Emma Bonino, la pasionaria de noantri
Angelo d’Orsi
Mi guarderò bene dall’avanzare previsioni sui risultati delle imminenti elezioni generali, ma posso almeno asserire, con ferma certezza, che siamo davanti a una delle più brutte, volgari, violente campagne elettorali della storia repubblicana.
Queste elezioni si sarebbero dovute tenere all’inizio del 2017, dopo la batosta inflitta al duo Renzi-Boschi del 4 dicembre 2016: ma, a ben vedere, si sarebbe dovuto votare, anzi rivotare fin dal 2013, ma i nostri capi dello Stato sembrano poco attenti alla difesa dei valori autentici della democrazia costituzionale. Sicché prima Napolitano, poi Mattarella, ci hanno condotto alla esiziale sequela Monti-Letta-Renzi-Gentiloni, che tanti danni ha portato al paese, dopo i guasti berlusconiani. E ora? Ora siamo in mezzo al guado, in uno scenario di disgregazione politica e sociale impressionante. Quale destra vincerà? Che la sinistra possa vincere, ahinoi, non appartiene neppure alle più remote ipotesi. Se sarà rappresentata in Parlamento, sarà un successo, di cui non appagarsi, però, ma da cui ripartire. Eventualmente.
Matteo Renzi, mattatore unico di quel che rimane del PD, gioca la sua partita con la ben nota tracotanza, alternando promesse mirabolanti che sa di non poter mantenere, e vaghe minacce: sempre del genere “se non votate noi, sarà la catastrofe”. Lo stesso messaggio che non pare abbia funzionato nel referendum del 4 dicembre: i geni della comunicazione da lui ingaggiati forse non sanno andare oltre, e quando ci provano fanno autogol, come con lo spot della famiglia-tipo italiana in auto che pare sia diventato un boomerang, dato lo scarsissimo successo, e invece l’enorme diffusione della sua parodia: madre e i due figlioli in automobile, decantano i successi del partito a vantaggio del paese, mentre il padre recalcitrante alla guida ripete: “Stavolta il PD non lo voto!”, fin tanto che un ciclista, elegantemente vestito, lo affianca, e… sorpresa, è il Matteo, che invita il tizio a non fare sciocchezze e continuare a dare fiducia al partito. Nella parodia, è tutto uguale, tranne il finale, quando il guidatore, sfoderando un inatteso ghigno sardonico, decide di sterzare bruscamente, investendo il ciclista. Ossia Renzi.
A tentare di far vincere un PD smarrito e senz’animo, ormai quasi organicamente di destra, si sta impegnando Emma Bonino, una miracolata politica che ha saputo con cinismo infilarsi in ogni pertugio della scena nazionale, saltellando da un partito all’altro (non saprei quale bandiera non abbia sventolato) con notevole senso mediatico: una caratteristica propria del resto al suo (ex?) partito, a cui Marco Pannella (trasformato in un santo laico da morto, dopo essere stato alternativamente perseguitato e osannato da vivo, sempre mediaticamente) ha impresso il segno della spettacolarizzazione estrema dell’azione politica.
La Bonino è più astuta del suo leader trapassato, perché riesce a tessere reti con tutti, nell’area compresa dal centrodestra al centrosinistra. Ha aperto tutti i canali, e non ne ha chiuso nessuno. Renzi ha accolto l’improvvisato raggruppamento (grottesco e paradossale fin dal nome, “Più Europa”), tra le proprie truppe cammellate, convinto che portasse voti: probabilmente finirà che sarà il PD a regalare una manciata di seggi alla Bonino e ai suoi sodali. Eterogenesi dei fini: una situazione a cui Renzi dovrebbe essere abituato…
E non è casuale che il nome Emma Bonino circoli su molte bocche, anche come ministro, presidente della Camera, o addirittura del Consiglio! Voci, come si dice, “trasversali”. La Bonino è in pectore a larga parte dello schieramento politico. E già questo dovrebbe far riflettere. Proprio questa sua dimensione fittiziamente super partes, sotto lo slogan fintamente europeista, può garantire alla signora un risultato notevole: e, anche grazie all’allure da guru che ha assunto negli ultimi tempi, non è da escludere che lei lavori sul lungo termine, se la salute l’assisterà, per la successione a Mattarella. In fondo una quota rosa al Quirinale si attende da tempo… E lei stessa, capace di fiutare il vento, si era addirittura autocandidata alla presidenza della Repubblica, oltre che a varie altre cariche, spesso riuscendo nell’intento: come sono martellanti i radicali, nessuno.
Dato tutto ciò, non stupisce che numerosi elettori ed elettrici, di età fra i 30 e i 50, di orientamento democratico, laico e progressista, vedano nella signora Bonino una buona candidata da votare. Eppure basterebbe un minimo di conoscenza sulla sua arlecchinesca biografia politica, per allontanare questa tentazione.
Che cosa c’è nel pedigree di questa torinese dalla parola sciolta, e dalla dubbia coerenza? Aria fritta, slogan reiterati, essenzialmente sui diritti civili, la grande bufala dietro la quale si nascondono spesso interessi poco commendevoli; soprattutto dietro la bandiera dell’umanitarismo il sostegno a guerre di sopraffazione, guerre occidentali, guerre del Nord al Sud del mondo. Nella sua biografia ufficiale (ovviamente di suo stesso pugno) si legge: “divenuta così uno dei più autorevoli esperti e commentatori dei problemi dell’area [mediorientale], letti nell’ottica della militante che opera perché la democrazia si installi anche in quelle regioni evitando sia l’unilateralismo (pur necessario) delle ‘guerre preventive’ sia l’esplosione di una pericolosissima ‘guerra di civiltà’.” (Come si possa evitare la seconda, sostenendo le prime, ossia l’interventismo occidentale, esportatore di democrazia, mi pare difficile!).
