Finalmente MaXXI

Mariasole Garacci

Dopo tredici anni di gestazione attraverso otto governi e sei ministri dei Beni Culturali, è stato inaugurato a Roma il Museo nazionale delle arti del XXI secolo progettato da Zaha Hadid. Una lunga storia e le promesse per il futuro.

Bersaglio dei barbari e prevenuti comunisti che controllano la cultura e l’opinione pubblica italiane, la vita di Sandro Bondi, illuminato apostolo della rivoluzione neo-liberale del Messia di Arcore, non deve essere facile: quando in occasione dell’affollata conferenza stampa dell’inaugurazione del MaXXI ha esordito dichiarando: “Rivendico all’attuale governo il merito di aver portato a compimento il primo museo delle arti del XXI secolo”, il pacifico ministro della Cultura è stato accolto da uno sonoro coro di proteste da parte del pubblico composto da centinaia di giornalisti, architetti, curatori.

Uno scroscio di “buuu” e commenti sarcastici, lo sguardo indignato di Vittorio Sgarbi balzato in piedi e pronto al combattimento che percorre la platea vociante. Ma Bondi ha proseguito rivolgendosi cavallerescamente anche alla Melandri presente in sala: “Desidero riconoscere il ruolo essenziale che hanno avuto i governi precedenti con i loro ministri dei Beni culturali” -sospiri di sollievo e applausi- “e questo lo avrei detto comunque se mi aveste fatto parlare, e vi sareste risparmiati una figuraccia”.

L’intervento è continuato con una riflessione sul rapporto tra cultura e potere sulla traccia dell’art pour l’art (libero pensiero in libero stato?) e dell’autonomia dell’intellettuale (però!).
In effetti il MaXXi ha molti padri, ed è il risultato di un lungo, annoso impegno nel quale più amministrazioni si sono susseguite. Il percorso di questo progetto, si può dire, accompagna un piccolo pezzo di storia italiana. Nel 1997 Veltroni, allora ministro dei Beni e le Attività Culturali e vicepresidente del governo Prodi I, concepì l’idea di un centro polifunzionale per il contemporaneo.

Vale ricordare che l’arte contemporanea cominciava in quegli anni a sollevare un interesse istituzionale, se pensiamo che nel 2001 nasceva l’autonoma ‘Direzione generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanee’ (DARC), poi migrata con la riforma del Ministero per i beni e le attività culturali in vigore dal luglio 2009 nella nuova ‘Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e le arti contemporanee’ (DGPaBAAC) e oggi guidata da Mario Lolli Ghetti. Alla Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma spettò il compito di bandire nel 1998 il concorso internazionale per la realizzazione di un Centro Nazionale per le Arti Contemporanee, vinto l’anno successivo, tra 273 candidati, dall’architetto anglo-iracheno Zaha Hadid.

Nel marzo 2003 – e siamo al Berlusconi II – fu la posa della prima pietra, ministro dei Beni e le Attività Culturali Giuliano Urbani, poi sostituito da Rocco Buttiglione; è a questo punto che la realizzazione del cantiere passa sotto le competenze del Ministero delle Infrastrutture. Grandi problemi finanziari hanno tormentato la realizzazione del progetto e, anche considerando il momento di grave crisi economica in cui la nuova, esosa istituzione comincia oggi ad operare, il futuro non promette rose e fiori.

In tale congiuntura si è deciso di affidare la gestione del museo-fabbrica ad una fondazione, la ‘Fondazione MaXXI’ appunto, nata nel luglio 2009 e presieduta da Pio Baldi. Una forma di governance suscettibile di creare qualche perplessità, ma che si spera capace di attirare autonomamente finanziamenti privati con politiche di fund raising sul modello estero e di alimentarsi con donazioni, comodati, partnership con aziende interessate ad un ritorno di immagine. Di vitale importanza, per ora, lo start-up di 6,8 milioni di euro promesso da Bondi.

A Roma è il momento dell’arte contemporanea (sempre in questi giorni è stato presentato il Macro di Odile Decq) e l’idea è di animare -insieme con l’Auditorium e il nuovo museo comunale diretto da Luca Massimo Barbero- un circuito specifico sull’arte contemporanea, mentre si prospetta un rapporto di collaborazione con i grandi poli del Tate Modern, MoMA e Reina Sofia. Intanto, con quattro mostre e tre giorni di inaugurazione fino alla definitiva apertura il 30 maggio, il debutto del museo è accolto da un grande interesse da parte del pubblico.

Ma le polemiche sul piccolo gigante di Zaha Hadid, costato in tutto la bellezza di 150 milioni di euro e nato già vecchio in termini di sostenibilità ambientale, non si pacificano. Una tra tutte, quella sulla prepotente autoreferenzialità di questo edificio. Una creatura viva e naturalisticamente organica; un’opera simbolica, come dichiara la Hadid, “a cavallo tra astrattismo e studio degli spazi fluidi” e ispirata all’idea del recupero della tradizione barocca romana di creare luce dallo spazio, di costruire spazio con la luce.

Proprio per questo e per la sua disarmante bellezza, secondo alcuni, non un’architettura in grado di ospitare le opere d’arte ma un’opera d’arte che esige il vuoto. E in realtà proprio l’allestimento di una delle mostre inaugurali, la retrospettiva su Gino De Dominicis (ma perché proprio lui?) curata da Achille Bonito Oliva, non rende giustizia alle potenzialità espositive del museo, all’ultimo inutilmente mortificando la spazialità peculiare dell’edificio in un assetto poco originale e sacrificato laddove nella incantevole sala aggettante dell’ultimo piano si è deciso di esporre le opere in un asfittico dedalo di pareti posticce, estranee allo spirito del progetto.

Tutt’altro che un segnale dell’inadattabilità dell’edificio alle esigenze museali, però: il MaXXI è bellissimo e funzionerà, se sfruttato con coraggio e libertà. Lo suggeriscono la felice integrazione con l’architettura della scultura creata ad hoc da Anish Kapoor –Widow-, l’allestimento didattico di Studio Azzurro e la mostra su Luigi Moretti al piano terra. E soprattutto il Museo nazionale delle arti del XXI secolo è il luogo ideale e simbolico del dialogo con il nostro spazio cittadino: concepito in una dimensione non volumetrica, come un sistema di fasci di linee che accompagna e rileva l’assetto urbano scaturendo naturalmente dal quartiere in un flusso dinamico e direzionato.

Le novità del MaXXI e del Macro -insieme con la fiera The Road to Contemporary Art che dal 27 al 30 maggio ha ospitato 67 gallerie italiane ed estere- vengono ora celebrate, con necessario e sano ottimismo, come la nascita nella capitale di un circuito delle arti contemporanee di respiro internazionale. Questo si vedrà, le basi sono state gettate.

MaXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo
Roma – Via Guido Reni, 4A
Orario: da martedì a domenica 11.00-19.00; giovedì 11.00-22.00
www.fondazionemaxxi.it

(30 maggio 2010)

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