Ma che razza di gente!
Marco D'Eramo
È una tragedia che fa ridere e insieme una farsa che fa piangere l’Italia quale emerge dal libro di Leonardo Bianchi, La gente. Viaggio nell’Italia del risentimento (minimum fax, Roma 2017, pp. 362, 18 €). Lo sguardo di Bianchi sulle rivolte, le imprecazioni, i furori che hanno scosso il nostro paese negli anni recenti è quello di un fotografo in modalità macro, che descrive i fenomeni con l’attenzione al dettaglio con cui si scatta a un petalo di margherita o a una zampa d’insetto.
Per Leonardo Bianchi i protagonisti della recente storia d’Italia non sono (o non sono tanto) i Berlusconi, i Grillo, i Renzi, ma i “capipopolo”, reali, virtuali o autodichiaratisi tali, che sprizzano fuori dall’anonimato, conquistano un seguito – sulla stampa ma molto più spesso in rete e sui social – , finché le luci della ribalta li abbandonano ripiombandoli nella loro grama quotidianità per illuminare un altro capopopolo.
I movimenti che Bianchi descrive e racconta sono quelli dei Forconi, degli anti-immigrati, dei crociati anti-gender, degli oltranzisti cristiani, dei fanatici del complottismo, degli anti-vaccini, della tolleranza zero vero i rapinatori, delle ronde di vigilantes volontari, dell’antipolitica.
Le locations di questi italici furori sono per lo più angoli della provincia: una cella frigorifera a Pontina, il cancello di una villa nella frazione ferrarese di Gaibanella; uno “scalcagnato bar di Brescia, tra birre, succhi e zanzare”; “una squallida rotonda senza erba di Taverna di Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza”; uno spiazzo deserto con i cassonetti dell’indifferenziata a Tor di Nona; sempre nella periferia di Roma, Tor Sapienza, Torpignattara, Casale San Nicola; l’Ostello Bar di Gorino (Ferrara), il duomo di Arsiero (Vicenza) in cui è celebrato il funerale di un rigattiere invalido; il piazzale davanti al teatro Storchi di Modena dove grandi cartelli recitano:
Vaccino che non nuoce
Mostrateci le prove; Giù le mani dai bambini
Date prove sui vaccini; Non vincerà chi oscura
La libertà di cura; Immunità di gregge
L’ipotesi non regge; Oggi la vaccinazione
Nega la costituzione; e Vaccini per la massa
Così Big Pharma ingrassa.
I barricaderos di queste proteste sono della tempra di Rosario Marcianò, geometra nato nella provincia di Napoli, “specializzatosi attraverso un’autoformazione”, e denunciatore delle scie chimiche lasciate dagli aerei e che avvelenerebbero l’umanità; o dell’imprenditore edile divenuto blogger, Vincenzo Todaro; o del duca Onofrio Carruba Toscano – esponente dei Forconi e presidente dell’Accademia italiana alta scuola equestre. Senza contare il “Patrizio Romano Conte Cavaliere di Gran Croce Prof. Fernando Crociani Baglioni di Serravalle di Norcia”. Scorrono davanti a noi il barbiere di Ferrara Nicola Lodi – soprannominato Naomo – , un Masaniello anti-immigrati; l’agricoltore Danilo Calvani della provincia di Latina, “inseguito dai creditori”; l’estetista Emilia Clementi originaria di Agrigento il cui video “contro i politici fitusi” ha tre milioni e mezzo di visualizzazioni; la 57-enne Katia De Ritis, consigliera comunale di Poggiofiorito (Chieti), vicesegretario nazionale per il Sud d’Italia del partito “Fascismo e Libertà – Socialismo Nazionale”; il 35-enne mental coach Simone Carabella, attivista del comitato No Inceneritore di Albano Laziale; l’ex pittore spagnolo Kiko Argüello e fondatore del Cammino Neocatecumenale; il pediatra omeopata anti-vax di Pescara Massimo Pietrangeli; l’imam della moschea Al Huda di Centocelle Mohamed ben Mohamed; il tabaccaio Franco Birolo di Civè di Corezzola (Padova) che ha sparato a un rapinatore moldavo nel suo negozio. E i titoli di coda per il cast di questa produzione sarebbero ancora lunghi.
