Così si distrugge la democrazia. Dal cattolicesimo democratico un grido di allarme

Luca Kocci

, da Adista 35/2011

«La misura del degrado politico-istituzionale» è colma, il silenzio diventa «omertoso e complice», «l’indignazione deve essere coralmente manifestata a voce alta e la pacatezza può essere solo il volto della mitezza e non forma di un pavido sussurro di chi non vuole perdere privilegi».
Forse pensando anche alle eccessive timidezze delle gerarchie ecclesiastiche, quattro associazioni del cattolicesimo democratico, da sempre «fedeli ai principi della Costituzione» ed ai «valori del Concilio Vaticano II» – Agire politicamente, Argomenti 2000, Città dell’uomo e la Rosa bianca –, prendono la parola, insieme, per denunciare i disastri di Berlusconi e del berlusconismo: la «logica della prevaricazione del denaro, del ricatto, della violenza, della menzogna elevata a sistema, della corruzione non solo politico-clientelare, ma anche delle coscienze».

Vogliamo ribadire, scrivono, che «il rispetto del principio di legalità è un prerequisito per la democrazia e per la partecipazione politica»; che «la dialettica istituzionale non può essere assorbita dai problemi giudiziari di un singolo esponente politico, con conseguente, grave turbativa della stessa attività legislativa, umiliata dall’approvazione di leggi ad personam»; che «il rapporto corretto fra poteri dello Stato va gelosamente tutelato secondo quanto stabilisce la Costituzione»; che «l’acquisizione di “abiti virtuosi” resta una condizione necessaria ed indispensabile per l’agire in politica»; e che «gli “imbarazzanti” comportamenti “privati” del presidente del Consiglio, oltre a inficiare in maniera irreparabile il decoro delle istituzioni e la credibilità internazionale dell’intero Paese, confermano sempre più, indipendentemente dagli esiti giudiziari, la sua “inadeguatezza sostanziale” rispetto alla carica ricoperta».

Inoltre le associazioni denunciano le gravi e pericolose scelte politiche dell’attuale governo e delle forze che lo sostengono: i «tentativi, reiterati sotto varie forme, di stravolgere spirito e architettura del sistema costituzionale»; la «gestione del tutto inadeguata delle politiche migratorie, viziata anche da non commendevoli presupposti ideologici»; le «persistenti spinte “secessionistiche”, dettate da egoismi localistici privi di genuine preoccupazioni di solidarietà nazionale»; la «enfasi fuori luogo sulla sicurezza, con l’intento di suscitare paure, sentimenti sospettosi se non ostili verso persone e gruppi di altre etnie, culture, religioni»; la «assenza di serie e coraggiose politiche di sviluppo, in grado di rilanciare credibilmente l’occupazione, soprattutto delle generazioni giovanili, che rischiano di vedere pregiudicato un futuro degno».

La conclusione è perentoria: «L’attuale compagine di governo, incapace di svincolarsi dalla micidiale morsa della difesa ad oltranza degli interessi del presidente del Consiglio, per dedicarsi davvero e con lungimiranza ai reali problemi nazionali, non è in grado di garantire il necessario salto di qualità» e di governare il Paese.

(27 aprile 2011)

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