Da Berlusconi un comizio elettorale fuori da ogni regola
E’ curioso che pochi, fra i moltissimi che hanno criticato l’ intervento del Presidente del Consiglio di venerdì 20 su quasi tutti i TG abbiano posto l’accento sull’aspetto che a me pare invece di gran lunga il più grave dell’intera faccenda.
Osservando un’immagine qualsiasi di una qualsiasi fra le molte interviste-fotocopia, non si può non notare una evidente distonia dell’immagine.
Sul lato sinistro dello schermo, bene in evidenza, la bandiera italiana e quella europea dettano un contesto, sottolineano che chi parla è il Presidente del Consiglio nella sua veste istituzionale di capo del Governo. Non so se le interviste siano state veramente realizzate a Palazzo Chigi, ma è quello che la scenografia fa intendere.
Ora, pur essendo assai inconsueto in una democrazia rappresentativa che un Primo Ministro si rivolga direttamente ai cittadini tramite interviste su tutti i principali telegiornali, la cosa non di per se è illegittima, nel momento in cui abbia da comunicare messaggi di grande importanza, per esempio una manovra economica di lacrime e sangue, l’intervento in un conflitto, provvedimenti eccezionali di qualsiasi natura.
Sul lato destro del teleschermo, però, campeggia con altrettanta evidenza il simbolo del partito, a rivelare che in realtà trattasi di un comizio, o quantomeno di un intervento preelettorale da parte di un leader di partito o addirittura di un candidato.
Anche l’intervento di capopartito in campagna elettorale, è di per se legittimo, benché se il capopartito ha anche un ruolo istituzionale risulti leggermente inopportuno, soprattutto nel quadro di elezioni amministrative locali, e sorvoliamo sul fatto che il capopartito in questione si sia appunto addirittura candidato in prima persona alle stesse elezioni comunali.
Il fatto è che, in quanto intervento elettorale, anche questo avrebbe dovuto assoggettarsi alle regole di tutte le campagne elettorali di questo mondo, e non avrebbe potuto essere svolto a tappeto, senza contraddittorio e senza bilanciamento verso gli altri partiti.
È evidente la disarmonia dell’immagine ed il carattere ingannevole dell’intervento: l’autorità istituzionale usata per forzare quelle regole che proprio l’istituzione stessa dovrebbe invece far rispettare a tutti i contendenti.
L’ istituzione viene prima della lotta politica proprio per garantirne la lealtà.
Non è grave qui solo il fatto in se di avere commesso una scorrettezza macroscopica, ma ancor di più quello di aver creato un precedente che altri Presidenti del Consiglio, di qualunque colore, potrebbero in futuro invocare a proprio vantaggio.
Le regole, e la rottura delle stesse, non hanno infatti colore, ed è proprio questa rottura, a mio avviso, il danno più grave di questi anni infausti.
Si potrebbe poi parlare a lungo dell’ idea soggiacente, di una visione della sovranità più vicina al modello di Carl Schmitt piuttosto che a quello di Montesquieu, ma si tratterebbe di cultura, e pertanto fuori moda. Lasciamo perdere.
Ma essere consapevoli di quello che accade, resistere e criticare, quello no, non si può lasciar perdere.
Francesco La Rosa
(23 maggio 2011)
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