Come due gocce d’acqua
di Emilio Carnevali
Il fatto che Obama sarà molto probabilmente il vincitore delle prossime elezioni Usa ci è suggerito – prima ancora che dai sondaggi – dalla straordinaria capacità espressa dal candidato democratico di catalizzare i consensi di persone apparentemente agli antipodi del suo bacino tradizionale. Persone che anche fisicamente, quasi antopologicamante, si situano anni luce dall’immagine dell’impegno politico a sinistra, come il manager della boxe don King e l’ereditiera Paris Hilton (in Italia il giornalista – e direttore del Riformista – Antonio Polito).
In questo clima di pressoché totale unanimismo (ha detto bene Alexander Cockburn, giornalista di The Nation intervistato domenica dal manifesto, che chiunque vuole criticare Obama deve andare nei parchi e sussurrare, altrimenti viene preso a male parole dalla propria famiglia), è saltato pure fuori il paragone tra Barack Obama e Silvio Berlusconi. E’ vero che il paragone in esame riceve forza persuasiva dai semplici nomi di chi lo ha avanzato: il ministro degli esteri Franco Frattini e il ministro della cultura Sandro Bondi. Personalità che si sono distinte spesso per autonomia di giudizio e non hanno mai risparmiato critiche anche severe e spassionate – a tratti feroci – al leader di Forza Italia nel corso dei numerosi congressi di questo partito (soprattutto il secondo che, quanto a paragoni storici, una volta definì Berlusconi la sintesi di tre eresie, “l’eresia liberale di Luigi Einaudi, l’eresia cattolica di don Sturzo e l’eresia socialista di Carlo Rosselli”).
Tuttavia, pur tenendo conto dell’autorevolezza della fonte, qualche perplessità tale paragone lo suscita. Ha dichiarato Frattini: “[Obama] l’ho sentito fare dei discorsi basati moltissimo sugli ideali, discorsi che non durano molto e che si concentrano su alcuni pensieri chiave. Questo modo di comunicare credo sia molto simile a quello di Berlusconi. Entrambi sono capaci di toccare la percezione dei potenziali elettori. Si tratta di veri e propri ‘chiodi’ che devono rimanere piantati nella memoria di chi ascolta”. Su questo, effettivamente, c’è poco da dire: anche Berlusconi adotta lo stesso mix di ideali nitidi e chiarezza argomentativa. Due sono i “chiodi berlusconiani” che, in tutti questi anni, mi sono rimasti impressi con particolare efficacia.
Il primo rimanda alla visita di Berlusconi al comando generale della Guardia di Finanza, l’11 novembre 2004: “C’è una norma di diritto naturale – disse l’allora Presidente del Consiglio miscelando appunto idealità e capacità comunicativa – che dice che se lo Stato ti chiede un terzo di quello che con tanta fatica hai guadagnato, questa ti sembra una richiesta giusta, e glielo dai in cambio di servizi che lo Stato ti dà. Se lo Stato ti chiede di più, o molto di più, c’è una sopraffazione nei tuoi confronti e allora ti ingegni per trovare dei sistemi elusivi o addirittura evasivi, che senti in sintonia con il tuo intimo sentimento di moralità, e che non ti fanno sentire intimamente colpevole”.
Il secondo rimanda al dibattito televisivo con Prodi alla fine della campagna elettorale del 2006, quando Berlusconi accusò la sinistra di voler rendere uguali “il figlio dell’operaio e il figlio del professionista” e per fare questo era costretta a mettere in campo politiche redistributive che andavano a ledere la libertà e la proprietà dei cittadini italiani (vedi il video di questo passaggio del dibattito).
Tali dichiarazioni – questi efficacissimi "chiodi" della propaganda politica berlusconiana – non sembrano muoversi lungo il solco di quel “sogno americano” evocato – almeno a parole – da Barack Obama. Ma forse Frattini si riferiva a qualcos’altro. Forse anche Obama, mercoledì mattina, svegliatosi presidente degli Stati Uniti, assesterà una bella pacca sul culo della cameriera della Casa Bianca e farà uno squillo all’“amico Silvio”.
(3 novembre 2008)
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