Fermiamo l’attacco alla memoria di Peppino Impastato

MicroMega

Preg.ma Redazione di Micromega,

Ci sono date che non hanno bisogno neanche di esser accompagnate dall’anno perché sfuggono alla classificazione del tempo e si erigono a memoria. Quelle date troppo spesso il tragico potere di evocare immediatamente delle immagini e di richiamare dolorose memorie per gli affetti perduti.

Mentre gli Stati Uniti celebrano il loro mortale giorno della memoria in Italia subiscono feroce attacco il valore della lotta contro la mafia e la memoria di Peppino Impastato.

Sembra di assistere ad un attacco programmato da tempo e che si muove quasi ad orologeria, come le bombe che falcidiarono Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, i loro agenti di scorta e ancor prima tanti magistrati e rappresentanti delle forze dell’ordine. Bombe che provocarono la morte di tanti innocenti tra la primavera e l’estate del 1993 a Roma, Milano e Firenze. Tutto il territorio nazionale è unito all’insegna delle bombe che hanno scandito il tempo della nostra repubblica.

Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi vorrebbe relegarle a fatti lontani e far passare l’immagine di magistrati che si dedicano più all’archeologia che alla ricerca della verità per dare giustizia alle vittime di quelle stragi.

Anche Peppino Impastato fu vittima in ugual misura di una bomba. Venne assassinato la notte tra l’8 e il 9 maggio 1978 dalla mafia che mal digeriva l’esempio di lotta intransigente alla mafia, di coraggio, di rottura dei legami di sangue e del muro di omertà eretto dinanzi ai loschi affari della mafia che ogni giorno egli diffondeva attraverso la radio libera e autofinanziata Radio Aut. Se il suo corpo fu straziato dalla carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia, il suo esempio di intransigenza contro la mafia venne soffocato dalla stampa, dalle forze dell’ordine e dalla magistratura che prima frettolosamente parlarono di atto terroristico, in cui l’attentatore sarebbe rimasto vittima e successivamente di suicidio, dopo la scoperta di una lettera scritta in realtà molti mesi prima. La concomitante scoperta del corpo senza vita del presidente della DC Aldo Moro in via Caetani a Roma fece il resto riuscendo a far passare la mattina seguente quasi inosservata la notizia della sua morte. Era in corso a Cinisi, suo paese di nascita, la campagna elettorale per le elezioni comunali e Peppino era candidato nelle liste di Democrazia Proletaria. Pochi giorni dopo la sua morte, gli elettori di Cinisi ebbero un sussulto di dignità sociale e votarono il suo nome, riuscendo ad eleggerlo, simbolicamente, al Consiglio comunale di Cinisi.

Oggi la sua memoria, l’esempio di coraggiosa lotta contro la mafia, contro tutte le mafie è nuovamente in pericolo. È di questi giorni la notizia che Cristiano Aldegani, nuovo sindaco leghista di Ponteranica, in provincia di Bergamo, ha fatto rimuovere la targa voluta un anno e mezzo prima dal suo precedessore per dedicare la biblioteca civica a Peppino Impastato.

La decisione adottata è stata giustificata dal primo cittadino del paese lombardo dalla necessità di valorizzare personalità locali, come il sacerdote Giancarlo Baggi, al quale sarà presto ridedicata la

biblioteca.

Noi non abbiamo nulla contro la memoria del sacerdote Giancarlo Baggi e siamo sicuri che egli, da pastore di anime e da nemico di ogni male che affligge gli indifesi si sarebbe schierato in difesa della memoria di Peppino Impastato.

Noi però crediamo che sia in atto, mascherata da ragioni di campanilismo, un tentativo di rimozione collettiva dei valori della lotta alla mafia e per questo desideriamo rompere il silenzio che nuovamente si vuol far scendere quale nero sipario sulla memoria di Peppino Impastato.

Mi rivolgo a voi per continuare questa battaglia in difesa dei valori dell’antimafia. Per trarre forza da questo undici settembre italiano in cui vogliono gettare la memoria di coloro che la mafia l’hanno combattuta a costo della propria vita.

Giuseppe D’Urso

(11settembre 2009)



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