Allam, due gravi problemi

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La conversione di Magdi Allam solleva due gravi problemi e una curiosità.
Il primo problema riguarda il suo carattere gridato e politico, che l’ha resa un evento tutt’altro che limitato a un mero caso di coscienza. Penso che da questo punto di vista ci sia tutto da guadagnare dall’abbandono di una sorta di “religious correctness” che suggerisce di non disputare, non criticare e non mettere in discussione le proprie e altrui convinzioni in materia, come se l’appartenenza religiosa, o non religiosa, non fosse neppure argomento di possibili scelte, ma parte dell’identità ascritta di ogni individuo e come tale non imputabile alla sua responsabilità, alla stessa stregua dei caratteri fisici, della salute, dell’origine etnica, del genere, dell’orientamento sessuale o dell’età. Ognuno deve essere libero di fare dei propri convincimenti in materia di religione una materia privatissima, oppure un argomento di pubbliche e clamorose scelte: questione di convinzione, di carattere, di temperamento, magari perfino di stile personale. Ben vengano comunque le messe in discussione, e con esse il confronto, la competizione, e anche il “proselitismo”. La Russia degli Zar, o di Putin, non è un modello da seguire (né lo è l’Italia che perseguitava il proselitismo degli evangelici ancora negli anni ’50, spingendo Salvemini a fondare l’“Associazione per la Libertà religiosa in Italia”).
L’altro aspetto problematico tocca il merito della questione dell’islam contemporaneo. Tutti i grandi sistemi di pensiero e tutte le intuizioni del mondo, religiosi o meno, possono essere soggetti a interpretazioni plurime. Il socialismo era quello di Stalin e di Pol Pot come quello di Pertini o di Palme; il cristianesimo quello di Torquemada come quello prevalente fra i nostri valdesi; perfino il cattolicesimo è quello di Ratzinger o della Binetti come quello di Adriana Zarri o di Marcello Vigli. Tutti ovviamente possiamo poi avere le nostre convinzioni sulla maggiore o minore linearità e coerenza di una specifica appartenenza religiosa con le convinzioni civili e politiche dei nostri simili. E magari molti di noi pensano che il pensiero religioso in genere (o magari quello monoteistico in particolare, e il cattolicesimo e l’islam più di altri) possano essere meno coerenti con un sistema di valori civili e politici laico e liberale di un atteggiamento improntato a scetticismo, ateismo o agnosticismo. Però dovremmo essere tutti soddisfatti se gli intolleranti si indeboliscono e i democratici si rafforzano anche nelle file dei gruppi religiosi un tempo compattamente intolleranti (come lo è stato per secoli il cattolicesimo). Ora Magdi Allam sembra dirci, con la sua conversione gridata e dalle forti motivazioni politiche, che l’islam è nella sostanza strutturalmente incompatibile con la democrazia liberale: perfino meno, aggiungerei io, del cattolicesimo vaticano. Dal punto di vista storico (mitologie a parte) e sociologico, credo che abbia ragione. Ma altrettanto si sarebbe potuto dire di tutto il cristianesimo fino al ‘600 inglese o di tutto il cattolicesimo (salvo eccezioni marginalissime) almeno fino alla nascita del modernismo circa un secolo fa. La scommessa è che dall’incontro dell’islam dell’emigrazione nell’Europa occidentale con i modi di pensare, la cultura, le stesse tecniche esegetiche scaturite dall’incontro fra le tradizioni religiose europee autoctone e la modernità illuministica e liberale possa aprirsi anche per l’islam globale qualche sviluppo riformatore e modernista capace di farlo venire a patti con la democrazia liberale. Se non succede, probabilmente siamo fritti. Non resterebbe che l’elmetto o la fuga (non si sa neppure dove).
Curiosità finale: ma è possibile che, anche se vogliono restare credenti, e pure credenti nel Dio abramitico, ai musulmani comprensibilmente insoddisfatti dell’islam non venga mai in mente di rapportarsi che al cattolicesimo vaticano, cioè alla tradizione religiosa seconda in autoritarismo e antiliberalismo solo all’islam stesso?

(28 marzo 2008)



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