Elezioni e ansia sicuritaria. Ma di cosa abbiamo realmente paura?
da ww.rekombinant.org
Nel suo recente libretto intitolato "De quoi Sarkozy est-il le nom?" Alain Badiou dice a proposito delle elezioni francesi qualcosa che possiamo ripetere per quelle italiane, cioè che esse sono state dominate dalla paura. Che la destra faccia della paura il suo argomento principale è cosa nota. La destra è paura del divenire e del dissolversi che il divenire porta in sé. Sicurezza è la parola chiave della destra perché è segno della paura: paura dell’inevitabile, cioè del venir meno, del confondersi, del dissolversi, del morire. Chi è saggio si libera dal bisogno di sicurezza perché la sicurezza non esiste, se non nel suo significato etimologico di assenza di paura (sine cura), cioè come libertà dall’ansia sicuritaria. L’ansia sicuritaria è il modo migliore per aumentare l’insicurezza e l’unica sicurezza consiste nel non aver paura del possibile, nel non temere l’inevitabile.
La destra non è saggia, questo è noto, ma la sinistra vi pare lo sia? Da tempo la sinistra non ha altro argomento se non la paura della destra: paura di coloro che hanno paura, paura doppia che introietta il culto della sicurezza in nome della paura altrui. Gran parte di coloro che hanno votato per il partito democratico, lo hanno fatto perché avevano talmente paura della destra da votare un partito che disprezzavano, un partito subalterno al declinante impero americano, succube dell’ingerenza vaticana, sottomesso ai voleri confindustriali. E chi ha votato Sinistra arcobaleno, perché l’ha fatto, se non per paura? Nessuno più credeva nella possibilità di un rovesciamento del neo-liberismo capitalista per via parlamentare. Dopo il governo Prodi, dopo il protocollo Welfare, dopo gli scaloni che diventano scalini, insomma, dopo il governo più autolesionista della storia non c’era altra ragione di votare Sinistra Arcobaleno se non la paura che potesse accadere esattamente quello che è accaduto: la scomparsa.
Ma di cosa abbiamo paura effettivamente? Chi vota a destra ha paura della criminalità. Non serve a niente spiegargli che i delitti sono diminuiti negli ultimi anni e che nessuna politica della sicurezza ridurrà la violenza, fin quando la cultura dominante sarà fondata sul mix di repressione e ipersessualizzazione, e fin quando l’aggressività maschile sarà esaltata dalla competizione.
E la sinistra di cosa ha paura? di Alemanno e di Tremonti? Tremonti (come sa chi ha letto il suo libro Paura e speranza) esprime programmi molto più critici verso il liberismo di quelli realizzati dai governi di centro sinistra, e Alemanno non è più fascista di Cofferati, quando si tratta di manganelli.
Quanto alla paura di Berlusconi, è paura retroattiva, perché quello che Berlusconi poteva fare l’ha già fatto. Si è impadronito dell’intero sistema comunicativo, lo ha trasformato in una macchina schiaccia-cervelli, ha prodotto una mutazione psico-culturale definitiva per un paio di generazioni. E nessuno ha mai cercato di impedirglielo, meno che mai i governi di centro-sinistra che hanno ignorato la questione fondamentale: la questione della libertà di pensiero, che i fascismi passati cancellavano con la censura, e il nuovo potere cancella con il rumore bianco. Berlusconi ha vinto tutto quello che si poteva vincere. Craxi gli ha fatto da tappetino negli anni ’80, D’Alema gli ha fatto da tappetino negli anni ’90, Prodi e Veltroni gli hanno fatto da tappetino negli anni 2000. Che altro volete che faccia il pover’uomo? I Moretti, i Di Pietro, i Travaglio continueranno a piagnucolare, ma il rancore retroattivo non servirà a cambiare l’irreversibile.
Sono dunque i simboli che ci fanno paura? Ci dispiace che la gente gridi "Duce Duce"?
