El Greco, un irregolare a Roma

Mariasole Garacci

Fino al 17 aprile, in occasione di uno scambio con il Museo Thyssen Bornemisza di Madrid, i Musei Capitolini ospitano l’Annunciazione del pittore cretese Domìnikos Theotokòpoulos, detto El Greco (1541-1614). Un irregolare nell’arte del suo tempo, amato e studiato da Picasso e Pollock.

Retablo. Oltre ad essere il titolo di un magico e appassionante romanzo di Vincenzo Consolo, pubblicato nel 1987 da Sellerio con le illustrazioni di Fabrizio Clerici, questo termine spagnolo indica un polittico dipinto o scolpito, ossia una composizione su uno o più livelli suddivisa in diversi scomparti, di solito richiudibili su se stessi e lavorati su entrambe le facce. Spesso questi polittici sono tenuti insieme da complicati lavori di carpenteria che sono parte integrante dell’opera, e che nelle chiese spagnole raggiungono dimensioni maestose fino a divenire imponenti strutture fisse sullo sfondo degli altari. Si può ragionare su come l’alternanza delle figurazioni di un polittico o di un retablo generi nuovi rapporti tra le immagini, specie quando questi vengono chiusi o aperti: ne erano consapevoli i fiamminghi combinando duplici visioni da cui scaturivano significati religiosi ed esistenziali e lo fece, in un certo modo, anche Consolo giocando con la struttura del suo libro.

La storia del dipinto

Rivolgimenti sociali e politici, alienazioni e vendite, hanno smembrato e disperso in vari musei e collezioni i dipinti che componevano molte di queste opere. E’ la storia dell’Annunciazione di Domínikos Theotokópoulos, detto El Greco, ora ospitata dai Musei Capitolini in occasione di uno scambio con il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid: un olio su tela di 315×174 cm, firmato “domenikos theotokopoulos e’poiei”, già parte di un grande retablo realizzato dal pittore negli anni 1596-1600 per l’altare maggiore del Colegio de Nuestra Señora de la Encarnación di Madrid. Si trattava di una prestigiosa commissione, che comprendeva almeno sei dipinti (tanti sono quelli oggi noti), per cui El Greco ricevette il compenso più alto di tutta la sua carriera, 62 000 reali. Il seminario, tra le istituzioni più importanti della città, era noto anche come Colegio de Doña María de Córdoba y Aragón dal nome dell’importante patrona del seminario, e restò in uso fino al 1808-09, quando Giuseppe Bonaparte decretò l’abolizione degli ordini religiosi in Spagna e l’alienazione dei loro beni. In questo travagliato periodo il retablo venne smontato per mai più tornare alla composizione originale, andando perduta anche la preziosa architettura lignea che lo strutturava. Delle sei tele oggi superstiti, cinque si trovano ancora in Spagna, mentre una fu acquistata nel 1888 dalla Romania, dove tuttora si trova conservato nel Muzeul Naţional di Bucarest.

Arte irregolare

Talvolta liquidata come espressione tipica di una severa e tormentosa religiosità controriformata di tono macabro e spagnolesco, la febbrile e allucinata pittura di El Greco non entusiasmò, in realtà, neanche molti dei suoi contemporanei. Lontana dal classicismo dei Carracci e dal naturalismo di Caravaggio, rappresenta, come l’ha definita Sergio Guarino, una “terza via” da irregolare al racconto sacro. Dalla scuola post-bizantina di Creta, fiorita sotto il controllo di Venezia e già toccata nel XV e XVI secolo da Bellini, Tiziano e Veronese, El Greco trae alcuni elementi come le proporzioni allungate delle figure umane, l’eclettismo e il particolare modo di recepire alcuni valori dei maestri veneziani. Ma soprattutto trae l’attitudine a una sofisticata intellettualizzazione del dato reale.

Riscoperta

Le composizioni di El Greco creano uno spazio onirico che nulla ha a che fare con quello fisico evocato dalle convenzioni prospettiche del tempo, e il suo occhio esaspera i bagliori teatrali di Tintoretto e lo sfaldamento materico dell’ultimo Tiziano, aprendo così a un espressionismo tutto intellettuale modernissimo che, non a caso, lo fece riscoprire e amare a partire dalla fine del XIX secolo e in quello successivo da artisti come Manet e Cézanne, e poi da Picasso, Modigliani, Matisse, Soutine, Chagall, Schiele, Beckmann, fino a Pollock e Bacon.

L’arte è sempre un’intuizione negli occhi di chi la guarda oltre che nell’artista, perché si crea e si ricrea ogni volta arricchendosi di valori percettivi e, come i massi provenienti dallo spazio quando entrano nell’atmosfera terrestre, si infiamma quando entra nella nostra percezione. Con un occhio contemporaneo è impossibile guardare El Greco senza vedere gli espressionisti, i surrealisti, De Vlaminck, i Fauves, Kokoschka ma anche, per citare un pittore contemporaneo, Gérard Garouste.

L’Annunciazione del pittore cretese è stata prestata ai Musei Capitolini in occasione di uno scambio che ha già interessato La buona ventura di Caravaggio. Ma a Roma, nella collezione permanente di Palazzo Barberini, sono conservati due bellissimi bozzetti preparatori per gli episodi dell’Adorazione dei pastori e del Battesimo di Cristo del retablo di Doña María da cui la tela proviene. Non mancate, dunque, di visitarli per potere, almeno nell’immaginazione, ricostruire un brano di ciò che era stato concepito per essere un unicum e che il tempo e la storia hanno diviso.

L’Annunciazione di El Greco

Dal 24 gennaio al 17 aprile 2017
Musei Capitolini – Sale terrene del Palazzo dei Conservatori

Orario
Tutti i giorni 9.30-19.30, la biglietteria chiude un’ora prima

Biglietti
Ingresso gratuito per i residenti a Roma e nell’area della Città Metropolitana nella prima domenica di ogni mese.
Biglietto integrato mostre L’Annunciazione di El Greco e Leonardo e il Volo. Il manoscritto originale del Codice e un’esperienza multimediale e 3D e Musei Capitolini: intero € 15,00 – ridotto € 13,00
Per i cittadini residenti nel territorio di Roma Capitale (mediante esibizione di valido documento che attesti la residenza): intero € 13,00 – ridotto € 11,00

(per altre gratuità e riduzioni, visitare il sito dei Musei Capitolini)

(31 gennaio 2017)



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