Con un buon aspirapolvere conquisterai il Paese
di Luigi Irdi, da www.ilbarbieredellasera.com
Se doveste sequestrare un bimbo per i vostri turpi scopi, andreste a prelevarlo tra la folla di un centro commerciale cercando di sfilarlo alla mamma che fa la spesa?
Certo che no. A maggior ragione se foste veri professionisti del rapimento di bambini come la maligna tradizione popolare considera gli zingari.
Eppure, senza un battito di ciglia, senza il minimo dubbio, nei circuiti dell’informazione è in pieno fermento la notizia di due Rom arrestati a Catania per aver tentato di rapire una bambina dal carrello della spesa.
I i siti internet dei maggiori quotidiani (Corriere della Sera, Repubblica) riportano la notizia tra i titoli di testa. Sul sito del Corsera, l’operaio morto schiacciato dai tubi nell’azienda Marcegaglia occupa l’ottavo posto mentre il decimo tocca a ventitré (proprio ventitre’) adolescenti che avrebbero violentato una quattordicenne (una). La storia dei due Rom è invece nel sommario del titolo di apertura.
Ce ne fosse uno che si è chiesto se la notizia poteva essere verosimile. Zero. Un normale esempio di come l’informazione possa reagire a determinati stimoli con riflessi di trionfante emotività e ignoranza. Una sorta di schiavitù (e non certo di rispetto) nei confronti del lettore.
Cosa infatti preferireste sentirvi dire? Che gli zingari rapiscono i bambini o che questa è una volgare credenza popolare senza fondamento? La versione della credenza popolare dura a morire è più faticosa da digerire, esige una qualche riflessione, impone domande critiche e dubbi, è, insomma terribilmente più fastidiosa. Meglio crederci.
Quando ci si accorge che questo meccanismo avanza a grandi passi anche nelle fonti di informazione più serie (lo scrivesse solo il Giornale di Mario Giordano o Libero uno se ne farebbe presto una ragione. Osservate oggi il titolo garantista scelto da Mario Giordano per la prima pagina: "Rom tenta di rapire bimba strappandola alla madre". Bisognerebbe regalare un buon avvocato ai due incarcerati) viene sul serio da chiedersi se non sia in atto una disegno programmato per seminare nel paese panico e indirizzare il disagio diffuso verso i sicuri canali del razzismo, dell’intolleranza nei confronti degli stranieri, insomma nei confronti degli untori.
Continuando così, tra poco i Rom e gli immigrati saranno colpevoli anche dell’aumento della bolletta della luce. Poi arriva Berlusconi e mette tutto a posto come un re taumaturgo.
Questo pericolosissimo cerino è stato acceso molto tempo fa e ora è rimasto solo un ultimo pezzetto di miccia da bruciare. E del resto, quando un partito a vocazione xenofoba che predica e organizza le ronde cittadine conquista il ministero dell’Interno, è anche abbastanza naturale che qualche zelante cittadino se la sbrighi da solo con le molotov aspettandosi perfino un ringraziamento.
E’ significativo che dell’assalto al campo nomadi di Ponticelli non sia emerso un solo responsabile. La polizia li sta cercando? Il ministro Maroni sta incalzando le forze dell’ordine affinché arrestino i bombaroli di Ponticelli? Onestamente non sembra.
Il problema degli insediamenti Rom, del loro modo di vivere, dei comportamenti spesso inaccettabili, della microcriminalità organizzata che alligna nei campi, è un problema antico e da sempre malgestito.
Ma anche qui, non è tollerabile pensare di mettere all’indice un intero popolo nutrendo feroci mitologie (il sequestro di bambini, specialità zingara) come fossero verità rivelate. Perché non radere al suolo Niscemi e tutti i suoi abitanti dopo l’orrendo assassinio della giovane Lorena da parte dei tre amichetti? Non sono forse i nisseni noti strangolatori di adolescenti?
L’irragionevolezza regna incontrastata perché la ragionevolezza fa perdere voti e consenso. Non c’è ragionevolezza che tenga quando si innescano i processi di condanna del capro espiatorio. Oggi (e non è la prima volta, i Rom sono la seconda etnia, dopo gli ebrei, sterminata nella Shoah) tocca ai Rom e agli immigrati.
Per esempio, applicare criteri di ragionevolezza alla proposta di introdurre il reato di ingresso clandestino è una scelta politicamente perdente, l’ennesima del partito democratico di Walter Veltroni.
Puoi anche sostenere con mille ottime ragioni che ne deriverebbe una situazione giudiziaria da manicomio, tale sarebbe in breve la quantità di immigrati da trascinare in ceppi nelle galere nostrane e che si tratta di un reato ingestibile. E che non è affatto verosimile che il reato penale di ingresso clandestino scoraggi decine di migliaia di affamati che premono dal Sud del mondo.
Ma un gesto repressivo quale che sia, a fronte di un diffuso panico anti Rom, e anti immigrati è ciò che serve per soddisfare gli appetiti correnti. E il governo lo mette sul tavolo.
Complicare con qualche domanda la percezione popolare di un fenomeno, qualunque fenomeno, rende antipatici, ti guardano come il solito precisino rompiballe, ti dicono che di questo buonismo che ostacola l’azione e la cultura del fare, non se ne può più e ti ripetono che le elezioni le hai perse proprio su questo e che continuerai a perderle.
E’ capitato a me qualche giorno fa, a cena sul mare a un tavolo della borghesia pescarese, al quale cercavo di spiegare che naturalmente è giusto mettere in galera i delinquenti ma non è che i romeni sono nati più delinquenti di noi.
Mi sono perfino permesso di ricordare che gli assalitori di Ponticelli sono ogni giorno immersi in un humus camorristico che uccide, spaccia e stupra, cosette forse più gravi dell’immigrazione clandestina. Mi hanno guardato come un intruso, un guastafeste.
Sono uno di sinistra e, per la mia infinitesima parte, ho perso le elezioni. Ogni giorno mi è più chiaro l’errore commesso in questi ultimi anni dalla sinistra nelle sue scelte di comunicazione. E’ il non aver capito in tempo che l’Italia è diventata una società con un passo solo.
In genere, nell’approccio con un fenomeno si compiono due passi. Il primo è la percezione del fenomeno medesimo: mi fermo al semaforo e c’è un lavavetri che mi rompe le palle.
Le rompe anche a me, uomo di sinistra, antropologicamente problematico. Poi si compie il secondo passo: “Sì questo lavavetri non lo sopporto, ma quello viene qui perché a casa sua muore di fame con tutta la famiglia e dunque il problema va un po’ oltre il mio fastidio”.
Ecco, questo secondo passo è scomparso da tempo dalla capacità o almeno dalla disponibilità di troppe menti.
E’ questa la mutazione avvenuta nel Paese? E’ rimasto però il fastidio e dunque la necessità di risolvere la questione, possibilmente passando l’aspirapolvere.
Trova uno in grado di vendere un buon aspirapolvere e il Paese sarà tuo.
(23 maggio 2008)
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