Contro Eluana una nuova crociata del Governo. Arriva la Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi
Maria Mantello
L’esecutivo ha appena istituito la Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi, facendola cadere proprio nel giorno della definitiva morte di Eluana Englaro. Così che quel 9 febbraio 2009 venga trasformato da affermazione dello stato di diritto, della democrazia, della laicità dello stato, nella sacralizzazione della pro-vita da stato vegetativo.
Il Governo ha istituito la Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi e la sottosegretaria Eugenia Roccella, che l’ha proposta, ha stampato le partecipazioni su carta intestata del Ministero della Salute. Ecco il suo comunicato (n° 382 del 26 novembre 2010):
«È molto importante, in particolare in questo momento di acceso dibattito, che dal prossimo anno il 9 febbraio sia la Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi. A volerla fortemente sono state le associazioni dei familiari delle persone che vivono in questa condizione, che hanno lavorato al Libro Bianco del Ministero della Salute. Questa data ricorda a tutti noi l’anniversario della morte di Eluana Englaro, una ragazza affetta da disabilità grave la cui vita è stata interrotta per decisione della magistratura. Con questa giornata il ricordo di Eluana non sarà più una memoria che divide ma un momento di condivisione per un obiettivo che ci unisce tutti. Da oggi sarà un’occasione preziosa in più per ricordare a tutti noi quanto è degna l’esistenza di tutti coloro che vivono in stato vegetativo e non hanno voce per raccontare il loro attaccamento alla vita. Questa giornata sarà anche un appuntamento per fare il punto scientifico su tutte le scoperte su queste situazioni di cui sappiamo ancora troppo poco. E potrà rappresentare una finestra di visibilità per queste persone e le famiglie che le accudiscono amorevolmente, troppo spesso coscientemente accantonate dai media che si rivolgono al grande pubblico, come ha dimostrato la recente vicenda della trasmissione “Vieni via con me”».
Un comunicato stupefacente e tutto giocato sull’affastellamento apocalittico tipico del fondamentalismo fideista che divide buoni e cattivi, redenti e dannati per annegare urbi et orbi il diritto all’autodeterminazione, quello rivendicato anche da Eluana, la cui memoria finanche si vorrebbe maciullare sulla roccia integralista per trasformarla in martire dello stato vegetativo. Quello che Eluana considerava una non-vita. Ma di questo poco importa a chi esprime il fanatismo di una supposta idea di vita in cui inglobare per legge tutti, indipendentemente dal sacrosanto diritto alla scelta se “vivere” intubati oppure no.
Ma per convincere gli italiani, che in stragrande maggioranza sono dalla parte delle tante Eluana, ecco il guizzo reazionario del capovolgimento: trasformare un simbolo della responsabilità di scelta nel santino degli stati vegetativi. Ed è per questo che Eugenia Roccella definisce la Englaro «una ragazza affetta da disabilità grave» insinuando che da quello stato vegetativo irreversibile (per altro dimostrato anche dall’autopsia) sarebbe potuta uscire, se i giudici non si fossero impicciati.
Insomma Eluana «affetta da disabilità grave» sarebbe vissuta, ma la sua «vita è stata interrotta per decisione della magistratura». Ecco allora che il ribaltamento diventa piroetta e il giudice un assassino.
Ma per buona memoria, vale appena ricordare che Eluana in quello stato di non-vita era da 17 anni. Non pensava, non parlava, non sorrideva… Non poteva avere nè gioie nè dolori. Niente di niente. Un vegetale senza ritorno, da quando la sua corteccia cerebrale era stata compromessa per sempre da un maledetto incidente che l’aveva trasformata in una spugna assorbente e defecante.
I suoi occhi si aprivano e si chiudevano meccanicamente, ma non vedevano. Le labbra semischiuse tremolanti non emettevano suono alcuno. Il naso, non fiutava più gli odori della vita, ma era la casa di quel tubo che arrivava allo stomaco per immettervi forzatamente un nutrimento, che attraverso un clistere l’intestino poi liberava… Gli infermieri la pulivano, la rigiravano nel letto dove era sempre stesa. Una volta al giorno la sollevavano di forza per sistemarla su una sedia, stando bene attenti a che non cadesse. Perché Eluana non era in grado di reggersi da sé.
