Come porre fine al sessismo nel mondo dell’informazione

MicroMega

Un epico panel di soli uomini, scherzi sessisti con al centro il seno e molestie sessuali sul palco del Congresso Mondiale dell’Informazione svoltosi in Portogallo hanno messo in chiara evidenza il divario tra il riconoscimento della disuguaglianza di genere e l’effettiva valorizzazione delle donne. In risposta, un gruppo di professionisti di lungo corso nell’ambito dell’informazione ha scritto la seguente lettera aperta. È ora di farla finita con i discorsi sulla necessità dell’uguaglianza e cominciare a riformare attivamente il settore.

Il Congresso Annuale del World Association of News Publishers’ (WAN-IFRA), che si tiene ai primi di giugno, è uno degli eventi più importanti per il mondo dell’informazione. È una opportunità di “networking” per quasi mille partecipanti appartenenti a testate internazionali, con interventi di esperti e dibattiti sul futuro del giornalismo e il business dell’informazione in un momento che registra crisi convergenti. Dovrebbe rappresentare il culmine delle buone prassi, tracciando la strada per il progresso del settore. E invece l’edizione 2018 è stata un perfetto esempio delle contraddizioni in materia di trattamento delle donne nell’industria dell’informazione, con gesti simbolici (e qualche volta sostanziali) di rispetto intervallati da vere e proprie discriminazioni e molestie sessuali, a volte scioccanti.

Donne nell’informazione: passare dalla colonna laterale alla prima pagina

L’evento è stato aperto dal secondo annuale Women in News Summit con la partecipazione della BBC, del New York Times, dell’ex direttrice di USA Today e autrice di That’s What She Said, Joanne Lipman,dall’ex amministratore delegato di Gizmodo Media Group, Raju Narisetti, e da molti altri impegnati a promuovere la diversità nei rispettivi organi di informazione. Le loro incredibili storie e “buone prassi” da sole valevano il viaggio in Portogallo. Tuttavia, l’incontro è stato relegato al programma pre-conferenza – come se fosse una nota a piè di pagina dell’evento principale. E se l’organizzazione del Congresso ha raggiunto livelli di equilibrio di genere senza precedenti (il 46% degli oratori erano donne), la cerimonia di apertura ha visto un muro di uomini sul podio (al nono abbiamo smesso di contare quanti fossero) parlare per 90 minuti prima che il premio “Golden Pen” fosse finalmente consegnato a Maria Ressa, ad e direttrice di Rappler.com. Un premio che riconosce la sua lotta costante contro le molestie di Stato di cui sono vittime le giornaliste filippine. Scegliere Ressa è stata una decisione importante e dal profondo significato simbolico. Quando le è stata data parola però molti delegati avevano già lasciato la sala disgustati dalla totale assenza di diversità sul palco. Durante i tre giorni successivi l’evento ha continuato, da un lato, a enfatizzare l’uguaglianza di genere con premi e discorsi e, dall’altro, nella pratica, a non rispettare le donne.

Seni finti e baci estorti

Non è sufficiente parlare di diversità per produrre cambiamenti. Ma, ironicamente, uno scandalo a volte può esserlo. La palese manifestazione di sessismo e le molestie che si sono date durante la cena di gala organizzata all’Estoril Casinò (un posto che inspirò “Casinò Royale” di Ian Fleming) ha scioccato talmente tanti partecipanti e impiegati dell’organizzazione da mettere in moto un’azione significativa.

La serata è cominciata con una battuta del conduttore che ha paragonato le fake news al seno. Gag finale: in entrambi i casi lui preferisce i “fake”.

Poi è venuto il momento dei premi per la leadership editoriale, conferiti a eminenti giornaliste dall’Uganda e dalla Giordania. Un obiettivo importante per le donne nell’ambito dell’informazione.

