Fede e Omosessualità

Luca Kocci

, da www.adista.it

È senza dubbio uno dei più autorevoli esponenti della teologia queer, quella cioè che studia le differenze sessuali. Eppure, in Italia sono poche le sue opere ad essere state tradotte. Ormai introvabile la traduzione del suo libro più famoso The Church and the Homosexual, del 1976 (La Chiesa e l’omosessualità, Milano, Mondadori, 1979). Lo stesso vale per le altre due sole opere pubblicate nel nostro Paese.

Eppure John McNeill è tra i pionieri nella lotta per i diritti civili del mondo lgbt (acronimo che sta per Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) e leader del movimento di liberazione delle persone lgtb nella Chiesa cattolica.
Una lacuna, quella della conoscenza in Italia del pensiero di McNeill, cui le EdizioniPiagge (piccola casa editrice nata all’interno dell’esperienza della Comunità di Base delle Piagge, quartiere popolare della periferia Firenze), pongono parziale rimedio con un libro libro-intervista a McNeill (Cercare se stessi… per trovare Dio. Omosessualità, Chiesa, Fede, Vangelo, Spirito, 2011, euro 5) in cui il teologo, intervistato da Valerio Gigante, redattore dell’agenzia di informazione politico-religiosa Adista, ripercorre il suo percorso umano e spirituale, delinea le tappe del suo processo di liberazione da un vecchio modo di concepire la Chiesa e la teologia verso una nuova comprensione della fede e della dimensione ecclesiale, indaga il rapporto tra fede ed omosessualità, sottolinea l’importanza degli studi psicanalitici nell’elaborazione della sua teologia e della sua pastorale, racconta il suo coinvolgimento nel movimento di liberazione lgbt.

Nato nel 1925, entrato nell’ordine dei gesuiti subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, ordinato prete nel 1959, per molti anni McNeill ha svolto il suo ministero a New York. Determinante nella sua decisione di essere prete e teologo “militante”, furono i moti di Stonewall, nel 1969, dove l’ennesima retata della polizia contro i ritrovi omosessuali diede origine alla prima, massiccia rivolta della comunità gay locale. Convinto dell’urgenza di una testimonianza pubblica, nella Chiesa e fuori, a sostegno della lotta di liberazione delle persone lgbt, McNeill fu dal 1970 tra i fondatori di Dignity Usa (un movimento che resta ancora oggi un fondamentale riferimento per migliaia di gay credenti che reclamano il loro diritto ad essere parte della comunità ecclesiale) nella città di New York. Poi, dopo il coming out pubblico, nel 1976, e la pubblicazione del suo libro-manifesto, The Church and the Omosexuals, McNeill, agli inizi degli anni ’80, non esitò a difendere quei gay che vivevano nella disperazione e nella derisione che caratterizzavano la prima fase della comparsa del virus dell’Aids. Nel frattempo, alla sua azione pastorale, McNeill, già dalla metà degli anni ’70, affiancava il lavoro di psicoterapeuta e docente universitario, mentre i suoi rapporti con il Vaticano si facevano sempre più difficili, finché nel 1977 la Congregazione per la Dottrina della Fede gli impose il silenzio, cioè il divieto di scrivere ed insegnare, in conseguenza della incompatibilità del suo approccio al tema dell’omosessualità e della sua pastorale con la dottrina ufficiale della Chiesa cattolica; provvedimento cui seguì, nel 1987, l’espulsione dalla Compagnia di Gesù: l’anno prima infatti, McNeill aveva deciso di rompere il silenzio che gli era stato imposto, reagendo con durezza al documento della Congregazione per la Dottrina della Fede (firmato dal prefetto di allora, Joseph Ratzinger) che definiva l’omosessualità come “un disordine oggettivo” e “una tendenza più o meno forte verso un intrinseco male morale”.

Nel libro intervista con Valerio Gigante, McNeill affronta diversi temi spinosi, tra cui quello del rapporto tra la Chiesa-istituzione e la questione omosessuale. Ma, più in generale, McNeill mette in discussione tutto l’attuale modello ecclesiastico, che afferma basarsi sul potere e sulla centralizzazione. Sulle prospettive di questo modello McNeill non ha dubbi: «La categoria del chierico maschio e celibe negli – afferma – Usa sta rapidamente scomparendo. La gerarchia ha cercato di adottare diverse misure palliative per contrastare questo trend, come, ad esempio, importare preti e missionari da Asia o Africa o accettare all’interno del ministero cattolico preti sposati provenienti dalla Chiesa episcopaliana. Tuttavia, io credo che la casta clericale si estinguerà rapidamente e che la Chiesa sarà obbligata a riscoprire e rinnovare il magistero sul sacerdozio universale dei fedeli: la facoltà, cioè, di ogni cattolico battezzato di consacrare pane e vino. L’intera comunità di fedeli sarà componente attiva della consacrazione. E il tema del celibato semplicemente scomparirà dal dibattito intra-ecclesiale. Ammiro la scaltrezza dello Spirito Santo. Il sacerdozio inteso come professione riservata a maschi celibi, siano essi eterosessuali o omosessuali repressi, sta rapidamente scomparendo. E non mi viene in mente nessuna misura che il Vaticano potrebbe prendere per scongiurare il collasso totale del ministero così come è adesso. Ma questo crollo porterà necessariamente come conseguenza una nuova forma di pastorale nella Chiesa».

(23 febbraio 2012)

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