Famiglia Cristiana contro Eluana

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di Cinzia Sciuto

«La morte a Natale». Non si tratta di un cinepanettone versione horror, ma del titolo di un ampio servizio che l’ultimo numero di Famiglia Cristiana – settimanale dei paolini, distribuito in tutte le parrocchie d’Italia, punto di riferimento culturale di una grande parte dell’opinione pubblica cattolica – ha dedicato alla vicenda di Eluana Englaro. Il corredo di occhiello e sommario completano il quadro: «Tutto pronto per l’ "esecuzione". Mentre noi mangeremo il panettone, la ragazza potrebbe essere lasciata morire di fame e di sete. Per ordine dei giudici». Tanto per far andare di traverso il panettone. E a leggere l’articolo lo sconcerto non può che aumentare.
Scrive Alberto Bobbio: «C’è una ragazza che potrebbe continuare a vivere, perché c’è qualcuno che le vuole bene [chi? il papa, forse? il cardinale Barragán, che considera Beppino Englaro un assassino? le suore che accudiscono Eluana? o forse lo stesso Bobbio?]. Ma il padre [che – ne deduciamo – non le vuole bene] e i giudici hanno deciso che, invece, non sarà così». Il riferimento è alla sentenza della Corte d’Appello di Milano – confermata dalla Cassazione – che consente l’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione artificiali su Eluana Englaro, che noi ci ostiniamo a definire una «ragazza», quando ormai – in questi lunghi diciassette anni – è diventata una donna. Su questa donna «priva di morte e orfana di vita», come recita un verso della poesia che Guido Ceronetti le ha dedicato (e che ripubblichiamo), si sta indegnamente consumando una battaglia ideologica meschina e ipocrita, di cui Famiglia cristiana si sta facendo alfiere. L’obiettivo, come ben si capisce dall’articolo di Bobbio, è quello di spingere all’approvazione di una legge sulla «fine vita», che ponga dei limiti rigidissimi all’autodeterminazione dell’individuo. Perché, come osserva Bobbio, «mancando una legge sulla cosiddetta fine vita, che pure poteva essere approvata dal Parlamento in questi ultimi mesi, sembra non ci sia altra strada che applicare la sentenza». Che poi significa –   – applicare la Costituzione, che garantisce a ogni cittadino il diritto di accettare o rifiutare qualunque cura.
L’articolo di Famiglia cristiana fa anche venire il sospetto (o meglio, lo conferma) che dietro le vere e proprie intimidazioni di Sacconi alla clinica di Udine che era pronta ad accompagnare Eluana alla morte, ci sia stata ben più di qualche pressione da parte vaticana. «Il Governo ha provato fino in fondo a trovare una soluzione», approva Bobbio, «ci sono state ore frenetiche la settimana scorsa, nelle stanze del ministero del Welfare», dove il sottosegretario Eugenia Roccella e il ministro Sacconi «hanno consultato esperti [ci piacerebbe sapere quali], si sono posti il problema di poter scrivere un decreto che bloccasse la sentenza della Cassazione. Ma l’idea è stata scartata, perché il presidente della Repubblica non lo avrebbe mai firmato». Forse perché sarebbe stato incostituzionale? E quindi Sacconi ha optato per l’«atto di indirizzo», corredato poi da dichiarazioni sostanzialmente intimidatorie che hanno bloccato il trasferimento di Eluana nella clinica.
«C’è una domanda su tutte, alla quale bisogna rispondere», conclude Bobbio, «quanto vale la vita?». Ma la domanda che conta sul serio è un’altra: chi decide sulla propria vita?

(30 dicembre 2008)



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