Dieci regole per il governo che vorrei
Ho pensato ai 4 anni e mezzo che ci restano. 4 anni e mezzo in cui il terzo governo Berlusconi ridurrà l’Italia più in basso di quanto sia mai stata dal dopoguerra in poi. E ho pensato che vorrei un partito e un leader da votare, alle prossime elezioni, che finalmente portino avanti le battaglie davvero importanti per il futuro e la vita democratica di questo paese. In modo tale da votare, per una volta, non turandomi il naso per evitare il peggio, ma facendolo con l’orgoglio, la speranza, e il senso di appartenenza di chi opera in buona fede la scelta che ritiene più giusta per il futuro del proprio paese.
1. Vorrei un governo che si battesse davvero per la libertà di opinione. Smantellando i conflitti di interesse macroscopici con una buona legge che li vieti per sempre, creando pluralismo, diversità, e il diritto di tutti a esprimere un’opinione, anche quando essa vada contro agli interessi al potere. Che si batta per difendere sempre e comunque un’autentica circolazione delle idee, perché solo quando le idee circolano liberamente si può parlare di libertà. Vorrei una Rai libera dai partiti, e più editori concorrenti nel mercato televisivo.
2. Vorrei un governo autenticamente, rivoluzionariamente ambientalista. Che voglia e sappia cogliere a pieno l’urgenza straordinaria di questa missione, e che convogli tutto il peso massiccio degli investimenti pubblici sulle nuove forme di energia, intese come grande possibilità di sviluppo. Che comprenda come una svolta radicale nell’ambiente sia l’unica possibile in questo momento storico. Che difenda il paesaggio, che penalizzi gli abusi edilizi, che vada contro l’agroindustria dei pesticidi e degli Ogm e a favore della varietà, della tipicità e della qualità. Un governo che punti sui treni e sul trasporto pubblico, che limiti l’asfalto, che crei nuove zone verdi buttando giù ecomostri e insediamenti abusivi.
3. Vorrei un governo davvero laico. Che riconosca il diritto di tutti i cittadini ad avere una propria fede ma non ne abbracci nessuna, garantendo ai cittadini l’uguaglianza e la libertà di culto, così come la libertà di non credere. Un governo che dia ai cittadini il diritto di scegliere: sul controllo delle nascite, sulla decisione di non prolungare una condizione di non vita mortificante, sulla possibilità di avere le migliori cure possibili. E che non assegni l’8 per mille automaticamente alla chiesa cattolica, ma dia ai cittadini la possibilità di sceglierlo autonomamente.
4. Vorrei un governo che difenda la sanità pubblica e la scuola pubblica, e che non finanzi gli istituti privati, perché questi sono un’opzione per coloro che hanno le possibilità economiche di non scegliere l’istruzione o la sanità gratuite offerta dallo stato.
5. Vorrei un governo che sostenga fortemente e incoraggi in ogni modo la cultura: il cinema, la letteratura, l’arte, la musica, la fiction, il teatro… Queste rappresentano la voce di un paese, il suo biglietto da visita per il mondo. La cultura dà identità e produce non solo fiducia ma anche ricchezza. Vorrei un governo che varasse leggi di detassazione, che difendesse il diritto d’autore, che sostenesse centri di tutela e promozione delle arti, che si senta orgoglioso di avere voci libere e autorevoli in grado di raccontare il paese, senza censure di sorta e senza baronati, clientelismi, nepotismi. Che valorizzi la diversità e sostenga il dialogo tra culture differenti.
6. Vorrei un governo che lottasse sempre per la pace. Che cercasse con tutte le sue forze e prima di ogni altra soluzione il dialogo tra i popoli e tra i governi, aiutando a risolvere i conflitti attraverso la diplomazia e mai attraverso lo spargimento di sangue, la guerra, le armi. Un governo che si spenda per abolire la pena di morte nel mondo.
7. Vorrei un governo pulito, in cui nessuno dei suoi ministri e nessuno dei parlamentari che lo sostengono abbiano problemi con la giustizia. Vorrei che si facesse portatore un nuovo codice di morale pubblica, per il quale sia considerata intollerabile una gestione della cosa pubblica affidata a persone condannate o sotto processo per costruzione. Vorrei che gli abusi dei potenti, così come quelli delle forze dell’ordine, degli imprenditori, delle banche, fossero puniti senza tentennamenti. Vorrei che chi è sotto processo per corruzione si sospendesse da ogni carica fino alla sentenza.
8. Vorrei un governo antifascista senza se e senza ma. Che si batta fieramente e strenuamente contro ogni dittatura, sia essa politica, culturale o economica. Che agisca tenendo la Costituzione come sua pietra angolare.
9. Vorrei un governo antimafia. Che adoperi ogni mezzo e ogni risorsa per sconfiggere l’economia e la cultura della mafia. Che ridia speranza a coloro che ne subiscono lo strapotere, che ne restituisca ai cittadini il senso della legalità, e di una giustizia davvero uguale per tutti.
10. Vorrei infine un governo amico dei cittadini, anche di quelli appena entrati nel nostro paese. Un governo che lotti contro le discriminazioni – di razza, di orientamento sessuale o religioso – e le gerarchie pre-assegnate, che si adoperi per l’integrazione e l’accoglienza. Che dia all’Italia un sistema di regole a misura di cittadino, con una burocrazia più snella ed efficiente, e regole uguali per tutti: più semplici ma fatte rispettare, tutte, senza deroghe. Perché solo così si tutela il bene comune.
Se guardo oggi a questo elenco di 10 caratteristiche fondamentali – che a me paiono cose di mero buon senso, che dovrebbero essere inscritte nel codice genetico di qualsiasi partito autenticamente democratico – constato con grande amarezza come tutte quante siano oggi disattese dal governo in carica… E purtroppo – il che mi causa una pena quasi maggiore – come esse siano spesso ignorate anche dalla opposizione di centro-sinistra alla quale mi sento culturalmente più vicino.
So bene che elencarle, queste 10 regole per il governo che vorrei, metterle giù una dopo l’altra, come a dar loro una parvenza di realtà di fronte ai miei occhi, non servirà affatto a cambiare le cose. Ma lo smarrimento che provo, giorno dopo giorno, nel sapermi rappresentato da gente così lontana questi semplici requisiti democratici, è tale da indurmi a scriverne, cercando per lo meno di trovare con chi condividerlo. E sentirmi un po’ meno straniero nella mia nazione.
Stefano Sardo
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