Date a Cesare quel che è di Cesare. Per una revisione del Concordato

Carlo Troilo



Martedì 14 febbraio, a partire dalle ore 16, davanti alla Ambasciata Italiana presso la Santa Sede, in Viale delle Belle Arti, 2, si svolgerà l’annuale incontro fra esponenti del governo italiano ed alti rappresentanti del Vaticano per “festeggiare” l’anniversario dei Patti Lateranensi e del Concordato (“il bacio della pantofola”).

Su mia proposta, Radicali Italiani e numerose associazioni laiche hanno organizzato una manifestazione, che si terrà nello stesso orario di fronte alla Ambasciata. In sintesi, le finalità della iniziativa.

Tre richieste allo Stato italiano: rivedere la normativa sull’8×1000, che regala al Vaticano oltre un miliardo l’anno; ottenere il pagamento dell’IMU (due miliardi l’anno) sulle strutture di proprietà ecclesiastica; garantire le attività alternative agli alunni che chiedono di essere esentati dalla “ora di religione”. Una richiesta diretta a Papa Bergoglio: sollevare dall’incarico di responsabile della Segreteria vaticana per l’Economia il Cardinale George Pell, accusato dal governo australiano di aver protetto numerosi preti pedofili.

La mia speranza è che questo sia l’inizio di un percorso che nel giro di sette mesi ci porti a presentare, in una data più felice per l’Italia – il 20 settembre – una proposta di revisione del Concordato o quanto meno di modifica delle norme che hanno di fatto cancellato i passi avanti segnati dalla revisione del 1985.

Ricordo brevemente la storia del Concordato e della tenace resistenza al suo effettivo cambiamento.

Le concessioni essenziali di Mussolini alla Chiesa furono tre: 1) il riconoscimento della religione cattolica come unica religione di Stato; 2) l’obbligatorietà del suo insegnamento nelle scuole; 3) il pagamento della “congrua” ai preti da parte dello Stato.

La Costituzione del 1948 affermò principi del tutto diversi, partendo dal concetto che “lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani” (articolo 7), ponendo “sullo stesso piano tutte le fedi religiose” (articolo 8) e prevedendo quanto segue sulla scuola: “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato” (articolo 33).

Le norme del Concordato che contenevano le principali concessioni alla Chiesa sarebbero dunque divenute difficilmente compatibili con la Costituzione se l’articolo 7, per volontà della Democrazia Cristiana e di altre forze moderate e con il determinante appoggio del PCI, non avesse incorporato il Concordato nella stessa Costituzione: una operazione che risolveva sul momento la contraddizione, senza però eliminarla.
Tanto che quando al potere arrivò il socialista Craxi (per inciso, grande ammiratore di Garibaldi), egli si pose il problema di una revisione del Concordato, che avvenne nel febbraio del 1984.

La revisione pensata da Bettino Craxi – e dal suo consigliere Gennaro Acquaviva, un politico colto e credente – fu tutt’altro che una operazione di cosmesi istituzionale. Caddero infatti, nel nuovo testo, i tre punti essenziali del Concordato di Mussolini: quella cattolica smise di essere la “religione di Stato”; il suo insegnamento nelle scuole divenne facoltativo; fu abolita la congrua.

Le scelte politiche degli anni e dei governi successivi – compreso quello dello stesso Craxi – si mossero però in direzione opposta a quella che ci si poteva attendere dopo la revisione del Concordato, riportando in essere, sia pure senza dirlo e sotto mentite spoglie, i privilegi accordati nel 1929 e revocati nel 1984.
 
La religione di Stato

La religione cattolica continuò ad essere “religione di Stato” nel sentire e nei comportamenti non tanto del “popolo” quanto della nostra classe politica, troppo spesso succube del volere del Vaticano e in particolare pronta a farsi bloccare ogni conquista nel campo dei diritti civili dalle barricate delle alte gerarchie vaticane e dei politici teodem, influenti anche in seno al maggior partito della sinistra, il PD. Per non parlare della RAI – televisione di Servizio Pubblico – ma anche delle televisioni private, che sembrano tutte brutte copie di “Rado Maria”.

L’insegnamento della religione

L’insegnamento della religione cattolica, nei fatti, è tuttora obbligatorio, a causa del comportamento della Pubblica Istruzione. Infatti, per gli allievi che chiedono l’esonero non sono previste quasi mai, nell’ora di religione, attività alternative, per cui spesso essi trascorrono l’ora nel corridoio, affidati al bidello, come fossero stati puniti con l’espulsione dalla classe. Del resto, il favore con cui lo Stato guarda all’ora di religione è dimostrato da una serie di norme, emanate in particolare fra il 2004 e il 2007 dai ministri della P. I. del centro destra, in base alle quali la scelta degli insegnanti – che entrano direttamente in ruolo scavalcando le decine di migliaia di precari – spetta alle gerarchie ecclesiastiche.