Non ha pudore nello scrivere di aver coltivato e praticato “un progetto ambizioso, quello di poter sostenere la crescita della democrazia nel mondo attraverso strumenti anche giuridici atti a sanzionare l’uso della violenza e delle pratiche antidemocratiche più gravi”. Si è visto dove ha portato l’esportazione della democrazia. Ma la Bonino, che è campionessa dell’umanitarismo, con la mano destra incoraggia i bombardamenti “dissuasivi”; con la sinistra invoca tregue e missioni di pace, possibilmente con lei che arriva sul posto al momento giusto, ad usum delle telecamere.
Donde si evince che l’unilateralismo delle guerre preventive è “necessario”: e dire che la Bonino si presenta come pacifista! Del resto anche Pannella si dichiarava tale, e indossava la divisa dell’esercito croato, nel pieno del conflitto jugoslavo. E i due ricevettero onorificenze per il loro sostegno attivo alla indipendenza della Croazia, ossia lo smembramento della Repubblica Federale di Jugoslavia. Dalla medesima fonte si apprende che la Emma nazionale (accanto alla Marcegaglia, beninteso), si è battuta per l’istituzione del farsesco (e unilaterale, appunto!) Tribunale per i crimini di guerra nell’Ex Jugoslavia, dopo essersi battuta a favore dell’aggressione alla Jugoslavia in nome dei diritti dei kosovari, che evidentemente valevano di più di quelli dei serbi. Aggiungasi, che la nostra ha frequentato con ammirata devozione quel bel tomo del Dalai Lama, sostenendo la causa del Tibet, ma ha fatto anche dei rabuffi a Fidel Castro, che preoccupato (lei asserisce) diede la libertà ad alcuni “prigionieri politici”. E così via.
In sintesi, al di là del fastidio, tanta, ridicola auto-apologetica, per le proprie imprese di politica interna o internazionale, dovrebbe indurre a ritener
e che più volte ci siamo salvati dalla Terza guerra mondiale grazie al coraggio, alla intraprendenza, alla saggezza di Emma Bonino… La quale ora cerca di capitalizzare codeste sue imprese, e in fondo mira a rivestire l’ambizioso ruolo di ago della bilancia, pronto a pendere da un lato o dall’altro, a seconda del soffiar del vento. E soprattutto ha assunto l’aria di chi sta fuori del gioco, di chi non si è macchiato di politica politicante: ma è da quando aveva 28 anni che tra Parlamento italiano ed europeo, ministeri, consigli regionali, cariche internazionali, fa la politica di professione, indifferente in fondo allo schieramento, che è del resto essenzialmente il suo: il PdB, il Partito di Bonino.
Ma sì, con tale curriculum la Bonino ha le carte in regola per governare un paese dove fioriscono i voltagabbana e i chiacchieratori. Auguri a lei e soprattutto a chi la voterà, convinto che farà del bene. Il suo e di qualche cricca, senz’altro.
Se poi non si ha voglia di sprecar tempo a leggere il curriculum della Bonino è sufficiente prestare attenzione ai suoi messaggi in questa campagna elettorale: accanto alla riproposizione dell’aria fritta, vengono fuori proposte di politica economica agghiaccianti (ricordiamo tra l’altro che in passato aveva proposto l’aumento dell’età pensionabile per le donne, come misura di “parificazione” tra i sessi!), se non fossero risibili, come questa: bloccare la spesa pubblica al livello 2017, per l’intera durata della prossima legislatura. Altro che il “reddito di cittadinanza” rimproverato al M5S! Qui siamo all’analfabetismo economico, funzionale, però, allo statu quo (la Bonino è decisamente più a destra di Forza Italia). Come si può lanciare l’idea di bloccare la spesa pubblica? Per cinque anni, per giunta. La Bonino si è laureata alla Bocconi: una ennesima dimostrazione della fama usurpata di quell’ateneo privato? Oppure allora studiava?
In ogni caso, la tesi sull’Autobiografia di Malcom X non parrebbe un trattato di economia (in effetti risulta laureata in Lingue). E sono pronto a scommettere che si tratta di una di quelle tesi che troppo spesso nei primi anni Settanta venivano presentate da studenti fuori corso, che erano promossi soltanto dal “lasciar passare” e dalla “svogliatezza” dei professori (per citare Gramsci). Certo, è proprio vero che coloro che più si dimenano, più blaterano, più compaiono in ogni possibile tribuna, sono coloro non hanno tempo per “studiare approfonditamente” (ancora Gramsci) le questioni: non ne hanno mai avuto. Troppo impegnati come sono nell’arte della chiacchiera, tra un aeroporto e un salotto tv.
Insomma, popolo progressista, se vuoi stare alla larga dall’universo renziano, come è dovere morale di ogni buon cittadino, di ogni persona perbene, non farti incantare da questa pseudo-pasionaria, mesta pedina del conservatorismo “modernizzatore”.
(28 febbraio 2018)
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