In Leonardo Bianchi traspare una sorta di perversione, di voyeurismo politico, di sottile piacere nel riportare le assurdità, i deliri, le frenesie, le idiozie. Ecco un ragazzo di nome Giampiero Belotti partecipare al presidio delle Sentinelle anti-gender vestito da nazista dell’Illinois, con una copia del MeinKampf in mano e un cartello con scritto i nazisti dell’Illinois stanno con le Sentinelle (e il tutto fa tanto Blues Brothers). “Maschi selvatici vs. Checche isteriche” è lo striscione che sventolano i giovani fascisti davanti al liceo Giulio Cesare di Roma. “IMMIGRATI IN CATTEDRA E LEZIONI DI PORNO ALL’ASILO” è un titolo del forbito quotidiano Libero.Tra i post più popolari su Facebook, ecco Cécile Kyenge “negra che ama definirsi ministro”, nonché “ex prostituta clandestina”, o Laura Boldrini: “Fatemi una cortesia: tappatele la bocca! Con un cazzo, con una P38, come vi pare, ma fatelo!”. Sempre tra le pagine Facebook “Non sono bello ma spaccio”, “Io sono Vaginatariano”, “Sesso Droga e Pastorizia“ cui partecipa la modella e showgirl croata Nina Moric. La pagina “Sinistra Cazzate Libertà” ha più di centomila fan; “Figli di Putin” 38.000, e “Donald Trump Italian Fan Club” 52.000. Quando, per aver sparato a un rapitore nella sua pompa di Ponte di Nanto, nella bassa vicentina, il 65-enne benzinaio Graziano Stacchio diventa un eroe locale, si moltiplicano i messaggi (Un terrorista in meno/grazie STACCHIO,#siamo tutti benzinai) e sulla parete di un ferramenta di Grisignano di Zocco (Vicenza) il suo ritratto affianca personaggi del calibro di Gandhi, Einstein, Mandela e Che Guevara.
La maggior parte di queste eruzioni si manifesta sotto forma di indignazioni, ultimatum, di “adesso basta”, “la vostra ora è arrivata”, “Solo una manovra dovete fare/ alzare il culo e andare”; “vi manderemo tutti quanti affanculo, e senza auto blu”. La minaccia è sempre profferita da cittadini “al limite della sopportazione” che “non ne possono più”.
Il problema però è che tutti questi proclami roboanti finiscono in bolle di sapone, le manifestazioni oceaniche si riducono a rigagnoletti, le collere furibonde si placano al bar, e tutti sono pronti per un altro sbuffo di rabbia e di indignazione da qualche altra parte. La stessa massa imponente e la molteplicità reiterata del materiale raccolto (ma non catalogato) da Bianchi depotenzia la rabbia che descrive, la sminuisce. Un indizio del perché queste vampate di ira si rivelino così spesso impotenti ce lo rivela lo stesso Bianchi quando racconta del sito Senzacensura che pubblica notizie inventate come nel post “Immigrato violenta bambina di 7 anni. Il padre gli taglia le palle e gliele fa ingoiare”, arrivato a quasi 500.000 visite). Il sito Senzacensuraviene chiuso nel 2015 per“istigazione all’odio”. Ma la cosa più interessante è che il gestore è uno studente ventenne – Gianluca Lipani – di Caltanissetta che ha sempre detto di non provare risentimento per i soggetti di diversa nazionalità. “A suo dire, l’unica motivazione era quella di fare visite e incassare qualche euro dai banner pubblicitari”.
È proprio il caso di dire: “Per un pugno di euro!”.
In definitiva, il libro è diretto essenzialmente contro fascisti, Lega e Movimento 5 stelle, salvo poi in un ultimo capitolo, descrivere come anche il renzismo ora usi contro i grillini le tecniche e i procedimenti che loro usavano contro “la casta”. Così, durante la campagna per il referendum costituzionale, i fautori del Sì auspicato da Matteo Renzi, postavano con particolare trasporto: “Ciucciatevi il calzino Grillini & Leghisti! #iovotosì”; “Io voto Sì perché non voglio un governo Monti che rialza le tasse e fa il cagnolino della Merkel!!!”
Ma ci sono un paio di problemi più seri che riguardano il libro di Leonardo Bianchi, e ambedue hanno a che vedere con il titolo.
In primo luogo, alla fine delle 300, dettagliatissime pagine, non risulta affatto evidente che tutti questi sbuffi di rabbia, conati di vomito, pernacchie mentali al mondo, siano da far risalire al concetto di “gente”. Intanto perché gli stessi fenomeni appaiono anche in società dove non esiste una parola equivalente a “gente”. Così nel mondo anglosassone, dove non si distingue tra gente e popolo, ambedue designati con lo stesso termine: the people, mentre per indicare “la gente qualunque” si usa l’espressione Main street. Lo stesso avviene in Francia, dove la parola les gens esiste ma non è usata in questo senso, e il concetto che più vi si avvicina è “tout le monde”, tanto che l’uomo qualunque è chiamato monsieur tout le monde. E neanche in tedesco die Leute ha questo senso: nel suo significato più generico è Menschen (gli esseri umani). Inoltre fenomeni simili, come l’Uomo Qualunque in Italia o il Poujadismo in Francia sono apparsi indipendentemente dalla categoria di “gente” (la cui connotazione negativa andrebbe pronunciata con tre “g” iniziali).