E per finire, una conclusione così terribile che molti di noi presenti (tra cui anche alcuni impiegati dell’organizzazione con cui abbiamo parlato) siamo rimasti scioccati. Alla fine della cena, il capo dell’associazione della stampa portoghese, Joao Palmiero, ha convinto un gruppo di organizzatrici della conferenza a raggiungerlo sul palco dopo aver chiesto a una di loro di annodare delle tovaglie attorno al collo delle altre dicendo che in questo modo stava dando loro le ali: “Sono i miei angeli e non so se sono preparato a dividerli con voi”. Palmeiro (ex-membro del Consiglio del WAN-IFRA) ha proseguito chiamando se stesso “Charlie” e annunciando: “In nome di tutti voi io bacerò Christin!”. Vale a dire la senior project manager di WAN-IFRA Christin Herger, tra le donne chiamate sul palco.

Dal pubblico applausi. E sussulti. Christin Herger era visibilmente irritata e ha tentato di sottrarsi al bacio estorto, ma Palmeiro ha proseguito imperterrito. “È timida, per favore, per favore… spero che voi, donne portoghesi, non siate così timide”, ha detto prima di afferrare l’impiegata portoghese del WAN-IFRA Maria Belem e baciarla malgrado il suo evidente imbarazzo. Prima di lasciare il palco Palmeiro ha infine ringraziato le donne accanto a lui chiamandole il suo “dream team” e dando molta importanza al fatto che fossero tutte donne. Ironicamente, un nuovo manuale -promosso dal WAN-IFRA – su come combattere le molestie sessuali nei media è stato lanciato proprio durante la conferenza.

Dopo l’evento Maria Belem ha postato questo messaggio sull’app ufficiale del Congresso: “Non siamo angeli, e non lavoriamo per Charlie. Siamo professioniste che lavorano per la libertà di stampa e per un ecosistema mediatico sano”.

Quando “mettere in mostra” le molestie sessuali provoca un cambiamento

Ma ecco la buona notizia: malgrado il (qualche volta) aperto sessismo e le molestie sessuali del World News Conference, questi eventi hanno innescato una reazione a catena che ha rafforzato l’impegno del WAN-IFRA in materia di riforme e ha creato l’occasione per una necessaria riflessione del settore.

Quando i social media hanno divulgato quanto avvenuto all’Estoril, si è creato una sorta di momento #metoo del giornalismo. In risposta alle proteste – online e non –WAN-IFRA ha chiesto pubblicamente scusa, ha aperto una riflessione a riguardo, ha diffuso una dichiarazione di condanna tramite il World Editors Forum e ha annunciato la promozione di donne nel suo board.

La mattina dopo la cena di gala, Michael Golden, presidente del board del WAN-IFRA (ed ex vice-presidente del NYT), è salito sul palco per affrontare la crisi: “Quello che è successo ieri sera è stato inappropriato. Joao Palmeiro si è imposto sul nostro staff – su Christin Herger, su Maria Belem… – in un modo che ha imbarazzato loro e molti di noi. Sono qui per dire che non è stato appropriato. Sono qui per chiedere scusa al nostro staff e per dire loro che noi riconosciamo il lavoro straordinario che hanno fatto e che non meritavano di essere me
sse in quella situazione”. Dopo di lui è stata la volta di Palmeiro che si è scusato “dal profondo del mio cuore”.

Scuse prive di significato vista l’intervista che ha rilasciato più tardi al giornalista Yusuf Omar. Palmeiro ha incolpato la cultura portoghese per il suo comportamento, sostenendo che una simile condotta era “assolutamente ok” e “normale” in Portogallo.

Ma non è questa l’opinione delle donne portoghesi in generale e di quelle sul palco: “Mi sono sentita umiliata come professionista, come donna e come portoghese, non è una questione culturale”, ci ha detto una di loro.

