Contro la crisi aboliamo i privilegi alla Chiesa

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Stiamo attraversando una crisi epocale e la nostra classe politica sta varando interventi straordinari, comunque inadeguati all’emergenza in atto, quando un solo provvedimento renderebbe disponibili enormi risorse addizionali. Mi sto riferendo all’abrogazione di quell’abominio giuridico noto come “Concordato con la Chiesa Cattolica” che da anni movimenti d’opinione ed insigni giuristi invocano (notevole l’ultimo saggio del costituzionalista Michele Ainis “Chiesa Padrona, un falso giuridico dai Patti Lateranensi a oggi”).
La stragrande maggioranza dell’elettorato esulterebbe (non potendo esprimersi direttamente su una questione concernente i rapporti tra due Stati) nel vedere aboliti i privilegi dei quali gode quello che per molti è in effetti un semplice Stato straniero. Gli stessi “autentici credenti” avrebbero l’occasione di provare a noi miscredenti la saldezza della loro fede, facendosi carico direttamente di mantenere quella struttura la cui esistenza reputano indispensabile per la loro salvezza. Lo Stato potrebbe invece tornare a gestire quelle attività sociali delegate alla Chiesa (voci assolutamente marginali nei pochi bilanci resi pubblici), creando inoltre nuovi posti di lavoro.
Qualcuno si sente in grado di addurre un qualsivoglia valido motivo per contestare queste semplici considerazioni?

Marco Bertinatti



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