Complotti e stratagemmi, due modi alternativi di interpretare la pandemia e i suoi effetti
Paola Monachesi
e Marina Turco
“Sintesi di cosa è realmente accaduto e di come quasi nulla è stato casuale” [1] è il titolo di un video postato di recente su YouTube da Diego Fusaro. Pur contestando il racconto dei fatti diffuso dai media a proposito della pandemia di covid-19, l’autore dichiara di non considerarsi un complottista, ma semplicemente un “filosofo che solleva dubbi”.
Eppure, nel titolo del video è sintetizzata l’essenza del complottismo in due punti fondamentali. Primo, la convinzione che i media ufficiali non siano affidabili perché schiavi dei poteri dominanti e divulgatori delle loro opportunistiche menzogne. Sfiducia a cui si oppone una aprioristica fiducia in quelle menti illuminate e oneste che spiegano al popolo quello che “è realmente accaduto”. Secondo, il riferimento a una relazione “non casuale” tra i fatti del virus e l’ordine globale mondiale richiama molte delle teorie complottiste che hanno circolato in questi mesi. Teorie talvolta contraddittorie tra di loro: il virus prodotto in laboratorio affinché Bill Gates, o il governo cinese, possano controllare la popolazione mondiale, diffuso dalle reti 5G, oppure inventato da media asserviti al potere per distrarre il popolo dall’istallazione delle tecnologie 5G [2].
Il complottista indica (possibili) relazioni causali tra eventi. Relazioni tenute opportunamente nascoste ai cittadini. E fin qui nulla di strano. I complotti esistono e il potere li ha sempre usati come strumento di governo. In modo peculiare, tuttavia, i complottisti riconducono tutte queste (possibili) relazioni causali a un’unica arena globale in cui nulla di ciò che avviene è casuale. È il trionfo del causale sul casuale. Soprattutto in politica ed economia, tutti gli eventi sono riconducibili, senza l’onere della prova, per (supposta) pura forza di logica, agli interessi di un unico Potere Globale, incarnato da vari attori a diversi livelli, dal singolo politico a categorie generali, come le multinazionali o i governi.
Eppure, a un’analisi più attenta e imparziale dei dettagli, riteniamo che molto di quello che succede è dovuto al caso. Il caso non è la negazione della causalità. Anzi, il caso è la forma in cui le innumerevoli cause che provocano gli eventi si presentano a noi, in un dato momento, sotto forma di mondo. Il mondo è uno scenario complesso che emerge dalle azioni di molti attori, umani e non umani, ognuno dei quali agisce secondo motivazioni proprie. Ogni attore spera di ottenere un certo risultato ma spesso ottiene anche risultati almeno in parte imprevedibili, che avranno a loro volta effetti imprevedibili su altri attori o eventi.
In questo scenario, il caso crea uno spazio di libertà inaspettato per l’attore che vuole cambiare (o anche solo aggirare) le regole del gioco e i rapporti di potere. L’azione che sfrutta questo spazio, in modo improvvisato, provvisorio e spesso effimero, si chiama stratagemma [3]. Lo stratagemma complica il classico schema oppositivo strategia-tattica [4].
Gli stratagemmi non descrivono o prescrivono un’azione il cui risultato è certo, ma improvvisano una traiettoria attraverso vari ambiti e strutture di potere, spesso, come è accaduto nel caso della pandemia, sfruttando le possibilità offerte da un temporaneo indebolimento delle consuete norme e strutture politiche, sociali e culturali [5].
Più definite nel loro scopo ed effetti, sono le strategie e le tattiche. Nel caso della strategia gli attori (e.g. lo stato, le grandi aziende tecnologiche, le multinazionali) agiscono seguendo un piano premeditato, in un modo che può portare al successo oppure no. La tattica consiste invece nell’esercitare una azione uguale e contraria a quella della strategia. Qui gli attori (e.g. i complottisti) possono essere considerati come una forma di contro-potere che oppone resistenza al neoliberalismo dominante sfuggendo al sistema o boicottandolo, senza essere però in grado di creare un vero cambiamento.
Indipendentemente dal fatto che venga considerato un evento casuale o causato (nella visione dei complottisti), il virus ha comunque alterato gli equilibri preesistenti in modo radicale e inaspettato, creando uno “spazio di possibilità”. Una “prospettiva stratagemmatica” permette di focalizzarsi su azioni e relazioni, fatti e movimenti non previsti emersi durante la pandemia.
