Don Farinella: Martini, Eluana e la morte degna
Paolo Farinella
, prete
La morte del cardinale Carlo Maria Martini, già vescovo di Milano, cattedra di Ambrogio è stata anche un magistero sulla vita e la sua dignità. Una morte in contrasto che si proiettava sullo sfondo del cielo nuvoloso di Milano.
Da una parte il popolo che coglie il cuore del Padre e voleva testimoniare che le sue parole, sigillo della Parola, sono arrivate anche là dove forse nessuno immaginava. Il padre Martini è per tutti i laici, credenti e non credenti, il sacramento del «Dio fuori del campo», che ha superato per sempre i confini di quella Chiesa autoreferenziale che cerca con ogni mezzo di imprigionarlo per gestirlo come strumento di potere e di dominio. Il Padre, come Gesù, preferiva andare alla ricerca degli uomini e delle donne di buona volontà, ma anche di quelli senza alcuna volontà, rispettandoli e accettandoli in sé, per il loro valore. Ne era profondamente convinto: Dio non è cattolico e davanti allo spettacolo della sua morte, ora lo sappiamo anche noi perché Dio è Desiderio.
Dall’altra parte, la gerarchia ufficiale che faceva finta di venerarlo perché come ne subì l’insegnamento in vita, ora assiste alla morte del cardinale Martini come una liberazione. Gli ecclesiastici del potere se avessero potuto, avrebbe fatto a meno di lui, della sua morte, tripudio di popoli, e della loro presenza ai funerali, ma il protocollo ha le sue esigenze e viene sempre prima del Vangelo.
Come restare inerti di fronte all’affermazione del Padre che, in punto di morte, quasi come un grido testamentario, sibila senza più voce e con sofferenza che «la Chiesa è indietro di due secoli»? Quale Chiesa? Quella che è su Marte o Mercurio o quella di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, il papa pauroso che teme l’irruzione del Dio della Storia? E’ stata dura per gli ecclesiastici corazzieri della «chiesa a loro immagine e somiglianza» apprendere che il Padre, consapevole della morte e lucido di cuore e di fede, abbia rifiutato ogni strumento per tenerlo in vita ad ogni costo o, come si dice comunemente, ogni accanimento terapeutico. Forse ancora non sarebbe morto nella dignitosa austerità con cui se n’è andato, se fosse dipeso o forse come avrebbero voluto e imposto i pasdaran difensori a oltranza della vita di Eluana Englaro (tanto non era la loro!), con tubi, tubicini, sonde e macchine di ogni genere per allungare la parvenza di vita disumana e la sofferenza gratuita.
Padre Carlo Maria ha chiesto di morire in modo naturale, cioè in maniera umana, salvaguardando la dignità sua e delle persone che lo accudivano. La sua morte senza clamore e senza gesti rivoluzionari è invece un gesto profetico, una parola detta con la vita mentre muore: è un invito a considerare nella logica dell’amore il testamento biologico come possibilità a ciascuno di vivere l’ultimo miglio della propria esistenza con lo stesso onore e la stessa dignità che egli ha preteso per sé. A corpo ancora caldo, gli ecclesiastici dell’apparato si sono affrettati a «cooptare» Martini affermando che le sue dichiarazioni erano in linea con la dottrina della Chiesa. Certo, a babbo morto, tutto è lecito, anche il contrario di tutto.
Ad «Avvenire», il giornale della Cei, non è piaciuto il film «La bella addormentata» di Bellocchio su Eluana Englaro, che resta la «pietra dello scandalo», mai rimarginato. Coloro, cardinali compresi, che gridarono «assassino» al papà di Eluana, oggi sono spiazzati di fronte alla scelta di un cristiano, cardinale per caso, che volle morire con la stessa dolcezza con cui seppe vivere.
Non aveva paura della morte, ma temeva di non potere governare il suo corpo e per questo chiese di essere addormentato, cioè di assopire la coscienza per passare dal sonno indotto al sonno della morte in modo quasi impercettibile. E’ stato l’ultimo atto cosciente di un uomo di Dio, fedele a se stesso e al suo insegnamento, coerente nella verità della sua profonda fede. Mi piace pensare che adesso Padre Carlo Maria ed Eluana Englaro siano insieme e dall’alto stanno a guardare le piccinerie ecclesiotiche di piccoli preti che hanno smarrito il sentiero di Dio perché non hanno mai trovato l’indirizzo degli uomini e delle donne del loro tempo. Grazie, Padre Carlo, anche di questo regalo!
(7 settembre 2012)
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