutivo, le veglie antiomofobia, momenti di preghiera organizzati nei giorni precedenti e successivi al 17 maggio (Giornata internazionale contro l’omofobia). Uno degli eventi in programma quest’anno avrebbe dovuto svolgersi il 20 maggio, nella parrocchia cattolica della Sacra Famiglia di Genova, organizzato da Bethel, il gruppo di credenti omosessuali liguri. Ebbene, la veglia non ha potuto svolgersi in parrocchia in quanto la Curia genovese, guidata dal card. Angelo Bagnasco, non ha dato il permesso al parroco, don Fernando Primerano (che è anche vicario territoriale di Marassi-Staglieno), di poterla ospitare. La motivazione ufficiale è che questa veglia di preghiera non è opportuna a causa delle imminenti elezioni politiche regionali. Una motivazione che appare del tutto priva di fondamento, dal momento che non è la prima volta che una chiesa cattolica genovese ospita la veglia (accade ininterrottamente dal 2009, senza che ciò abbia mai suscitato polemiche o clamore), e perché sfugge ogni possibile nesso tra un incontro di preghiera e le elezioni politiche.
Ma c’è un’ulteriore vicenda che rende ancora più forte l’idea che sull’omosessualità la Chiesa cattolica stia facendo tutt’altro che passi avanti. Riguarda don Franco Barbero, prete da sempre impegnato nell’accompagnamento delle persone omosessuali (e per questo vittima, nel 2003, di un clamoroso decreto emanato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede – senza processo canonico, senza possibilità di difendersi rispetto ad accuse che non gli sono mai state formulate, senza la possibilità di appellarsi alla decisione – che lo dimise dallo stato clericale, v. Adista n. 23/03), invitato il 22 aprile scorso a Brescia, per un incontro organizzato da “Noi Siamo Chiesa” e “Coordinamento nuove famiglie” su omosessualità e Vangelo, svoltosi presso la Casa del Popolo “Euplo Natali” di via Risorgimento.
Barbero ha quindi raccontato il suo percorso di conversione verso le persone omosessuali, iniziato già negli anni ’60, esprimendo la sua gratitudine verso il mondo lgbt, lo spirito evangelico di novità di cui è portatore, il suo impegno intra ed extra ecclesiale.
Ospiti dell’incontro anche don Fabio Corazzina, parroco di S. Maria in Silva a Brescia, particolarmente impegnato sui temi della pace e dei diritti dei migranti, ed Anne Zell, pastora valdese da anni amica di don Franco, che, tra l’altro, ha ripercorso il cammino della sua comunità sui temi inerenti alla sessualità con uno spirito di attenzione e ricerca che don Franco, da sempre, ha incontrato assai più nell’ambito della Chiesa valdese (la cui presenza è particolarmente consistente nella zona di Pinerolo, dove Barbero da 50 anni svolge il suo ministero presbiterale) che in quello cattolico. Entrambi hanno ribadito quanto da tempo sostengono, e cioè che in uno Stato laico il riconoscimento da parte delle istituzioni e della società civile delle unioni omosessuali un riconoscimento giuridico è ormai è dovuto. E che comunque estendere i diritti (e i doveri pure) e le tutele ad altre forme di famiglie nulla toglie alla famiglia tradizionale e ed alla sua dignità, anche sacramentale.
Un nutrito dibattito ha concluso la serata connotata da un clima disteso di dialogo e confronto, senza la pretesa di possedere o affermare alcuna verità precostituita o definitiva.
Diverso invece il clima che in quelle stesse ore si respirava all’interno della Curia bresciana, che il 21 aprile emanava una nota ufficiale per commentare l’incontro organizzato con la presenza di Barbero. La Cancelleria della Curia, che dichiara di essere stata «interpellata da alcuni fedeli in merito ad alcune ambiguità contenute nel volantino di presentazione dell’iniziativa», ha voluto infatti precisare che «il sig. Franco Barbero è attualmente un fedele dimesso dallo stato clericale e dispensato dagli obblighi sacerdotali da Sua Santità San Giovanni Paolo II», che «Il vigente Benedizionale, promulgato dalla Cei nel 1992, nella seconda Sezione della Parte prima, prevede la benedizione della comunità familiare fondata sul sacramento del Matrimonio, e in particolare la benedizione dei coniugi, marito e moglie, e dei figli»; infine, che «il rev.do Fabio Corazzina, parroco della parrocchia di S. Maria in Silva in Brescia, ha partecipato a titolo del tutto personale a suddetto incontro, nell’esercizio della sua legittima libertà e assumendosi in merito ogni responsabilità, sia di cittadino che di presbitero».
(20 maggio 2015)
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