La tecnologia e i media hanno giocato un ruolo fondamentale in questi processi, permettendo di effettuare esperimenti impensabili in un paese come l’Italia che è agli ultimi posti in Europa per competitività digitale [6]. L’esperienza digitale ha messo in evidenza le strategie delle grandi multinazionali tecnologiche (i big tech Amazon, Apple, Google, Microsoft, Facebook) che mirano al controllo dei dati degli utenti, mettendo a rischio la privacy dei cittadini. Per esempio, nel caso dell’app Immuni, il sistema operativo Android impone l’attivazione della geolocalizzazione anche se l’app non lo richiederebbe. La denuncia dei rischi legati alla privatizzazione del digitale fa parte della tattica dei complottisti, che suggeriscono di boicottare alcuni strumenti digitali spesso senza distinguere tra la tecnologia, di per sé necessaria, e gli interessi di chi la gestisce.
Aprendo un contesto di grande sperimentazione nel digitale, l’emergenza covid-19 ha fatto emergere però anche iniziative foriere di possibili cambiamenti in vari ambiti, dall’istruzione al lavoro, dalla cultura al turismo, settori in cui si è verificata un’accelerazione nell’adozione di strumenti digitali.
Nel campo dell’istruzione le azioni dei big tech volte a incrementare la raccolta e lo sfruttamento dei dati al fine di automatizzare e privatizzare la didattica è stata particolarmente aggressiva. Questo aspetto è sfuggito ai complottisti italiani, data la scarsa presenza di piattaforme digitali nella scuola e nelle università italiane. Ma alcuni studiosi inglesi indicano il rischio che tali pratiche rappresentano per l’autonomia dell’insegnamento e per il diritto allo studio [7]. Un esempio tra molti è quello di un algoritmo predittivo utilizzato al posto dell’esame (sospeso causa covid-19) per attribuire il voto di maturità nelle scuole internazionali del sistema IB (International Baccalaureate) [8].
In Italia ci si è resi conto che un’infrastruttura digitale nella scuola è necessaria, e molto è stato fatto, da parte delle istituzioni e dei privati, per aiutare gli studenti privi di risorse informatiche [9]. È emerso però anche il ruolo svolto dai luoghi d’incontro fisici nella realizzazione della funzione pedagogica e sociale della scuola. Da qui la nascita di iniziative volte a mantenere il legame tra scuola e territorio (di successo la spesa solidale promossa da una scuola del quartiere Zen di Palermo [10]), e le molte sperimentazioni di scuole all’aperto e on the road [11].
Superando la dicotomia tra off line e on line, creando piattaforme pubbliche e lasciando ai docenti la possibilità di sperimentare forme ibride di partecipazione possiamo trovare una via alternativa al modello commerciale e predittivo imposto dal “capitalismo della sorveglianza” dei big tech [12].
Nel campo del lavoro, la possibil
ità di lavorare da casa non è mai stata presa seriamente in considerazione in Italia a differenza di altri paesi. In seguito al lockdown si è passati da mezzo milione a 8 milioni di lavoratori in telelavoro permettendo quindi di sperimentare questa modalità e i suoi effetti. Anche in questo caso, vengono utilizzate quasi esclusivamente piattaforme digitali proprietarie, con le problematiche già discusse. Contrariamente alle aspettative, la produttività non sembra risentirne, diventa possibile risparmiare sugli affitti degli immobili commerciali, sugli abiti spesso prodotti in modo poco sostenibile e sui pasti consumati fuori casa. Inoltre si riducono i livelli di inquinamento e si risparmia il tempo degli spostamenti. A fronte di questi effetti positivi, ristoranti e bar chiudono, i centri storici si sono svuotati e i paesi in via di sviluppo produttori di indumenti stanno perdendo commesse [13]. Gli uffici probabilmente non scompariranno, ma questo esperimento di telelavoro ha aperto una possibilità di cambiamento: lavorare più spesso da casa rende le città più sostenibili in termini di trasporti, movimento e occupazione degli edifici.
Anche nel campo della cultura la chiusura degli spazi fisici ha portato ad un inevitabile sperimentazione nel digitale al di là dell’uso dei social media a fine pubblicitario. Abbiamo assistito ad un’espansione degli spazi fisici di musei, sale da concerto, teatri, nella dimensione digitale che ne permette la fruizione da parte dei cittadini che non hanno il tempo o i mezzi per frequentarli. Si arriva così alla realizzazione di festival e spettacoli prodotti in modalità ibrida, come nel caso della stagione del teatro greco di Siracusa. Una proposta interessante è quella del Palazzo Ducale di Genova, che trasforma il distanziamento sociale in un’esperienza immersiva attraverso la contemplazione in solitudine per 5 minuti delle Ninfee di Monet. Si può scegliere se ammirare l’opera in silenzio oppure utilizzare la tecnologia per associarvi una musica o le parole dello stesso Monet [14].
