Dada ci salverà

Mariasole Garacci

Il Complesso del Vittoriano ospita un’ampia mostra su Dada e Surrealismo, i movimenti dell’avanguardia storica che superarono il confine dell’Arte predicando una “rivoluzione ininterrotta”. Per non dimenticare che il re è nudo.

Fino al 7 febbraio è ancora possibile visitare la mostra del Vittoriano “Dada e Surrealismo riscoperti”, l’ambizioso progetto curato da Arturo Schwarz, poeta, collezionista e storico dell’arte, partecipe e sodale dell’esperienza surrealista, amico di Breton, Duchamp e di molti esponenti dei due movimenti. Per gli appassionati della poetica e dello spirito irridente e sovversivo di questi linguaggi, un’occasione per immergersi in un mare magnum ricco di circa 500 opere. Una mostra creata con amore e passione – quali siano i limiti e i difetti dell’allestimento – è sempre, semplicemente e fondamentalmente, bella. E le parole pronunciate dal curatore alla presentazione, presenti esponenti del centrodestra, ricordano come questo mondo abbia un disperato bisogno di Dada: “Dada ci ha insegnato una cosa fondamentale: è il monosillabo ‘no’ responsabile di tutti i progressi dell’umanità. Soprattutto in Italia, in un momento come questo dove tv e stampa sono nelle mani di una sola persona, è necessario saper dire di no a un lavaggio del cervello, sforzarsi di pensare con la propria testa”.

Dopo questa premessa, è il caso, tuttavia, di fare alcune piccole osservazioni.
Nel brevissimo video di presentazione all’inizio del percorso espositivo, Schwarz separa nettamente Dada e Surrealismo sulla base del differente approccio ideologico di questi movimenti con la società e la politica, il primo edonisticamente nichilista, più critico ed engagé il secondo. Una tesi ‘canonica’, fedele alle dichiarazioni di principio di André Breton, che nella mostra rimane (fortunatamente) indimostrata, dal momento che al visitatore non è possibile percepire una distinzione credibile (debolezza dell’assunto, ma anche dell’allestimento).

Dopo una sezione ‘storica’ dedicata alla nascita dei due movimenti (Dada, 1916; Surrealismo, 1924), preceduta dalla menzione en passant dei padri ispiratori (Klinger, Kandinsky, De Chirico e un isolato Gustave Moreau), l’intento dichiaratamente documentario della mostra è perseguito con l’abbondanza dei nomi ospitati; in alcuni casi, però, rappresentati con scelte e accostamenti inspiegabili: dopo una serie di Marcel Janco, Tristan Moholy-Nagy, Hans Arp, Francis Picabia, Max Ernst e André Masson, un paio di brutti Picasso e alcuni Mirò, non tra i migliori, affrontati a Man Ray confondono le idee… e perché un esemplare del Nudo che scende le scale di Duchamp (non quello del 1913) sta poco lontano da Dalì, nella sezione che dovrebbe appartenere già all’esperienza surrealista, e non nelle sale precedenti con i ready made? Poi, naturale aver voluto citare Calder, ma perché un piccolo mobile se ne sta appeso vicino Magritte e Tanguy, pendendo dal soffitto come una decorazione della nota catena svedese, trascurando, per esempio, il legame con Mirò?

Al piano superiore il fil rouge bretoniano prosegue con l’evocazione della mostra sul Surrealismo curata nel 1947 da Breton e Duchamp: il pannello esplicativo cita coloro che vi parteciparono e gli artisti che, pur estranei, “furono attivi in quegli anni” (ancora Calder, che però è di sotto!); in un angolo sono stati sistemati degli schermi con Un chien andalou e L’âge d’or (rispettivamente del 1929 e del 1930), ma non è possibile seguirli con comodo. Seguono i nuclei relativi alle mostre organizzate da Breton e Duchamp a Parigi nel 1959-60, la International Surrealist Exhibition (Parigi, 1960-61) e L’Écart absolu (Parigi, 1965) e con esse arriviamo alle nuove generazioni rappresentate da Jean-Louis Bédouin, Jean Benoit, Adrien Dax, Yves Élléouët, Giordano Falzoni e altri, fino ad alcune opere degli anni 2000 di Aube Élléouët. Non mancano riferimenti alle esperienze collaterali con un paio di deperiti Pollock, che in tanta messe di nomi e opere (la maggior parte provenienti dalla collezione Schwarz) sembrano lì per caso.
Forse, soprattutto in uno spazio come quello del Vittoriano, sarebbe stato didatticamente più utile e filologicamente più corretto restringere la mostra sulle origini e i primi momenti di Dada e Surrealismo.

Dada e Surrealismo riscoperti
9 ottobre 2009 – 7 febbraio 2010
Roma – Complesso del Vittoriano, via San Pietro in Carcere snc
Orario: dal lunedì al giovedì, 9.30 – 19.30; venerdì e sabato, 9.30 – 23.30; domenica, 9.30 – 20.30
www.comunicareorganizzando.it

(11 gennaio 2010)

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