Equità, impegno, solidarietà: l’attualità del pensiero di don Primo Mazzolari

Rossella Guadagnini

A 30 anni dalla nascita della Fondazione dedicata al parroco di Bozzolo, ristampati i suoi scritti politici e ‘rivoluzionari’. Ne parla don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano, avanzando l’auspicio che la politica riparta dall’etica.



"Chi ha molto, chi ha troppo, chi ha senza merito deve pagare, anche per farsi perdonare quello che ha in modo non pulito. Ma quale partito oggi in Italia ha il coraggio di predicare che bisogna pagare le tasse?". E quale Chiesa, potremmo aggiungere adesso. Sono temi di bruciante attualità quelli toccati da don Primo Mazzolari, prete ‘di frontiera’ che scrive queste parole nel lontano 1946, nell’Italia ferita del secondo dopoguerra. La sua frontiera non è l’avventuroso Far West, ma la tranquilla provincia padana, avvolta dalle nebbie tra Cremona e Mantova. La sua visione anticipa alcune delle istanze dottrinarie e pastorali del Concilio Vaticano II, soprattutto in relazione alla "Chiesa dei poveri", alla libertà religiosa, al pluralismo e al "dialogo con i lontani". "Ci impegnamo, noi e non gli altri – ricorda – unicamente noi e non gli altri, né chi sta in alto né chi sta in basso, né chi crede né chi non crede. Ci impegniamo per trovare un senso alla vita, a questa vita, alla nostra vita".

"Democrazia vuol dire non soltanto le strade sicure, le banche sicure, ma anche il pane, anche la giustizia, anche il lavoro sicuro". E, ancora: "Prima di essere ammessi a un partito ci vorrebbe la promozione a uomo". "Uomini non ci si improvvisa, e nella lotta politica italiana ciò che più dolorosamente sorprende è appunto la mancanza dell”uomo’; non dell’uomo ‘grande’, di cui non vogliamo neanche sentir parlare, ma dell’uomo ‘reale’, col suo modesto, insostituibile corredo di qualità morali". In un appello ai cristiani, viene citato lo scrittore francese Georges Bernanos, quando afferma: "Noi siamo l’ultima tappa prima del lavoro senza scopo, della distruzione senza limiti, della servitù senza scampo".

Queste alcune delle annotazioni folgoranti di don Primo, di cui si riscopre il pensiero a 30 anni dalla nascita della Fondazione a lui dedicata grazie alla pubblicazione dei suoi scritti politici, composti tra il 1940 e il ’55 e raccolti nel volume "Come pecore in mezzo ai lupi", proposto da Chiarelettere nella collana Instant Book, da poco in libreria (pp.150, euro 7). Una lettura che, in questo momento, suona ancor più significativa.

"Ho colto una grande contemporaneità in queste note di Don Mazzolari per l’oggi che stiamo vivendo", sostiene un altro prete ‘di frontiera’, don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano, in occasione della sua visita a Roma per presentare il volume, di cui ha curato l’introduzione. "La nostra società civile – aggiunge poi – è ricca di presenze, articolazioni, volontariato che nasce anche dal mondo cattolico: le parole di don Primo, che incrocia l’esperienza del Vangelo con culture diverse e con la tradizione comunista, ci riportano alla centralità di una politica orientata verso il bene comune".

Leggere l’attualità in chiave di impegno politico e civile per dare senso alla vita

"Il cosiddetto ‘prepolitico’ deve affacciarsi al politico – spiega don Colmegna, da oltre trent’anni impegnato sul fronte del sociale – esprimere una capacità di cambiare la società, di interpretarla, per poi tornare a valorizzarne l’aspetto critico, di sofferenza rispetto al fatto che la politica è sempre quella del bene possibile, non di quello che vorremmo ottenere. Occorre rilanciare la capacità di essere persone che vivono uno stile di vita sobrio, che portano dentro di sé non solo l’annuncio dei valori come elemento di principi astratti, ma che l’incardinano nella proprio quotidianità, nelle relazioni di ogni giorno".

E’ giunto il tempo di "mettere il ‘noi’ davanti all’io’, assumersi la responsabilità del bene degli altri", auspica l’animatore della Casa della Carità, rivolgendosi alle forze politiche e sociali. Non è una mera questione pronominale la sua, ma qualcosa di ben più importante. "La politica deve ripartire dall’etica – commenta – Tra le priorità irrinunciabili, lo sviluppo di una cultura del ‘bene comune’ per ottemperare alla quale è necessario un salto di qualità. I partiti devono essere rimessi in discussione dai movimenti. Ma meglio dire subito no alla politica dello scontro: è necessaria, piuttosto, una solidarietà di tipo espansivo, non ridistributivo".

