“Da Ratzinger due pesi e due misure”. Don Vitaliano risponde alla lettera del papa ai vescovi
di don Vitaliano della Sala
Al papa Benedetto XVI – Città del Vaticano
Santo Padre,
ho letto con attenzione la tua ”inconsueta” lettera scritta ai vescovi e, attraverso di loro, a tutta la Chiesa. Ho deciso di risponderTi perché sono tra coloro che, certamente senza odio, ti hanno criticato per le ultime scelte che hai imposto alla Chiesa.
Che Tu abbia usato un “gesto di misericordia” verso i quattro vescovi lefebvriani ordinati illecitamente nel 1988 è, di per sé, una bella notizia, a prescindere dall’essere d’accordo o meno con i seguaci di mons. Lefebvre; infatti credo che nella Chiesa debbano essere definitivamente abolite scomuniche e punizioni, legate a periodi non certo belli della nostra storia. L’esclusione ha tracciato lungo la storia della Chiesa una scia rossa di sangue e di dolore, mentre si sente sempre più il bisogno di una Chiesa che, come diceva don Tonino Bello, il compianto vescovo di Molfetta, deve essere capace di realizzare anche al suo interno una «convivialità delle differenze» tra chi la pensa in modo diverso, fatte salve le Verità di fede: solo in una logica dell’inclusività è l’avvenire della Chiesa.
Ricorderai bene la parabola evangelica del piccolo granello di senape che, piantato, diventa un albero frondoso, «e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra» (Luca 1, 51-53): paradigma di una Chiesa inclusiva, che non emargina, non usa la pesante scure del giudizio su nessuno; una Chiesa “degli esclusi e non dell’esclusione”, capace di accogliere, di portare tutti nel suo seno.
Si sa molto dell’Inquisizione nel medioevo; poco si sa e meno si parla dell’Inquisizione moderna, probabilmente perché solo pochi sono a conoscenza dell’impressionante tuffo nel passato che sono i processi “interni” che le varie Congregazioni vaticane intentano ogni anno contro preti, religiosi e teologi cattolici, in maggioranza progressisti, rei di non aderire, non tanto alle verità di fede e ai dogmi, quanto piuttosto alle mille pieghe delle elaborazioni della S. Sede, di cui si vuole ostinatamente ribadire, contro la centralità del Vangelo, la fondamentale importanza.
Qualcuno dovrebbe raccogliere i frammenti di storia di tutti i provvedimenti disciplinari, o delle precisazioni dottrinali, emanati dal Vaticano negli ultimi trent’anni contro quei fedeli che hanno adottato un approccio molto più ampio e flessibile nel trattare la delicata questione dei rapporti tra annuncio evangelico, strutture religiose, contesti storico-sociali e norme morali. Ne emergerebbe, tra l’altro, la storia del tentativo da parte vaticana, di difendere la visione della Chiesa come istituzione autoritaria e centralista, tutta tesa a tradurre il messaggio del Vangelo in norme morali e giuridiche, e di questa chiesa i lefebvriani sono nostalgici e paladini.
Ma non posso evitare di porTi qualche domanda: come mai hai “teso la mano” solo ai gruppi più reazionari che, come tutti sanno – senza nemmeno consultare internet – appoggiano politiche di estrema destra, razziste, xenofobe e antisemite, che negano l’Olocausto, che ripropongono una Chiesa slegata dalla gente e nella quale i fedeli laici non valgono nulla, una Chiesa trionfalmente alleata con i potenti, potente essa stessa, mentre al contrario hai sempre condannato e contrastato aspramente i settori cattolici progressisti e le Teologie della liberazione? Eppure il cardinale Segretario di Stato ha affermato in questi giorni che nella Chiesa “ciascuno può avere il suo posto, la Chiesa non esclude nessuna energia”. E se anche tu hai scritto che ci sono “riconciliazioni piccole e medie” che fanno parte dell’”impegno faticoso per la fede”, perché poi usi due pesi e due misure?
Per tutto questo è estremamente vero quanto affermi circa la “valanga di proteste” che si è scatenata dopo la remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, che ha rivelato “ferite risalenti al di là del momento”. Questo succede perché nella Chiesa c’è chi, come i lefebvriani, può permettersi di criticare e dissentire, addirittura contestare le decisioni non solo del papa, ma di un Concilio, quello Ecumenico Vaticano II. Invece c’è chi per molto meno, per il solo fatto di porsi e porre domande, e perché approfondisce scientificamente gli argomenti teologici, o perché sceglie di stare dalla parte degli impoveriti difendendoli, denuncia le ingiustizie e accusa i potenti, viene tacciato di disobbedienza, punito, processato, cacciato: sto parlando delle centinaia di vescovi, preti, suore e laici “progressisti”, inquisiti dai tribunali ecclesiastici, colpiti da provvedimenti canonici ed emarginati sotto il Tuo pontificato e quello del compianto Giovanni Paolo II, quando Tu eri Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Per questo il provvedimento a favore dei seguaci di mons. Marcel Lefebvre ha creato in me e in tanti fedeli cattolici sconcerto, tristezza e dolore, perché rischia di acuire nel mondo cattolico una sorta di “scisma sommerso” (come scrive Piero Prini nel suo libro con questo titolo). Ma per fortuna il futuro del cristianesimo, nelle singole comunità e nel mondo, non è affidato solamente alla quantità di documenti stampati a Roma!
