“Ego te dissolvo”: la schiettezza dissacrante di un esorcista

Emanuela Marmo

Don Zauker profana sistematicamente la fede in cui dice di credere, di essa conosce – poco e male – precetti e princìpi, in quanto egli corrisponde non certo ai valori, bensì ai meccanismi di controllo sociale che le religioni innescano. Nel nuovo albo di Caluri e Pagani ritroviamo tutta la schiettezza dissacrante di un personaggio che, nella sua estrema esasperazione, non fa che mostrare tutta l’ipocrisia di cui anche la Chiesa è portatrice.

(alias Scialatiella Piccante I, pappessa della Chiesa pastafariana italiana)

Un sincero credente, una qualsiasi brava persona con il dono della fede che sfogliasse Don Zauker. Ego te dissolvo (Feltrinelli comics) penserebbe che un sacerdote non si esprimerebbe mai così. Forse gli riuscirebbe persino di ridere, figurandosi la realtà rappresentata da Daniele Caluri ed Emiliano Pagani come il mero immaginario di un duo di artisti atei che, in quanto tali, non hanno minima nozione di cosa sia, veramente, un prete. Se però, anziché sfogliare il fumetto, si attardasse a leggerlo, le considerazioni pian piano sarebbero di diverso tipo.

La caricatura è più raffinata di quel che sembrerebbe a un primo, superficiale incontro e porta alla luce tutto ciò che nel reale scorre al di sotto delle convenzioni, dei tabù, dei formalismi.

Il protagonista non è risibile e paffuto come Don Abbondio. È un uomo bello, prestante. La sua bellezza rispecchia i canoni estetici odierni: sarebbe perfetto in un film d’azione. È bello come Gesù, ma molto più alla moda, proprio il tipo di uomo che il maschio medio occidentale vorrebbe essere. Non fa nulla per nascondere i suoi vizi, inoltre; il che è veramente insolito giacché Don Zauker non è un sacerdote qualsiasi: è un esorcista. Tutti sappiamo che solo i ministri di culto più casti e saldi nella fede possono lanciarsi in tale pericolosissima e delicata missione.

Un sacerdote violento, sessista, tirannico come Don Zauker nella vita reale, se esistesse (suvvia, lo sappiamo che non ne esistono!), dovrebbe camuffarsi, abbindolare, essere scaltro, seduttivo, persuasivo, mentre Don Zauker compie abusi e atti irrazionali davanti a chicchessia. I presenti restano sconcertati, eppure l’esorcista continuerà a farlo, nonostante lo scandalo e gli imbarazzi. Ma è davvero, questa, una circostanza che nella realtà non si verificherebbe? Davvero davvero?

Il fumetto è accurato. Nei disegni, nei dialoghi. E tuttavia il personaggio è elementare. Gli autori assumono il punto di vista del loro avversario. Ci entrano dentro. Parlano e agiscono proprio come parlerebbe e agirebbe lui, se esistesse, e infine la retorica che crediamo abbiano inventato per assomigliare a un esorcista "tipo" inizia a diventare comicamente sovrapponibile alla retorica e alla strategia effettivamente messa in atto dal proselitismo religioso: l’esagerata elementarità diventa così verosimigliante!

Ma a cosa serve questa beffa, oltre che a farci divertire?

Forse a dimostrare che certe cose, tramandate come nobili, spirituali, morali, possono essere simulate, impersonate, recitate. Non lo fanno solo gli autori per scimmiottare un mondo che giudicano superstizioso e ignorante, lo fanno i loro stessi "avversari" ogni volta che mettono in scena un copione di tradizioni e dogmi dai quali ci lasciamo formare.

Don Zauker profana sistematicamente la fede in cui dice di credere, di essa conosce – poco e male – precetti e principi, in quanto egli corrisponde non certo ai valori, bensì ai meccanismi di controllo sociale che le religioni innescano: in essi Don Zauker rinviene le vere finalità della propria missione, mentre nei primi non vede che pretesti.

Don Zauker è un’autentica, palese esasperazione.

I personaggi di contorno si presentano in grandezze più misurate. Sembrano spostare la trama su un piano più didascalico e realistico. Ecco, ad esempio, non appena le autorità che commentano e seguono le vergognose imprese di Don Zauker hanno modo di parlarsi tra loro, l’iperbole e il paradosso si ridimensionano quel tanto che basta affinché la scena possa sembrare più realistica. Religiosi e influenti mediatori della politica si incontrano e decidono che ruolo dare, come servirsi di individui come Don Zauker. Non c’è alcuna attenzione al sacro, piuttosto un occulto programma di tutela della cultura patriarcale, nazionalista, capitalista. Il grottesco e l’iperbole si reinseriscono e accelerano il ritmo quando di ciò che è vero il lettore deve, dopotutto, anche ridere.

Dunque, con Don Zauker gli autori non solo scherniscono i fedeli creduloni che perseverano nella devozione contro ogni evidenza, ma allargano il ridicolo alla società tutta, troppo pudica o troppo crapulona.

La volgarità di Don Zauker non è mai oscena, direi che è la volgarità dell’osteria, popolare, sì, esattamente, del volgo. Quella volgarità che non potrebbe mai scadere nel mediocre se il lettore cafone, al pari degli autori del fumetto, con la stessa semplicità con cui addenterebbe una salsiccia, fosse anche capace di togliersi il prosciutto dagli occhi.

Il mondo sociale che Caluri e Pagani disegnano e ricostruiscono procede per tipi. Un po’ come il teatro di carattere. Il lettore vi riconosce il mite e pacifico professore di scienze, il signore, il sordido quaquaraqua, i cravattini della questura, il bambino discolo e ribelle. La facilità con cui ritroviamo elementi noti della nostra quotidianità e del comune immaginario fa sì che ci colgano di sorpresa messaggi più scottanti e amari, abilmente diluiti nella storia.

Don Zauker è, chiaramente, amato dagli autori. Lo amiamo anche noi, perché è l’unico falso in una dinamica di poteri e sudditanze assolutamente vera.

La satira di Caluri e Pagani si muove in un regno di segni e trame molto trasparenti, lampanti, eredità di una comicità schietta e verace. Occorre osservare che Don Zauker non ha un’origine occasionale che si risolva e si esaurisca nella battuta da taverna. Gli episodi ingrossano un continuum che cela un pensiero più interessante e, in fin dei conti, mortificante per i nostri tempi: non è proprio necessario muoversi in profondità per arrivare a comprendere i massimi sistemi, è già tutto in superficie e la superficie contiene tanta roba che è sufficiente a mostrarci quanto siamo stupidi.

Con gli autori di Don Zauker, per scherzo, qualche volta ho fantasticato: che farebbe il loro personaggio, se si trovasse di fronte a Pappessa Scialatiella Piccante I? Di certo se ne uscirebbe con le tipiche sue reazioni. Di certo. E allora ammettiamo che ciò metterebbe in luce, con poche pennellate, quanto – a mia insaputa o con la mia complicità – della mia persona e del mio "personaggio" si incontra e si scontra con gli stereotipi: ciò che mi ha insegnato questo fumetto è che, oltre a soffrirne, di questi stessi ci serviamo quando è utile e qualche volta, senza innocenza alcuna, di certo, lo faccio anche io.

Li ringrazio pertanto di questo gioco che, degradando i nostri più me
tafisici pensieri nella facilità dei costumi e in una fetta di salame, ci indica anche che potremmo vivere diversamente e, tutto sommato, senza disumane difficoltà.

(11 novembre 2019)





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