"Adesso guardiamo la storia dal punto di vista delle vittime per effetto della globalizzazione –prosegue il fondatore della Casa della Carità – la testimonianza di don Primo, la sua contemporaneità sono da ascriversi al suo essere un grande predicatore, un trascinatore di coscienze civili. Egli parla ai giovani, chiamati a ritrovare la passione politica dopo le delusioni della guerra, di difesa dei valori, eticità, solidarietà, equità, ‘innaffiando’ tutto con il Vangelo. E’ il radicalismo del Vangelo che si traduce in modo laico, portando alla ricerca sui grandi temi i laboratori della cittadinanza e la società civile".

Cattolici di ieri e di oggi sottolineano la centralità del bene comune in politica

Figura di spicco del cattolicesimo italiano nella prima metà del Novecento, don Mazzolari è un esempio di grande statura nell’odierno panorama politico. Un esempio significativo a cominciare dai concetti espressi fin dai titoli dei suoi stessi interventi: "Non si fa buona politica con la pattumiera" o "La politica del peggio", "Non a destra non a sinistra non al centro, ma in alto", scritti negli anni Quaranta, in grado di rappresentare, tuttora, un’efficace "provocazione morale e intellettuale". I temi della giustizia sociale, della tolleranza e della lotta alla corruzione sono sempre considerati "dalla parte degli ultimi". In fondo al volume il brano "Siamo tutti comunisti" offre una riflessione sul comunismo non come dottrina politica o sistema di pensiero, ma come "stato d’animo", molto vicino all’ideale dell’impegno politico cristiano.

Gli uomini di Chiesa fanno politica? A volte sì e con esiti sorprendenti. Lo dimostrano questi scritti, che mescolano una lunga esperienza pastorale calata in una realtà periferica e un messaggio politico rivolto sia ai credenti che ai non credenti, dove comunisti e cattolici sono messi a confronto, col risultato che le distanze tra loro si accorciano. E’ una storia tutta italiana quella di don Primo, uomo di Chiesa e partigiano, nato in una famiglia contadina a Santa Maria del Boschetto (Cremona) nel 1890, e morto a Bozzolo (Mantova) nel 1959. La sua esperienza religiosa e civile si svolge interamente entro i confini della terra d’origine: da lì lancia il suo messaggio evangelico e politico. I suoi testi ‘rivoluzionari’ gli costarono da parte della gerarchia cattolica la proibizione di predicare fuori dalla sua diocesi, facendogli guadagnare la fama di "prete scomodo".

Sul piano politico, il suo operato si espresse attraverso una decisa opposizione all’ideologia fascista e a ogni forma di ingiustizia e violenza. Non solo di parole e di idee si nutrì il suo percorso: durante la seconda guerra mondiale, nascose e salv&ograve
; numerosi ebrei e antifascisti, mentre dopo il conflitto fu la volta delle persone coinvolte nel regime e ingiustamente perseguitate. E se durante la Resistenza è costretto alla clandestinità per non essere catturato, per il suo impegno politico Mazzolari subisce censura da parte del Vaticano, che gli impedisce di scrivere su temi di attualità. Ma lui continua, condannando la chiusura dei cattolici nell’indifferenza, che ritiene il più grave male dell’Italia d’allora. Una predicazione la sua che esprime uno dei punti più alti di virtù civile del Novecento italiano.

Una predicazione di alta virtù civile in grado di ispirare il Concilio Vaticano II

"Direte che non c’e’ un ‘alto’ in politica e che, se mai, vale quanto la destra, la sinistra, il centro –scrive don Primo – Nominalismo mistico in luogo di un nominalismo politico: elemento di confusione non di soluzione". Quindi aggiunge: "E’ vero che una nuova strada non cambia nulla se l’uomo non si muove con qualche cosa di nuovo, e che un paese può andare verso qualsiasi punto cardinale e rimanere qual è. Ma se gli italiani fossero d’accordo su questo fatto, la fiducia nella toponomastica parlamentare sarebbe felicemente superata".

"Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe". Così il Vangelo di Matteo (10, 16-18), il cui versetto si trova in epigrafe al volume, diviso in cinque parti. La prima raduna gli interventi più attuali e dirompenti, cui seguono quelli rivolti ai giovani (Parole a un giovane, Discorso sottovoce ai giovani… e agli altri); alla tolleranza; al mestiere dell’uomo) per rinnovare e ripulire la politica (Domani, Guardando al domani, Lettera a un «partigiano», Lezione e valori della Resistenza italiana); infine alla giustizia sociale (Non hanno da mangiare, A un industriale, Addio clienti!, Della pazienza in democrazia).

Scritti incentrati sulla necessità di ripensare la politica oltre i partiti e mettere fine alla difesa degli interessi e dei privilegi, dire basta insomma all’oligarchia. Per Mazzolari i partiti sono depositi di interessi, clientele, corruzione: è impossibile cambiarli – dice – e, in fondo, allontanano la buona politica. E sappiamo bene quanta urgenza c’è di ripensarla, questa “buona politica”, nell’Italia in cui viviamo come pecore, lupi, colombe o serpenti.

(13 dicembre 2011)

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