Coronavirus: anche il Parlamento europeo con i falchi del nord?
Alessandro Somma
La crisi economica provocata dall’emergenza sanitaria si annuncia come una crisi devastante, che richiederà l’impiego di immani risorse pubbliche: quelle che solo una Banca centrale può creare attraverso la monetizzazione del debito, ovvero con l’acquisto diretto dei titoli del debito pubblico. Questa soluzione è stata adottata in Paesi come il Regno Unito e gli Stati Uniti, ma non viene contemplata dai Trattati europei e soprattutto è invisa ai falchi del nord. Per loro non si devono adottare misure che comportano una condivisione del debito: niente monetizzazione, ma neppure emissione di titoli del debito da parte di istituzioni europee: i cosiddetti Eurobond.
Questa posizione è emersa chiaramente nel corso dell’ultimo incontro dell’Eurogruppo, ovvero dei Ministri delle finanze dell’Eurozona. Lì si sono bocciati gli Eurobond, mentre si è promosso l’utilizzo del famigerato Mes per le spese sanitarie, così come l’istituzione di in fondo chiamato Sure per fronteggiare la disoccupazione. Il ricorso al Mes è pericoloso perché non avverrà senza condizioni, come invece si dice, e dunque condurrà a nuove politiche di austerità. Entrambi il Mes e il Sure erogano prestiti che andranno prima o poi restituiti e che nel frattempo faranno lievitare il debito pubblico.
L’Eurogruppo ha anche proposto l’istituzione di un fondo per la ricostruzione chiamato Recovery fund. Questo andrebbe finanziato attraverso il bilancio europeo, il che fa apparire la proposta come fantasiosa: il bilancio europeo ha risorse minime ed è costantemente sottoposto alla tensione degli Stati che vorrebbero ridurlo.
In questo quadro interviene il Parlamento europeo, che ha approvato una risoluzione non vincolante in cui sono contenute alcune novità, sebbene solo apparentemente capaci di incidere sulla miseria dell’attuale quadro politico.
Nessuna novità circa l’impiego dei fondi del Mes, e anzi un peggioramento rispetto a quanto finora detto: neppure non si menziona in modo esplicito la volontà di alleggerire o azzerare le condizionalità. Nessuna novità neanche per il Sure, che dunque continua a essere un fondo destinato a far lievitare il debito degli stati richiedenti il suo intervento. Qualche piccola novità sulle obbligazioni per il sostegno della ripresa, i cosiddetti Recovery bond, che si propone di garantire con il bilancio europeo, e che tuttavia possono produrre la sola mutualizzazione del debito futuro.
Il problema dei Recovery bond è dunque legato alla possibilità di vararli in tempi stretti, in modo tale da poter rappresentare un aiuto concreto agli Stati in difficoltà, posto che comunque le spese sostenute sino a quel momento resteranno a loro carico. Diversa sarebbe stata la situazione se si fosse accettato di mutualizzare tutti i debiti sorti per fronteggiare la crisi, ma questo soluzione si è scontrata con la netta opposizione dei falchi del nord. In questo modo potranno ritardare oltremodo il ricorso ai Recovery bond, lasciando che nel frattempo i Paesi sudeuropei si indebitino oltremodo, magari per decider di intervenire quando sarà oramai troppo tardi.
Insomma, anche il Parlamento europeo, sebbene in misura apparentemente più attenuta rispetto ai Ministri finanziari nell’Eurogruppo, vede nella crisi economica l’occasione per aggravare l’indebitamento dei Paesi meridionali, tanto da rendere estremamente oneroso e alla fine impossibile l’accesso ai mercati finanziari. A quel punto saranno costretti a chiedere l’intervento del fondo Salva-Stati, questa volta con condizioni dichiaratamente pesanti.
Perché tutto questo non accada resta centrale l’atteggiamento dell’Italia al prossimo vertice dei Capi di Stato e di governo, fissato per la fine della settimana. A quell’appuntamento occorrerà presentarsi mostrando estrema determinazione a rifiutare soluzioni che non comportano la mutualizzazione di tutti i debiti provocati dalla crisi. Inclusa la minaccia di abbandonare la moneta unica nel caso l’Europa rifiuti di adottare forme di condivisione del debito. Proprio come fece la Germania una decina di anni fa per il motivo opposto: volle impedire l’approvazione di Eurobond per affrontare la crisi dei debiti sovrani e a tal fine si servì anche di un piano per l’uscita dall’Euro in dieci giorni elaborato dall’Università dell’esercito tedesco. E ci riuscirono: non è vero che con la gentilezza si ottiene tutto.
(20 aprile 2020)
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