E c’è voluto tutto l’amore e il coraggio di suo padre per far rispettare la volontà di sua figlia.
Avrebbe potuto, papà Beppino – come qualcuno ipocritamente consigliava e gli rimproverava di non aver fatto – risolvere la questione nel silenzio, ma invece questo esemplare cittadino si è rivolto ai magistrati e ha chiesto loro che cosa avrebbe dovuto fare. Ha atteso fiducioso, ma ha dovuto affrontare l’odio degli integralisti (pochi ma rumorosi) e il tritacarne del loro fanatismo. Politici e ministri che inscenavano diffide alle strutture sanitarie che avessero osato accogliere Eluana e che nel frattempo cercavano di imporre una legge sul fine-vita che escludesse idratazione e aerazione artificiali dai trattamenti terapeutici a cui nessuno, come prevede la Costituzione, può essere costretto. Coorti di fanatici integralisti che inscenavano nenie di insulti con tanto di feticistiche bottigliette d’acqua, libagioni di coefori del non-senso: gli atei devoti.
Poiché tutto questo però non ha portato consensi ai tifosi degli Stati Vegetativi, e poiché anche la maggioranza parlamentare si è guardata bene dal varare una legge in palese contrasto il suo stesso elettorato, ecco allora che oggi, in una situazione di palese crisi (stato vegetativo?) del Governo e mentre l’ipotesi elezioni incalza, ecco di nuovo i crociati all’opera e alla rincorsa di scambi simoniaci. Di qui la trovata di varare la Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi, facendola cadere proprio nel giorno della definitiva morte di Eluana Englaro. Così che quel 9 febbraio 2009 venga trasformato da affermazione dello stato di diritto, della democrazia, della laicità dello stato, nella sacralizzazione della pro-vita da stato vegetativo.
Una occasione per far grancassa mediatica ottenebrando scienza e ragionevolezza nella pulsionalità di un pruriginoso spettacolo di espiatoria fiera del dolore: «una finestra di visibilità – si legge sempre nel comunicato n° 382 del 26 novembre 2010 – per queste persone e le famiglie che le accudiscono amorevolmente». Una vita a una dimensione, in un amore a una dimensione quello dei pro-vita, per coprire di sensi colpa l’infinito amore per la vita delle Eluana Englaro e dei tanti Piergiorgio Welby, che nel suo Lasciatemi morire scriveva: «C’è un diritto alla morte così come c’è un diritto alla vita?. […] La morte, o meglio, la volontà di affrontare i problemi che accompagnano la fine della vita, è la grande assente dalle nostre coscienze […]. Ci vorrebbero silenziosi, ci vorrebbero costringere in un ruolo che non ci appartiene, ma noi ci faremo sentire, parleremo con le impersonali voci sintetiche offerteci dalla tecnologia, chiederemo, chiederemo, chiederemo… fino a quando, se non l’assordante silenzio di Dio, cesserà almeno l’ingiustificabile silenzio dell’Uomo. Com’è difficile vivere e morire in un Paese dove il Governo fa i miracoli e la Conferenza episcopale fa le leggi».
Ma per i pro-vita dare finanche voce a questo è inconcepibile e se qualche coraggiosa trasmissione lo fa, è strumentalmente accusata di essere propagatrice di morte e colpevole di non dare spazio a l
oro, i pro-vita che credono di possedere la rivelazione della vita e sulla vita.
E la chiusa del comunicato della Roccella ha davvero dell’incredibile, quando per giustificare il guizzo governativo della Giornata Nazionale degli Stati vegetativi arriva a dire che è una compensazione per la mancata visibilità mediatica. Il capovolgimento continua!
(30 novembre 2010)
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