Lasciamo da parte i simboli e guardiamo alla sostanza: il governo Berlusconi del 2008 per i salariati sarà migliore del governo Prodi. Sarà meno subalterno agli ordini della Banca europea e meno tremante agli imperativi della Confindustria. Qualcuno dice che la destra italiana è pericolosa. Per quel che ne so io il primo Ministro degli Esteri che ha violato l’articolo 11 mandando gli aerei italiani a bombardare un paese sovrano con l’uranio impoverito, provocando morte e malattia non solo ai bombardati ma anche a centinaia di soldati italiani, si chiama Massimo D’Alema, e nella geografia politica ufficiale starebbe a sinistra. E allora di cosa abbiamo paura?
Il motivo profondo della paura non è stupido. Non lo vediamo perché operiamo quella che la psicoanalisi chiama "rimozione". Cerchiamo di non vedere la causa vera della nostra paura, che è il progressivo dispiegarsi di una catastrofe che sta ormai investendo la civiltà terrestre. Cerchiamo di non vedere gli effetti che il capitalismo liberista ha depositato nel cuore e nella mente dell’umanità, nella superfice fisica del pianeta, nella consistenza velenosa dell’aria. Abbiamo paura dell’impotenza della politica, dell’incapacità collettiva di arrestare o anche solo rallentare l’accumularsi della devastazione psico-fisica.
Cerco di tirare delle conclusioni del mio ragionamento: quel che è successo in Italia ha poca importanza. Non accadrà nulla di catastrofico. La catastrofe non viene da quelli che hanno vinto le elezioni, ha cause più profonde e dimensione molto più ampie. Di questo dobbiamo occuparci, non del farsesco ritorno delle camicie nere. E per questo non serve a niente recriminare, nè rimpiangere governi di sinistra che nulla fecero per ostacolare la violenza del capitale. Non serve a niente neppure racimolare quel che resta di un passato non molto glorioso per prepararsi alle prossime scadenze elettorali. Quelli che pensano alle elezioni del 2013 mi fanno ridere. Non tanto perché nel 2013 potrei non esserci, ma perché è probabile che non ci sia più il mondo. Per lo meno il mondo come lo abbiamo conosciuto nel corso dell’epoca moderna.
Pensiamo alla prossima generazione. Cresce nel rumore bianco dell’ipermedia, mentre le strutture scolastiche della trasmissione di sapere stanno crollando, non solo perché sono private di risorse, ma soprattutto perché la mente docente non è più in grado di comunicare con la mente discente, per un problema di difformità tecnica, per incompatibilità dei formati. Affettivamente incapaci di fare comunità, culturalmente privi di difese critiche, tagliati fuori da ogni memoria storica, la nuova generazione è già oggi preda di un sistema basato sull’ipersfruttamento, la precarietà, la violenza autolesionista. Negli ultimi dieci anni il cancro ai polmoni si è moltiplicato per tre volte nella popolazione delle grandi città. Polveri sottili e scorie tossiche come peste invisibile diffonderanno la malattia nella maggioranza della popolazione. La fame che negli ultimi cinquant’anni recedeva ora ha ripreso ad espandersi perché i Suv possano continuare ad inquinare.
Un tempo dicevamo che la classe operaia combatteva una battaglia per i suoi interessi, ma che dall’esito di questa battaglia dipendeva il futuro di tutta l’umanità. Era vero. La classe operaia ha perso e con quella sconfitta è imploso il futuro di progresso dell’intera umanità. Ricompattare l’esercito disperso del lavoro è un compito al quale non possiamo sottrarci, perché forse ci aspetta nel futuro una nuova stagione di lotta operaia. Ma non possiamo pensare che si ripresentino gli scenari novecenteschi del socialismo, perché il discrimine oggi è più radicale: da una parte c’è la libertà umana, dall’altra l’automatismo catastrofico dell’economia capitalista.
E’ possibile affrontare questa problematica c
on gli strumenti della democrazia rappresentativa, e le mitologie della sinistra storica? Credo di no.
Ci sono altri strumenti che permettano di comprendere e di trasformare? Per il momento non mi pare che ci siano. Il primo compito è costruirli, non salvare qualcosa del passato.
(2 maggio 2008)
MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.