Famiglia Cristiana: Decreti e “Lodi” rendono imperfetta la democrazia
di Beppe Del Colle, da Famiglia Cristiana, 5 ottobre 2008
Siamo forse di fronte a un tentativo di trasformare la Repubblica in cui la sovranità appartiene al popolo in una forma di Stato in cui l’equilibrio si sbilancia a favore del Governo.
Le polemiche della scorsa estate, in cui è stata coinvolta anche Famiglia Cristiana, continuano ad avere un senso anche di là dall’occasionale contingenza che le ha suscitate (qualche critica a decisioni governative in tema di immigrazione) e dai riferimenti a una vicenda storica chiusa da decenni, ma non del tutto archiviata a causa di rigurgiti razzisti che a una parte dell’opinione pubblica sembrano richiamarla: il fascismo.
Non per nulla è appena uscito il libro di un giovane studioso di storia, Francesco Cassata, dal titolo La difesa della razza (Einaudi, 411 pagine, 34 euro), come si chiamava la rivista fondata nel 1938 da Telesio Interlandi in coincidenza con le leggi di discriminazione degli ebrei in Italia.
Di là da queste ragioni, il senso di quelle polemiche nasce dal fatto che siamo forse di fronte al tentativo di trasformare la Repubblica in cui «la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nella forma e nei limiti della Costituzione» (art. 2 comma 2 della stessa Carta), ma in cui i poteri sono bilanciati fra Parlamento (cioè i partiti) e Governo in modo tale che nessuno dei due possa prevaricare sull’altro, in una forma di Stato in cui quell’equilibrio si sbilancia a favore del Governo.
Berlusconi dice chiaramente come la pensa: «I cittadini non hanno votato i partiti, ma il Governo», e ripete spesso il suo convincimento fondamentale, più o meno con queste parole: governiamo con il consenso dei cittadini, confermato dai sondaggi che ci danno in aumento di popolarità dopo ogni decisione che prendiamo. Non possiamo perdere troppo tempo in discussioni parlamentari sui disegni di legge, «i requisiti di necessità e urgenza per i quali si può utilizzare il decreto legge ci sono sempre».
Una prova concreta di questa diminuita disponibilità del Governo a considerare le Camere come elementi indispensabili nella formulazione delle leggi appare lo scarso peso che a esse è attribuito nella realizzazione del federalismo fiscale, la cui leggequadro va approvata entro la fine di quest’anno, mentre i successivi decreti attuativi, fondati sulla "cifratura" statistica dei rapporti fra la finanza centrale e quelle locali, vengono affidati a una commissione super partes, dei cui risultati, a quanto sembra, il Parlamento sarà soltanto "informato", e non nelle due rispettive assemblee, ma solo nella commissione bicamerale per le questioni regionali.
Che poi l’attuale maggioranza intenda garantirsi sempre di più nei confronti di un altro potere istituzionale, la magistratura, lo dimostra il "lodo" proposto per estendere ai ministri l’immunità giudiziaria delle quattro più alte autorità dello Stato appena approvata dal Parlamento (ma contestata da un tribunale milanese alla Corte costituzionale).
In realtà, ciò che è in discussione è la democrazia parlamentare come la conosciamo da decenni. Una discussione, cominciata da Tangentopoli, ha prodotto una maggioranza popolare attirata dal "decisionismo" di un leader carismatico ostile a quel tipo di democrazia, che intende sostituire passando "dal bipolarismo al bipartitismo" e confermando in pieno l’attuale legge elettorale con liste bloccate senza preferenze e un’alta soglia di sbarramento.
Dall’altra parte gli danno di continuo una mano: come ad esempio fa la maggioranza regionale piemontese di Centrosinistra, proponendo il finanziamento pubblico di luoghi di vacanza per nudisti "per attirare più turisti". Proprio mentre il ministro Gelmini chiede alle studentesse il ritorno al grembiule, fra il plauso dei benpensanti.
(8 ottobre 2008)
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