Di questo razzismo il Pd è innocente?

MicroMega

di Alessandro Dal Lago, da Liberazione, 18 settembre 2008

Che un ragazzo di diciotto anni sia massacrato a sprangate per un furto di biscotti è normale nell’Italia d’oggi? E il fatto che, essendo nero, le autorità inquirenti escludano subito una matrice razzista è normale? Purtroppo la risposta è sì. In pochi mesi ci sono stati omicidi per "ragioni di aspetto" (Verona), aggressioni contro gay (Roma) e naturalmente altre aggressioni razziste (Genova). Nonché casi innumerevoli di "intolleranza", per esempio maltrattamenti in luoghi pubblici di venditori o semplicemente di viaggiatori in autobus che non piacevano a qualcuno per il colore della pelle. Pap Kouma, un noto scrittore senegalese, ha dichiarato di essere stato malmenato più volte. Tutto questo è normale?
La risposta è tragicamente positiva nell’Italia d’oggi, e non a caso il nostro paese è nel mirino di svariate agenzie internazionali che si occupano di razzismo e violazione dei diritti umani. La vera tragedia è che, a parte estemporanee prese di posizione della Chiesa, che vede spalancarsi il baratro in cui è caduta la cosiddetta cultura laica, l’allarme proviene solo da attori sparsi di quello che rimane dell’ex sinistra alternativa. Quando Veltroni parla genericamente di "clima d’odio" minimizza due volte quello che succede: in primo luogo, sorvola sul fatto che il "clima" non ha a che fare con la meteorologia, ma con l’azione e la propaganda di forze al governo (la Lega, ma non solo) e poi tace che il "clima" non è nato dalla vittoria della destra alle elezioni, ma all’epoca del centro-sinistra, quando un omicidio di cui è stato accusato un rumeno ha scatenato un’ondata di xenofobia senza precedenti. Era quindi del tutto comprensibile che un supposto tentativo di rapimento abbia scatenato i pogrom contro i campi nomadi, la famosa faccenda delle impronte e tutto quello che è seguito.
Sì, il clima sociale razzista c’è, ma se c’è ancora qualcuno, nel sistema politico uscito dalle elezioni di aprile, che si preoccupa di quello che sta succedendo dovrebbe guardare in casa propria prima che nelle nuvole. Vietare i borsoni a Venezia vuol dire attizzare l’odio e il sospetto nei confronti dei neri. Vietare i graffiti e le birre nelle strade vuol dire promuovere l’intolleranza verso i comportamenti giovanili.
Accanirsi contro le prostitute per motivi di igiene o di "moralità" vuol dire favorire lo sfruttamento nelle case private e soprattutto far credere che il sesso a pagamento sia una questione di offerta (oggi in gran parte straniera, almeno nelle strade) e non di domanda.
Vuol dire insomma scaricare sugli stranieri, clandestini o no che siano, il senso di impotenza sociale, frustrazione economica e paura per il futuro che sta soffocando il mondo sviluppato e soprattutto l’Italia.
Vuol dire insomma distrarre, deviare, colpevolizzare. Ma l’economia, alla fine, non mente. Mentre la finanza globale d’avventura va in pezzi e le Borse cominciano a scricchiolare dovunque, l’Italia è un paese a crescita negativa e questo significa meno risorse per l’istruzione, i servizi e quindi la vita quotidiana.
E allora fino a quando reggeranno le leggende metropolitane sugli stranieri? E fino a quando il "clima" proteggerà l’avventurismo liberista di chi ci governa? Ma chiedersi queste cose ovvie non significa immaginare l’Italia inesistente di Veltroni.
Significa pensare a qualcosa di peggio, e cioè a forme di autoritarismo compatibili, a parole, con l’assetto costituzionale e l’Europa. Ecco qualcosa su cui la sinistra, scomparsa dal parlamento, dovrà riflettere, e rapidamente, se vuole arginare ciò che comincia a sommergerci.

(18 settembre)



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