In seguito il WAN-IFRA ha puntato i fari sulla nomina della direttrice sudafricana Lisa MacLeod a vicepresidente del suo board (che rappresenta molte delle maggiori testate d’informazione del mondo) – si tratta della prima donna a ricoprire questo incarico nei 70 anni di storia dell’organizzazione. Il giorno prima della cena di gala due donne sono state elette nel board e quattro promosse nel comitato esecutivo. Si tratta di progressi, certamente, ma il WAN-IFRA rimane pesantemente dominato dagli uomini, con un board composto soltanto al 14 % da donne (quello del World Editors Forum ha raggiunto il 35%). E in effetti l’ad del WAN-IFRA, Vincent Peyregne, lo ha ammesso dicendo: “Dobbiamo fare molto di più nei mesi a venire”.

#TimesUp per le redazioni, gli editori e gli organizzatori di eventi in tutto il mondo

Quello che ha visto protagonista Palmeiro non è un incidente isolato. Si iscrive in una tendenza sessista profondamente radicata che emargina le donne in tutte le organizzazioni giornalistiche (e nella società). Nonostante molti possano mostrare con orgoglio sui propri siti gli obiettivi raggiunti in materia di inclusione e l’immissione di autorevoli voci di donne nei contenuti e nei programmi delle conferenze, le donne nei media continuano a essere sottorappresentate in termini di firme, di direzione e nelle stanze dei bottoni. E sono anche pagate nettamente meno delle loro controparti maschili.

Il nostro settore ha una responsabilità per quanto riguarda l’uguaglianza di genere, perché un più vasto cambiamento sociale dipende anche da questo.

E noi, membri della comunità giornalistica internazionale, non siamo disposti a presenziare a un altro panel tutto al maschile, ad appoggiare organizzazioni che ipocriticamente si fregiano di iniziative per l’uguaglianza di genere, né a rimanere in silenzio quando nostre colleghe sono molestate davanti ai nostri occhi. Abbiamo smesso di assecondare l’ego di uomini influenti che resistono al cambiamento nella speranza che sotto la nostra gentile guida col tempo si uniranno a noi sulla tortuosa strada verso l’uguaglianza di genere nell’industria dell’informazione. Il tempo è scaduto da un pezzo e per davvero.

14 principi di eguaglianza di genere per l’industria dell’informazione

Qui di seguito 14 principi e raccomandazioni per la comunità globale dell’informazione, da tenere a mente quando si tratta di verificare i propri sforzi in materia di parità e, più in generale, di diversità – alcuni dei quali sono stati ispirati dal pionieristico Women In News Summit di WAN-IFRA.

1. Insistere sull’eguaglianza di genere nell’informazione e attraverso di essa: globalmente le donne rappresentano molto meno del 30% delle posizioni di comando nelle redazioni, creando una prospettiva distorta nella narrazione della maggioranza delle pubblicazioni a favore della prospettiva maschile. Studi recenti dimostrano anche che i quotidiani mainstream sono dominati da giornalisti e commentatori uomini che parlano di cosa fanno altri uomini. Questo squilibrio si riflette direttamente nei contenuti e nella selezione per i panel degli eventi dell’industria dell’informazione. Siamo nel 2018 – assicuratevi che né voi né la vostra organizzazione contribuiate al problema. La ricetta per l’eguaglianza di genere di Bloomberg News è una guida utile.

2. Usare i dati per promuovere una rappresentazione inclusiva nei gruppi, per le posizione di comando, sul palco: “Se non puoi misurarlo, non puoi cambiarlo”. Questa importante affermazione di Joanne Lipman è un buon punto di partenza. La maggioranza delle organizzazioni pensa che l’ineguaglianza di genere non sia un loro problema. Però prendersi la briga di mappare e misurare è l’unico modo per esserne sicuri. Controllate il genere di chi firma, delle fonti, dei relatori e dei direttori per vedere quanto siano veramente equilibrate squadre e contenuti. La semplice misurazione può condurre a un cambiamento. (Leggete la strategia di Lipman per sfruttare i dati a favore della causa). Date un’occhiata all’equilibrio di genere 50/50 della BBC promosso da Ros Atkins e al pacchetto di strumenti prodotto da Gender Avenger. Valutate anche di dare pubblicità a questi metodi in modo da poter essere sottoposti a verifica in quello spirito di trasparenza che dovrebbe aiutare a costruire fiducia nelle organizzazioni.