Dalla congrua all’otto per mille. Il costo della Chiesa per lo Stato italiano: oltre 4 miliardi di euro

L’abolizione della congrua è stata più che compensata dal meccanismo dell’otto per mille – già previsto dalla revisione e regolamentato da una legge dello stesso governo Craxi del maggio 1985 – e da una serie di altri benefici economici e fiscali. Ne ha fatto una documentata sintesi Curzio Maltese, in uno studio pubblicato nel settembre 2007 da “Repubblica”: finanziamenti diretti dello Stato e degli enti locali, e mancato gettito fiscale (8×1000 ed esenzioni IMU), stipendi agli insegnanti di religione, finanziamento dei “grandi eventi”, moltiplicatisi per il dinamismo di Papa Bergoglio. “Il totale – conclude Maltese – supera i quattro miliardi all’anno, dunque una mezza finanziaria, un Ponte sullo Stretto o un Mose all’anno”. E sono passati dieci anni dallo studio di Maltese!

La secolarizzazione della società italiana, sempre più multiculturale e multireligiosa

Questo comportamento generosissimo e ossequioso dello Stato italiano è in controtendenza rispetto a due importanti fenomeni:
– Il fatto che dall’epoca del Concordato ad oggi si è verificato un rapido e intenso processo di secolarizzazione della società. Tutti i dati concordano nel dire che oggi i cattolici “veri” (quelli credenti, praticanti e osservanti) sono meno della metà degli italiani.
– Il fatto che l’Italia, a causa del fenomeno della immigrazione (5 milioni solo i “regolari”) sta diventando un paese multiculturale, con una non marginale presenza di altre religioni.

Eppure, la Chiesa non dimostra certo gratitudine rispetto a questo Stato benevolo.

L’ingerenza del Vaticano

L’articolo 1 della nuova versione del Concordato del 1985 richiama testualmente la Costituzione: “la Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”.
L’elenco delle “ingerenze” sarebbe purtroppo infinito.

Esse sono – assieme alla pochezza del nostro ceto politico – la causa prima della arretratezza nel campo dei diritti civili del nostro Paese,
maglia nera in Europa. Basti pensare alla inumana fatica che è stata necessaria per giungere ad una legge decente sulle unioni civili, osteggiate dalla Chiesa per la sua ossessiva omofobia, o alla battaglia che solo ora inizia in Parlamento non per legalizzare l’eutanasia – proposta rinviata a data da destinarsi – ma almeno per ottenere un legge sul testamento biologico come quelle che da anni (decenni nel caso degli USA) governano senza problemi le scelte sui trattamenti medici dei cittadini dei paesi occidentali.

Bergoglio, le parole e i fatti

Alcune osservazioni critiche su Papa Bergoglio, per il quale troppi politici, intellettuali e giornalisti stanno preparando anzitempo la beatificazione. Con l’aiuto delle tv italiane, pubbliche e private, ma anche di giornali e di intellettuali laici e di sinistra.

In effetti, all’inizio del suo Pontificato, il Papa argentino sembra portare aria nuova, dichiarando la ferma volontà di riportare moralità in un Vaticano travolto dagli scandali ed assumendo posizioni coraggiose sui mali del mondo, la miseria, il dramma degli immigrati.

Anche sui temi “eticamente sensibili” Bergoglio sembra voler innovare (famoso il “chi sono io per giudicare?” a proposito degli omosessuali).

Il problema è che troppo spesso il Papa non ha la capacità (o la volontà) di dare concreto seguito ai suoi clamorosi annunci.
Così, egli dichiara solennemente di voler riportare ordine e onestà nella Curia e nelle questioni finanziarie del Vaticano, ripulendo – se non eliminando – lo IOR. Ma dopo tre anni la riforma della Curia va avanti a rilento, mentre lo IOR è ancora al suo posto.

Bergoglio denuncia il lusso eccessivo in cui vive la Curia, ma il Cardinale Bertone continua ad abitare nel suo sfarzoso attico, di proprietà del Vaticano e ristrutturato in parte con i soldi del Bambin Gesù.