In secondo luogo, mi sembra che, anche ad accettare la suggestione del “gentismo”, sia necessario ricorrere al metodo galileiano pure nei discorsi politici, e cioè praticare non più il semplice empirismo (la raccolta di dati, episodi, eventi) quanto quelle che Galilei chiamava “sensate esperienze”, cioè esperienze precedute da studio e valutazioni e finalizzate a un’ipotesi: che è poi quel che differenzia un esperimento da un’empiria.
In questo senso dicevo prima che i dati sono stati da Bianchi raccolti ma non catalogati, perché i diversi tasselli (anti-gender, anti-immigrati, anti-vaccini, anti-intellettualismo, dietrologia ecc.) possono essere combinati in configurazioni diverse. E quel che conta e identifica i processi sociali e politici non sono le singole pratiche, bensì le loro costellazioni. Per esempio, curiosamente, alcuni elementi che Bianchi addebita al “gentismo” parafascista erano già stati inclusi da Pierre Bourdieu in una lista di idee dell’“anti-cultura adolescenziale”, ma insieme ad altre idee completamente opposte al machismo sicuritario degli sceriffi del nord-est. Per esempio nella lista di Bourdieu compaiono sia anti-scientismo e anti-vaccinazione che omeopatia (come in Bianchi), però insieme a non violenza, yoga, creatività, omosessualità, danza e simpatia per l’immigrazione che non sono proprio addebitabili a Casa Pound.
Il libro lascia quindi aperto un problema di interpretazione. E questo ci porta alla seconda parte del titolo di Bianchi, Viaggio nell’Italia del risentimento, e quindi al concetto di “risentimento” che qui è dato per scontato e non è mai interrogato. E soprattutto non ci fa capire perché il risentimento non sfocia mai in un esito positivo, ma sempre in uno sbocco reazionario o, al meglio, in nulla.
Ora, come per primo spiega Friedrich Nietzsche, il risentimento ha antiche e nobili origini, addirittura nel Cristianesmo e nella prescrizione “Gli ultimi saranno i primi” (sottinteso: i primi saranno gli ultimi). Ne La Genealogia della morale il risentimento è quella forza potente che spinge gli schiavi a rivoltarsi contro gli uomini nobili e contro il dominio dei valori nobili.
Un passo ulteriore lo fa nel 1912 Max Scheler (Il risentimento nella edificazione delle morali, trad. it., Vita e Pensiero 1975) quando osserva che questo fenomeno non è conseguenza della diseguaglianza economica e sociale di per sé, quanto una caratteristica di quelle società in cui c’è un’aspettativa di uguali diritti: “Perciò il risentimento deve essere più forte in società quali le nostre, in cui diritti approssimativamente uguali (politici e altri) o formale uguaglianza sociale vanno di pari passo con ampie differenze di fatto in potere, proprietà, educazione: mentre ognuno ha il ‘diritto’ di paragonarsi a chiunque altro, in realtà non può farlo. Del tutto indipendentemente dal carattere e dall’esperienza delle persone, una potente carica di risentimento è accumulata dalla struttura stessa della società” (la sottolineatura è mia). Spiega Scheler: “Dobbiamo aggiungere che il fatto che il vendicarsi tende a essere tanto più trasformato in risentimento quanto è diretto contro situazioni durevoli che sono percepite come ‘offensive’ ma al di là del proprio controllo – in altro parole, quanto più l’offesa è vissuta come una fatalità”.
E’ per questo che il risentimento assume spesso le forme di una “paranoia” che, secondo il libanese-australiano Ghassan Hage, “descrive una tendenza a percepire minacce dove non ce n’è nessuna, o se ce n’è una, a gonfiarne la capacità di nuocerci” (Against Paranoid Nationalism: Searching for Hope in a Shrinking Society, Merlin Press, London 2003).
Per dirla con Pierre Bourdieu, il risentimento è alimentato non tanto dalla situazione in cui versa un soggetto, quanto dalla delusione rispetto alle sue aspettative, al “declassamento rispetto ad attese immaginarie”: “Il risentimento è una rivolta sottomessa. La delusione, per l’ambizione che tradisce, costituisce una confessione di riconoscimento. Il conservatorismo non si è mai lasciato ingannare: sa vedere nel risentimento il migliore omaggio reso all’ordine sociale, quello del dispetto e dell’ambizione frustrata” (Le règles de l’art, Seuil, Paris 1992). Altrimenti non si spiegherebbe perché lo sbocco del risentimento sia sempre, sotto una forma o nell’altra, una riconferma dell’esistente (e perché l’indignazione sia, tutto sommato, un sentimento così futile). Come dice una pagina Facebook citata da Bianchi e gradita a migliaia di persone: “Se ti fai un’altra birra la prima non s’incazza”.
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