3. Denunciare le molestie sessuali e affrontarle di petto (online e offline): “Credo ci serva un codice di condotta generale per gli uomini perché imparino come non trattare le donne in ambito professionale. C’è molto da imparare”, ha detto Mariana Santos, fondatrice di Chicas Poderosas. Sicuramente le organizzazioni mediatiche hanno bisogno di dettagliate politiche che affrontino con determinazione le molestie – online e offline. Si veda a tal proposito Press Forward’s resources e si legga la guida in 11 punti di Julie Posetti per affrontare le molestie nelle redazioni.

4. Non ghettizzare le iniziative per l’uguaglianza di genere: programmate/includete contenuti che rafforzano le fonti femminili, le giornaliste e le direttrici nel programma principale, sul palco e sulla prima pagina. Questo è essenziale se si vuole affrontare seriamente la questione e per garantire che i partecipanti maschi siano educati e motivati ad abbracciare il cambiamento e a collaborare alle iniziative nell’ambito dell’eguaglianza di genere. “Confinare i problemi delle donne ci limita due volte, perché crea un ghetto” – Catarina Carvalho, direttrice del Global Media Group, Portogallo.

5. Organizzatori di conferenze, create le opportunità per la partecipazione attiva delle donne: valutate di sponsorizzare le oratrici e le moderatrici (particolarmente quelle in difficili condizioni socio-economiche), in genere hanno meno potere economico rispetto alla loro controparte maschile. E che ne dite di promuovere l’assistenza all’infanzia con servizi primari per i bambini piccoli per andare incontro alle professionis
te? (Si vedano anche i 13 suggerimenti di Hannah Storm per conferenze più inclusive).

6. Insistere sul fatto che le organizzazioni partner e i collaboratori a contratto rispettino i principi di uguaglianza di genere: assicuratevi che i partecipanti (collaboratori, sponsor, moderatori e oratori) di tutte le conferenze siano consci di, abbiano accesso a, e seguano le politiche dell’organizzazione e il loro codice di comportamento in materia di molestie sessuali e uguaglianza di genere per evitare il ripetersi di incidenti come quello di Estoril. WAN-IFRA ha in elaborazione un protocollo di condotta – potrebbe diventare un modello per il settore?

7. Sponsor, valutate di usare il “bastone” dei finanziamenti per rafforzare gli standard di uguaglianza di genere: gli sponsor di conferenze ed eventi in campo giornalistico/mediatico dovrebbero condizionare i finanziamenti al rispetto dell’equilibrio di genere nei contenuti, oppure finanziare direttamente le relatrici e le moderatrici donne. Verificate accuratamente i contenuti dopo gli eventi e le pubblicazioni e valutate di ritirare i finanziamenti se l’uguaglianza non è stata raggiunta come promesso. Facebook, Google, Twitter vi teniamo d’occhio (così come teniamo d’occhio una serie di fondazioni per lo sviluppo dei media e di organizzazioni intergovernative nordeuropee). In alternativa si può pensare alla “carota” di un bonus di finanziamento in caso di successo.

8. Condividere la piattaforma: se l’evento che state organizzando deve includere oratori o panel di altre organizzazioni o sponsor insistete affinché venga nominata una o più donne competenti. E se sei un dirigente uomo invitato a rappresentare la tua organizzazione come oratore considera l’ipotesi di nominare una donna (anche se in una posizione di livello inferiore) affinché lo faccia al tuo posto. L’esperienza cresce con le opportunità.

9. Prestare attenzione alle modalità di conversazione: la prevalenza di uomini nei panel e negli incontri, l’interruzione delle donne mentre parlano, o lo spiegare loro cose che sanno perfettamente (“mansplaining”= man + explain) sono i modi più comuni con cui le donne vengono zittite negli ambienti lavorativi. Sensibilizzare la tua squadra e misurare i contributi con delle app (come per esempio questa: http://arementalkingtoomuch.com/) può aiutare a creare un ambiente in cui le donne possano crescere.