È soprattutto nel campo del turismo che il covid-19, a differenza degli altri ambiti discussi, ha penalizzato le piattaforme digitali. Booking e Airbnb, dopo aver contribuito al turismo invasivo che ha cambiato molte realtà urbane, saranno costrette a rivedere le proprie strategie di business. Nel frattempo, anche le città turistiche stanno riconsiderando le proprie politiche sul turismo in seguito ad iniziative promosse dagli abitanti. A Venezia, proprietari di immobili che prima accoglievano turisti hanno firmato un accordo con comune e università per affittare agli studenti [15]. Ad Amsterdam un’iniziativa cittadina che vuole limitare la presenza di turisti a 12 milioni l’anno ha già raccolto 30 mila firme e attivato un dibattito su un necessario equilibrio tra gli interessi dei cittadini, dei turisti e degli operatori del settore [16]. Inoltre, le limitazioni attuali negli spostamenti soprattutto al di fuori dell’Europa stanno portando ad un turismo più locale, che si basa su reti personali, scambi casa, bisogno di natura e fuga dalle città.
In questo contesto di cambiamento, la visione dei complottisti non tiene conto della molteplicità di attori e interessi che, intrecciandosi e entrando in conflitto tra di loro, generano spazi di possibilità. Gli stessi complottisti svolgono un ruolo significativo in questo complesso scenario, contribuendo a portare all’attenzione del pubblico le strategie del potere economico (i big tech che sfruttano il lockdown per accaparrarsi dati) e politico (i governi che approfittano dell’emergenza per limitare le libertà dei cittadini).
Se stili di vita e di governo autenticamente nuovi potranno essere creati dopo la pandemia lo saranno probabilmente a partire da stratagemmi, più che da strategie o tattiche, attraverso pratiche alternative, che si sviluppano in modo imprevisto e non sono direttamente strumentalizzabili dal potere o dall’anti-potere.
NOTE
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[1] Si veda https://youtu.be/5pYaqji–IQ
[2] Guerra, J. (2020) Viviamo nel migliore dei complotti possibili. E Bill Gates lo controlla da Wuhan con il 5G. The Vision.com
[3] Fuller, M., & Goffey, A. (2012). Evil media. Cambridge, MA: MIT Press
[4] De Certeau, M. (2011). The practice of everyday life. Berkeley, CA: University of California Press. (Lavoro originale pubblicato nel 1984)
[5] Sul concetto di stratagemmatico si vedano Turco, Marina. “In the Shadow of the Matrix: A stratagematic approach to the transparent society,” in Summer of Sousvivalism, edited by the Set Up Media Lab in collaboration with Studium Generale, Utrecht http://www.sousvivalism.nl/ebook/in-the-shadow-of-the-matrix
Monachesi, P. & M. Turco (2017). New urban players: stratagematic use of media by Banksy and the Hong Kong Umbrella Movement. International Journal of Communication. 11, 1448-1465. [6] Monachesi, P. (2019). Sustainable Development and ICT Use Among Elderly: A Comparison Between the Netherlands and Italy. In: Human Aspects of IT for the Aged Population, Design for the Elderly and Technology Acceptance. Springer.
[7] https://codeactsineducation.wordpress.com/2020/03/17/emergency-edtech/
[8] Meet the Secret Algorithm That’s Keeping Students Out of College https://www.wired.com/story/algorithm-set-students-grades-altered-futures/
[9] Alcuni tra i progetti sono nati dalla collaborazione tra comuni e privati http://www.genovatoday.it/attualita/coronavirus/tutti-connessi-centro-buranello.html, altri sono iniziative private innovative anche dal punto di vista del format digitale di offerta e scambio https://video.repubblica.it/edizione/milano/milano-i-diciottenni-che-ricondizionano-e-regalano-computer-la-didattica-digitale-e-un-diritto-di-tutti/363981/364537?ref=search
[10] https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2020/04/07/coronavirus-allo-zen-palermo-sfida-vinta-dalla-preside-successo-lezioni-distanza_qSy8WNi30dlndLcTMcYDdJ.html?refresh_ce
[11] Sanzia Milesi, “Ho trasformato il mio camper in una scuola on the road”, F, n. 28 14 luglio 2020, pp. 50-51.
[12] Zuboff, S. (2019) Il capitalismo della sorveglianza. Luiss University Press. Roma.
[13] Si vedano “Torneremo ancora in ufficio?” in Panorama del 3/6/2020 e “Si fa presto a dire smart working” in Panorama del 8/7/2020.
[14] Si veda https://palazzoducale.genova.it/mostra/5-minuti-con-monet/
[15] Si veda https://www.theguardian.com/world/2020/jul/20/how-coronavirus-is-reshaping-europes-tourism-hotspots
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