Fede senza “segreti”
don Raffaele Garofalo
Nel 2000 sembravano finalmente svelati i “segreti” di Fatima che, per anni, tenevano sospeso il fiato di molti credenti e di laici in cerca di “altre” certezze. La delusione fu grande. Non solo per chi “attendeva l’Apocalisse”, come disse allora un card. Ratzinger nuovo, in veste illuminista, ma anche per quanti avevano sperato in un evento positivo straordinario, incoraggiati da papa Wojtyla che, spiritualmente complice, si riconosceva protagonista degli avvenimenti. Se in piazza s. Pietro la pallottola fu deviata dalla mano della Madonna, Wojtyla non può essere stato, allo stesso tempo, miracolato e “martire”. La “profezia” riguardava, forse, Mons. Romero, massacrato dietro l’altare dagli squadroni della morte del generale D’Aubisson! La pallottola incastonata nella corona della statua, per volontà di Giovanni Paolo II, è stato un gesto buono ad alimentare il fanatismo dei fedeli, non certo a smuovere le loro coscienze.
I segreti di Fatima, col balletto di interpretazioni annesse, hanno mortificato, se non ridicolizzato, il vero culto della Madre di Cristo. La figura autentica di Maria di Nazareth, riscoperta nei documenti del Vaticano II, è stata offuscata da un pontificato wojtyliano che ha privilegiato la iconografia delle madonne, da venerare durante i numerosi viaggi apostolici. Grande era lo sconcerto che ne seguiva nel mondo cattolico, ossessionato da madonne pateticamente piangenti, avvistate ovunque e uscite di scena, pare, con la morte stessa del papa polacco.
Riportare in auge la tradizione cattolica non significherà per la Chiesa assecondare aspetti devozionistici ambigui, ereditati da usanze idolatriche precristiane. Indulgere sul sensazionale può accrescere il numero delle folle al seguito, ma diseduca i fedeli, blocca la crescita di una Fede adulta e matura. Il cristiano evita il culto della persona per centrare la sua spiritualità sulla figura di Cristo, sul suo messaggio.
Giovanni XXIII, col buon senso (umano e cristiano) che lo caratterizzava, non diede peso al segreto di Fatima a lui svelato, in anteprima, nell’agosto del 1959. Dietro numerose pressioni e richieste dichiarò, sbrigativamente, che si trattava di fatti già avvenuti senza alcuna importanza, né per la Chiesa né per la società civile. In occasione del Giubileo, la gerarchia ecclesiastica sembrava voler ridimensionare la portata mediatica e consumistica della vicenda cui il Vaticano stesso, per lungo tempo, aveva attribuito una rilevanza priva di senso critico. Il card. Ratzinger sembrava essersi mosso nella direzione del Vaticano ma, da papa, Benedetto è tornato ad assecondare le vecchie pratiche.
Sul fenomeno religioso si innestano valenze legate alla vita, al senso da dare ad essa e la problematica coinvolge credenti e laici. C’è una laicità che non esclude il religioso inteso come superamento del limite, speranza di risposte appaganti. La divergenza si pone, per chi affronti il problema, tra fede-ricerca, tensione e fede-certezza astratta, dogma che genera intolleranza, paura che sconfina nella superstizione. Se il limite umano può creare smarrimento, ne rimuoveremo la coscienza affidandoci alle illusioni di Fatima, alla venerazione di una tela medioevale testimone di un falso accertato?
Un “messaggio” valido giunto da Fatima sembra essere piuttosto, se vero, quello lanciato da papa Ratzinger. Davanti agli intellettuali portoghesi Benedetto XVI ha parlato di “rispetto per le verità degli altri”. Uno spunto dialogante, d’ora in poi attento alle diverse culture religiose e laiche? “Relativismo” e secolarismo non sarebbero più visti in un’ottica di contrapposizione, ma come opportunità della Chiesa per confrontarsi e migliorarsi nella “proposta” dei suoi valori. Dopo l’umiliazione di aver dovuto riconoscere colpe vergognose, la Chiesa si mostrerebbe più comprensiva nei riguardi di quanti, da sempre, ritiene lontani se non nemici? Questo vorremmo leggere nelle parole del papa senza essere delusi dall’aver capito male. Fede e laicità potrebbero finalmente andare a braccetto nel reciproco rispetto. E’ l’eredità che vogliono lasciarci vecchi maestri come il card. Martini e Eugenio Scalfari.
Dal papa teologo la Chiesa si aspetterebbe una rilettura storica del sacrificio “umano” di Cristo, avallando la tesi che Gesù di Nazareth non “è morto” per un morso ad una mela, ma “fu ucciso” per essersi opposto al potere politico e religioso. Redenzione attraverso una lotta di riscatto, non violenta, rigeneratrice dell’uomo totale partendo dallo spirito. Con Cristo la coscienza religiosa si fa istanza destabilizzante di ogni sistema di oppressione. Questa è teologia condannata da Ratzinger cardinale e papa, teologia della Chiesa “dei” poveri, messa a tacere da una Chiesa compromessa con coloro che sui poveri accrescono i profitti.
Il “teologo della Liberazione” non vede la Madonna, non fa miracoli, non è preda di istrionismo né di trance dissociativa. Egli incoraggia i perseguitati della terra ripetendo le parole: “alzati e cammina” perché il tuo Dio è venuto ad “annunciare la liberazione ai prigionieri …a coloro che sono oppressi..” ( Lc. 4,18) Sul silenzio imposto a quei teologi e sulla loro sconfitta si alzano, nell’arena del mondo, la mistificazione dell’apparizione delle Madonne, dei loro messaggi vuoti e ripetitivi, dei “segreti” di Fatima e la venerazione feticista della Sindone di Torino.
Dal Vangelo, cui i cristiani con certezza sono tenuti a credere, continuano a risuonare, sconosciute ai più, le parole della vera Maria di Nazareth. “Messaggi” chiari e determinati che non esigono interpretazione. Essi esaltano un Dio che “distrugge i superbi e i loro progetti …rovescia i potenti dai loro troni…rialza da terra gli oppressi …colma i poveri di beni…rimanda i ricchi a mani vuote…”( Lc 1, 51-53). Un programma da “rivoluzione globale”, ben diverso dai pietismi di Lourdes, di Fatima, di Medjugorie o altro! Lontano dalle alchimie teologiche di Ratzinger cardinale e papa. Il mondo è in attesa del Dio non propagandato, forse volutamente “oscurato” del Magnificat.
(27 maggio 2010)
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