10. Eliminare i pregiudizi dai processi di assunzione e selezione: il cervello umano è disegnato per usare i pregiudizi per orientarsi in realtà complesse. Ma non è disegnato per creare procedure eque di assunzione e selezione dei relatori di conferenze. È necessario elaborare dei meccanismi ad hoc per correggere il pregiudizio. Per approfondire: si vedano le raccomandazioni di Iris Bohnet della Harvard Kennedy School.

11. Promozione dall’alto: non è possibile arrivare a un equilibrio con la sola iniziativa dal basso. Senza partecipazione dall’alto le iniziative sull’uguaglianza faranno, sì, la loro comparsa ma poi si esauriranno. Uomini che sponsorizzano la promozione di donne talentuose sono la cosa migliore per fornire un esempio per i dirigenti e per creare diversità nella leadership. Adam Grant ha alcuni buoni consigli su come fare se gli uomini nella tua organizzazione sono agitati riguardo al fare da mentori e sostenere le donne nel mondo post-Weinstein.

12. Per pagare in modo equo, negozia in modo diverso: Orit Kopel, ad della fondazione Wikipedia e co-fondatrice di WikiTribune, dice che la responsabilità per una paga equa è del datore di lavoro, non degli impiegati. Per pagare equamente le donne, non abusate della loro tendenza a sottovalutare il proprio contributo – date aumenti a chi li merita, piuttosto che a chi li chiede.

13. Permettere alle donne di fare un passo indietro e di farsi avanti quando sono pronte: il fatto che una donna rifiuti una promozione per concentrarsi sulla famiglia non significa che non vorrà mai più portare la sua carriera ad alti livelli. Molte donne vogliono concentrarsi sui figli quando sono piccoli ma quando hanno raggiunto un certo livello di indipendenza la capacità di “farsi avanti” dei genitori tende a essere molto forte. Quindi se un fuoriclasse si rifiuta per una volta, continuate a provare.

14. Applicare quanto detto rispetto alla diversità in generale (il che include razza, classe sociale e orientamento sessuale).

Firmato da:

Hannah Storm, direttrice dell’International News Safety Institute.

Julie Posetti, Senior Research Fellow al Reuters Institute for the Study of Journalism della Oxford University, dove dirige il Journalism Innovation Project.

Zuzanna Ziomecka, direttrice di Newsmavens, portale di informazione su scala europea cui collaborano esclusivamente professioniste dell’informazione.

Joyce Barnathan, presidente dell’International Center for Journalists (ICFJ), una non-profit dedicata alla promozione del giornalismo di qualità in tutto il mondo.

Catarina Carvalho, direttrice esecutiva di Diário de Notícias – il più antico giornale portoghese.

Ritu Kapur, ad e co-fondatrice di Quintillion Media (che pubblica The Quint) in India. Fa parte del board di World Editors Forum e del comitato consultivo del Reuters Institute for the Study of Journalism (RISJ).

Orit Kopel, co-fondatrice di WikiTribune è ad della Jimmy Wales Foundation for Freedom of Expression.

Yusuf Omar, giornalista e co-fondatore di Hashtag Our Stories.

Raju Narisetti, manager in ambito mediatico, è stato ad di Gizmodo Media Group, senior vice-president (Strategy) di News Corporation e managing editor del Wall Street Journal e del Washington Post.

Mariana Santos, fondatrice e ad di Chicas Poderosas, un’organizzazione non-profit che cerca di rafforzare le giornaliste nell’informazione digitale e nella leadership.

Se vuoi – indipendente dal tuo genere – aggiungere il tuo nome alla lista di firmatari sottoscrivi la campagna #TimesUpNews su Change.org.
(14 luglio 2018)







MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.