Di fronte alle pressanti richieste di maggiore partecipazione e democratizzazione nella Chiesa, che arrivano dalla base cattolica agli ovattati e impenetrabili sacri palazzi vaticani, ultimamente sempre il cardinal Tarcisio Bertone, ha riaffermato che “la Chiesa non è una democrazia”. Mi sembrano allora fuori luogo le giustificazioni con le quali dici che non eri informato delle tesi negazioniste del vescovo lefebviano Richard Williamson. In una Chiesa centralista, verticista e esclusivamente gerarchica, chi sta al vertice deve avere il coraggio di prendersi le responsabilità di scelte sbagliate, anche se suggerite dai suoi malaccorti collaboratori.
Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano, ha giustamente fustigato in un articolo le "manipolazioni e strumentalizzazioni" anche all’interno della Curia romana. Santo Padre, è lì che devi cercare chi ti odia, chi cerca di colpirTi “con un’ostilità pronta all’attacco”. Giustamente hai citato il brano della lettera di S. Paolo ai Galati (5, 13–15). È vero, non siamo affatto migliori degli abitanti della Galazia: mentre “ci mordiamo e divoriamo a vicenda” speriamo “almeno di non distruggerci del tutto gli uni gli altri!".
Ma questo, purtroppo, lo apprendiamo nei seminari, dove ci si calpesta l’un l’altro per piacere ai superiori e iniziare ad aspirare a posti di maggior prestigio. E poi lo impariamo nelle curie, dove si usano volentieri “i segni del potere anziché testimoniare il potere dei segni”. Soprattutto, maestri di mancanza di misericordia, sono le irriformabili Congregazioni vaticane, dove la carriera viene prima di Cristo: chi ha avuto a che fare con qualcuna di esse sa bene di cosa parlo. E anche Tu dovresti saperlo molto bene!
Santo Padre, benvenuto allora nel mondo reale, tanto diverso dalle ovattate stanze del palazzo Apostolico; e visto che ci sei, potresti approfittare per tuffarTi in esso. Sarebbe veramente bello se uscissi finalmente dalle invalicabili mura vaticane, senza scorte, senza papamobile blindata, senza abiti sontuosi, ma mescolandoTi alla gente normale, viaggiando sui mezzi pubblici, sui treni in seconda classe, sugli aerei di linea in classe economica. Impareresti tante cose vere.
E non ti preoccupare pe
r la Chiesa che andrebbe avanti lo stesso. E del governo della Santa Sede che, con tutti i cardinali governatori e prefetti, i vescovi presidenti e segretari, i monsignori capo uffici, i preti minutanti e i religiosi passacarte in carriera – che non so come conciliano la propria vocazione con il mestiere che fanno – comunque possono governarla anche senza di Te.
Se venissi a visitare veramente le nostre parrocchie, dove quotidianamente dobbiamo inventarci qualcosa per mandarle avanti e interessare la gente, per rispondere alle esigenze dei giovani e degli adulti, per racimolare risorse per restaurare il tetto o per rendere più accogliente l’oratorio, capiresti anche Tu che a una persona normale interessa poco se la Messa si celebra di spalle o di faccia, interessa invece trovare e conservare un lavoro onesto, sperare che i figli crescano bene, vivere serenamente una vita dignitosa. Ti confido un segreto: ho imparato molto più alla fermata del pullman, che in facoltà di teologia; ho conosciuto di più la vita al capezzale di un ammalato, che in seminario; ho rafforzato la mia fede e il mio sacerdozio più con i ragazzi del movimento cosiddetto no global, che alle riunioni e ai ritiri del clero.
Spero di non aver contribuito a rattristarTi, ma puoi essere sicuro che quanto ti ho scritto, e tanto ancora che avrei da dirti, nasce da una persona che ti vuole bene, che vuole il tuo bene. Lo sai meglio di me: non aver paura di chi ti critica, lo fa perché ti vuole bene; devi temere, piuttosto, chi ti dice sempre di si, porgendoTi un farisaico ossequio vile.
SalutandoTi, Ti chiedo la benedizione e il ricordo nella preghiera. Io, stanne certo, prego sempre per Te, sinceramente e quotidianamente, durante la Messa.
Con cristiana franchezza
don Vitaliano Della Sala
Sant’Angelo a Scala, 13 marzo 2009
(14 marzo 2009)
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