Sui diritti, il teologo Walter Kasper definisce “urgentissima” una nuova “Dichiarazione” papale su matrimoni e famiglie miste, ma i vaticanisti stimano che ci vorranno ancora 2 o 3 anni.

Sui migranti, Bergoglio condanna giustamente gli egoismi ed invita ad accogliere tutti. In questo caso prende anche un impegno preciso: ogni parrocchia italiana, promette, ospiterà almeno una famiglia di migranti. Ma i numeri che filtrano dalla Caritas dicono che l’appello del Papa è stato accolto da pochissime delle 25mila parrocchie italiane (ad esempio, le 334 parrocchie di Roma ospiterebbero un totale di 170 immigrati).

Nei rapporti con lo Stato italiano, Bergoglio si impegna a non intervenire di persona ma poi lascia che i Cardinali parlino e contrastino con forza le leggi non gradite. E i Cardinali non si fanno pregare e perseverano in una linea di totale chiusura sui diritti e sovente di disprezzo per chi si batte per conquistarli. Valga per tutti l’esempio del Cardinale Paglia, che appena nominato presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia attacca in modo volgare i sostenitori della eutanasia: vogliono soltanto la possibilità di liberarsi dei vecchi poveri e malati. Ovviamente, le citazioni potrebbero essere assai numerose.

Qualche volta, tuttavia, il Papa non si trattiene e “scende in campo”, condannando senza appello l’aborto (e incitando alla obiezione di coscienza), le unioni civili, la teoria del “gender”, che a sentire il Papa starebbe diventando una materia importate nelle scuole: “Una guerra mondiale per distruggere il matrimonio”.

Sorvolo, perché troppo noto, sulla sua uscita a gamba tesa e ad alta quota (“Io non l’ho invitato. E’ chiaro?”) contro il Sindaco di Roma Marino, “colpevole” di avere celebrato unioni civili ed istituito il registro dei testamenti biologici: pensate, a Roma, Capitale del Cattolicesimo!

Come pure sorvolo – perché spero sarà uno dei temi più sentiti nella nostra dimostrazione del 14 febbraio – sulla scelta di Bergoglio di nominare alla Segreteria vaticana per l’Economia (un “grado” equiparabile a quello del Segretario di Stato”) il Cardinale australiano George Pell, pur conoscendo le accuse di aver protetto numerosi preti pedofili mossegli dal governo del suo paese.

Invece, per venire ai nostri giorni, mi permetto di rimarcare la scarsa attenzione con cui i giornali (e i politici, troppo presi dalle loro beghe) hanno commentato – o ignorato – gli aggiornamenti della “Carta” di indicazioni per il personale sanitario, che guarda caso giunge dopo 22 anni (dunque, non era così urgente), proprio alla vigilia del passaggio in Aula della legge sul testamento biologico, nuova linea Maginot della Chiesa e dei teodem.

Nella “Carta”, il Papa prende nettamente posizione sulle due questioni che maggiormente dividono i parlamentari “riformatori” da quelli “reazionari” (“conservatore” mi sembrerebbe un aggettivo troppo generoso per le Binetti e i Calabrò): la vincolatività delle DAT e la vexata quaestio della alimentazione e idratazione artificiali (per la pdl, “terapie”, in quanto tali rifiutabili in forza dell’articolo 32 della Costituzione; per i suoi oppositori solo “sostegni vitali” e dunque non rifiutabili).
Sul primo punto il Papa sostiene che alla fine è il medico che decide. E sulla scia di questa sua affermazione già iniziano da parte dei medici ipercattolici le richieste di obiezioni di coscienza. Qui basta il buon senso per immaginare – visto che sono oltre il 70% i ginecologi obiettori sull’aborto – quanti si dichiarerebbero obiettori sulle DAT.

Anche sul secondo punto Bergoglio va in soccorso agli oppositori della legge: la sospensione di alimentazione e idratazione artificiali “non giustificata” appare come “un atto eutanasico”.

In conclusione, è un osso duro quello con cui dovrà confrontarsi chi ritiene necessario e urgente rimettere mano al Concordato. Che però è un compito ineludibile per le forza laiche e riformiste.

Lo dimostrano le parole, per una volta tutt’altro che diplomatiche, dell’Ambasciatore Romano: “L’Italia non è soltanto un Paese cattolico; é anche un Paese «clericale», dove il clero può in molti casi interloquire con le istituzioni su un piede di parità. L’Italia non è uno Stato laico; è uno Stato concordatario, dove la Chiesa di Roma è in molte circostanze una sorta di condomino”.

(13 febbraio 2017)



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