Elogio dei nanetti

MicroMega

di Emilio Carnevali

Evidentemente ben consapevole dei sondaggi che danno il suo Partito democratico in caduta libera di consensi, Walter Veltroni ha pensato bene di raggranellare qualche voto con questa legge truffa cucita su misura per cercare di far fuori anche dal parlamento europeo la sinistra cosiddetta radicale (termine improprio perché presuppone l’esistenza di una diversa e riconoscibile sinistra).
Spera così di evitare quel tracollo elettorale che lo costringerebbe alle immediate dimissioni, eventualità a cui in casa democratica ci si sta preparando come i cavalli del Palio di Siena: scalciando sul posto e cercando di mantenere una buona posizione in attesa che si abbassi la corda e si dia avvio alla giostra.
Tutto ciò ci dice molto della “cultura democratica” di cui il leader “democratico” è portatore, ma francamente su questo non ci siamo mai fatti illusioni. Speravamo qualcosa di diverso dall’Italia dei Valori, ma il partito di Di Pietro (salvo lodevoli eccezioni) si è accodato volentieri al riuscitissimo colpo di mano. Dispiace soprattutto perché Di Pietro e il suo movimento, dato quasi per morto fino a pochissimo tempo fa (alle ultime Europee aveva raccolto un misero 2,1% e alle politiche del 2006 il 2,3%), rappresentano la più chiara dimostrazione di come anche i piccoli partiti veicolino istanze importanti capaci magari di aggregare col tempo – e con l’evoluzione del quadro politico – un più ampio consenso attorno alla propria proposta.
Su una cosa, però, Veltroni ha ragione: la stragrande maggioranza degli Italiani è d’accordo con l’introduzione dello sbarramento. Credo sia davvero così, e questo ci dice molto anche sulla cultura democratica della stragrande maggioranza degli Italiani (“base” del Pd compresa).
Trovo che questa insofferenza nei confronti dei “piccoli”, dei “nanetti”, dei “pochi”, sia il corrispettivo di quel culto dell’unanimità con cui Carlo Rosselli spiegava il fascismo come autobiografia della nazione italiana (vedi il motto che apre l’ultimo numero di Micromega in edicola). I riferimenti ai sistemi elettorali in vigore negli altri paesi europei in questo caso sono del tutto inappropriati. In primo luogo per la profonda diversità dei percorsi storici che hanno portato a configurare differenti assetti della rappresentanza. In secondo luogo perché non sempre quel che fanno gli altri è giusto (il sistema inglese, per fare un esempio, è pessimo). In terzo luogo perché, come molti hanno fatto notare, alle europee non si pone il problema della governabilità. Infine perché anche i sassi sanno quale basso calcolo di bottega ci sia dietro l’operazione di Veltroni (altro che “riflessione di sistema”!).
C’è poi un elemento che a nostro parere dovrebbe essere tenuto presente in linea di principio. E cioè che il minoritarsimo non è una colpa sociale, ma, anzi, una conquista che ogni liberaldemocrazia dovrebbe considerare come un patrimonio inalienabile. Soprattutto quando questo minoritarismo costituisce proprio la cifra politica di determinate iniziative. Trovo ad esempio che la visita agli stupratori di Guidonia – dopo la denuncia per i pestaggi subiti in carcere – compiuta da Rita Bernardini insieme ad altri esponenti radicali sia una delle pagine più alte che la politica abbia scritto in Italia negli ultimi anni, anche e soprattutto perché assolutamente impopolare nella sua difesa senza condizioni dello stato di diritto (che deve valere anche quando ad usufruire delle sue tutele sono soggetti socialmente odiosi). Ecco: questo è un classico esempio di una iniziativa politica a chiara “vocazione minoritaria”, anzi ultraminoritaria. Qualcuno potrebbe addirittura considerarla una sorta di “suicidio politico”. Eppure la democrazia italiana – che già non se la passa bene – sarebbe molto più povera senza queste iniziative e senza le forze politiche che le portano avanti.

(5 febbraio 2009)



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