Fausto Pirandello: realisticamente visionario

Mariasole Garacci

L’arte tormentata e inquietante di un grande contemporaneo in una mostra che rievoca il momento della sua consacrazione nelle Quadriennali del ‘35 e del ‘39, tra reminiscenze letterarie e nuovi fantasmi italiani.

Come si spiega a un duce sospettoso e poco versato nelle arti che le braccia protese del contadino sul magro raccolto di un’annata sfortunata non rappresentano un sedizioso messaggio cripto-comunista, anche se il disgraziato indossa una lisa maglia rossa? Le foglie del mais che si accartocciano calde e fruscianti sotto il sole sono gialle, il cielo avaro è grigio, i campi di un verde povero e cupo, le carni impastate di terra. Un’ampia campitura di colore che si leva nella polvere è, ovviamente, rossa. Quadriennale di Roma del 1939: insieme a La tenda rossa di quell’anno, Siccità era esposto nella sala interamente dedicata a Fausto Pirandello e, nonostante l’ombrosa accoglienza di Mussolini, fu acquistato per ottomila lire dal Ministero dell’Educazione e acquisito dalla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma.

La Quadriennale precedente, nel 1935, aveva comunque rappresentato l’approdo alla maturità artistica e all’apprezzamento della critica per il pittore, che con La pioggia d’oro e Il bagno dichiara una poetica personale caratteristica di tutta la sua produzione, anche quando andrà risolvendosi in composizioni più sciolte ed essenziali. Ne La pioggia d’oro le linee contrapposte del nudo rovesciato all’indietro in un potente scorcio prospettico e della tavola da stiro affollata di oggetti creano e impostano le dimensioni di un gorgo spaziale caotico e ristretto che trova respiro nell’apertura della porta sul fondo. Una scena da Tintoretto disordinato e scabroso che sarebbe piaciuta a Courbet. Il bagno – uno spazio di sottoscala che “non somiglia per niente al Giordano; né il sapone metterà mai le penne dello Spirito Santo” – richiamava giustamente agli osservatori l’iconografia del Battesimo di Cristo (impossibile non pensare al Piero della Francesca della National Gallery di Londra). Due capolavori psicologicamente e, soprattutto, esteticamente inquietanti. “Il bello – scriveva Claudia Gian Ferrari, ideatrice prematuramente scomparsa di questa mostra – è una categoria che, per Pirandello, non appartiene al mondo, né all’uomo. E’ un’illusione formale”.

La bella mostra che la Gnam dedica a questo importante pittore ruota dunque intorno al duplice nucleo cronologico delle Quadriennali del 1935 e del 1939, ma un secondo livello di lettura interseca la dimensione storiografica, ed è il rapporto, anche artistico, con l’imponente figura di Pirandello padre. Nel Ritratto di Luigi Pirandello che introduce all’esposizione, donato per l’occasione alla Galleria dal nipote Pierluigi, si riconosce lo sguardo pungente e l’aplomb dello scrittore poco tempo prima, nel 1934, vincitore del premio Nobel per la letteratura. Un’accoglienza poco calorosa, diciamo così, che sapientemente contribuisce a dare la giusta temperatura emotiva al godimento di una pittura mai rassicurante, gessosa, scabra e intellettuale. Con tale suggestione, è difficile sfuggire a un’impressione veramente pirandelliana davanti a Testa di bambola: le due bimbette si rivolgono allo spettatore, l’una con sguardo preoccupato o perplesso schermendosi dietro una sedia come le sbarre di una gabbia, l’altra celando e doppiando il volto con una testa spaccata di bambola.

Veramente bellissima anche la serie di nature morte e Oggetti, in cui le forme sono astratte dalla loro qualità descrittiva e diventano volumi che costruiscono lo spazio, e i Tetti romani scalati nell’aria fatta di luce. Utili i saggi dell’agile catalogo, che ripercorrono le circostanze delle due Quadriennali in oggetto e l’amicizia della famiglia Pirandello con Telesio Interlandi, dal 1938 direttore della tristemente nota rivista La difesa della razza, offrendo un istruttivo spaccato storico.

Fausto Pirandello alle Quadriennali del 1935 e del 1939
Roma, Galleria nazionale d’arte moderna – Viale delle Belle Arti, 131
Orario: martedì – domenica, 8.30 – 19.30; lunedì chiuso
www.gnam.beniculturali.it

(6 aprile 2010)



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