Fine vita, la legge dei senatori Pd non risponde alle sollecitazioni della Consulta
Filomena Gallo
(Segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e Coordinatrice del collegio difensivo di Marco Cappato) e Mario Riccio (anestesista e medico di Piergiorgio Welby), da associazionelucacoscioni.it
A seguito della sollecitazione della Corte costituzionale sul caso Cappato/DJ Fabo, il Capogruppo del Partito Democratico al Senato Andrea Marcucci ha presentato un disegno di legge sul tema del fine vita, con l’obiettivo di tutelare il diritto della persona capace di intendere e di volere che decida di porre fine alle proprie sofferenze.
Se da una parte apprezziamo la tempestività della proposta, dall’altra dobbiamo notare che il disegno di legge Marcucci non è la risposta a quanto sollecita la Corte Costituzionale con ordinanza n. 207 del 2018. Non affronta il tema dell’assistenza alla morte volontaria, limitandosi a diminuire le pene, e rischia di sovrapporsi alle norme già esistenti in tema di cure palliative e interruzione delle terapie.
Partiamo dal fatto che la proposta di legge Marcucci non affronta il nodo centrale della questione, cioè l’introduzione di una normativa che regoli l’assistenza al suicidio e/o l’eutanasia. Su questo, si ricorda che nella decisione n.270/18 della Corte costituzionale viene sottolineato che il divieto per il medico di farsi carico di richieste come quella di Fabiano Antoniani impone al malato di subire un processo “più lento, in ipotesi meno corrispondente alla propria visione della dignità nel morire e più carico di sofferenze per le persone che gli sono care”.
La Corte costituzionale censura quindi l’assolutezza del divieto dell’art. 580 c.p., affermando che “se il cardinale rilievo del valore della vita non esclude l’obbligo di rispettare la decisione del malato di porre fine alla propria esistenza tramite l’interruzione dei trattamenti sanitari […], non vi è ragione per la quale il medesimo valore debba tradursi in un ostacolo assoluto, penalmente presidiato, all’accoglimento della richiesta del malato di un aiuto che valga a sottrarlo al decorso più lento – apprezzato come contrario alla propria idea di morte dignitosa – conseguente all’anzidetta interruzione dei presidi di sostegno vitale”.
Allo stesso tempo, la Corte constata che “il divieto assoluto di aiuto al suicidio finisce, quindi, per limitare la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarlo dalle sofferenze, scaturente dagli artt. 2, 13 e 32, secondo comma, Cost.”
Sono, quindi, violati dall’art. 580 c.p. i principi costituzionali scolpiti negli artt. 2, 13, 32 Cost., giacché viene illegittimamente compressa la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, comprese quelle volte a liberarlo definitivamente dalle sofferenze, nonché l’ulteriore principio della dignità umana, di cui all’art. 3 Cost.
Una volta accertata la violazione di tali parametri costituzionali, la Corte ritiene però necessario introdurre una disciplina ad hoc, che, oltre a escludere la rilevanza penale delle condotte di agevolazione al suicidio nei casi sopra delineati, si faccia carico di regolare la materia, individuando le condizioni in presenza delle quali il diritto del malato di liberarsi dalle proprie sofferenze debba essere garantito mediante la somministrazione di un farmaco idoneo a provocarne entro un breve lasso di tempo la morte.
Il disegno di legge Marcucci non include alcuno dei criteri indicati per una norma in materia nell’ordinanza della Corte Costituzionale.
Sono infatti solo diminuite le pene per l’aiuto al suicidio indicando fattispecie di non punibilità eccessivamente vaghe/imprecise, cioè senza indicare in quali condizioni un determinato tipo di malati avrebbe il diritto ad essere aiutato a porre fine alla propria vita. Così facendo, la proposta Marcucci lascerebbe punibile, seppure con una pena più ridotta, l’aiuto fornito ai malati affetti da sofferenze insopportabili nel quadro di una malattia irreversibile che scegliessero di accedere a una iniezione letale per terminare la propria vita.
Non risolvendo dunque la questione della criminalizzazione dell’aiuto alla morte volontaria, ciò che invece la legge Marcucci propone è un intervento sul tema delle cure palliative, senza però prendere in considerazione né lo stato della legge né la giurisprudenza.
In sostanza, la proposta:
– Vorrebbe introdurre come novità un nuovo campo applicativo della sedazione palliativa continua profonda, in verità già applicato nella pratica clinica quotidiana ancor prima della 219/17.
– Ritiene erroneamente necessario modificare la legge n. 38 del 2010 con variazioni comunque in parte già contenute nella 219/17 ed in parte non proprie della 38/2010, che è una sorta di legge quadro che si occupa di aspetti logistico-amministrativi-finanziari della terapia del dolore (istituzioni di centri specifici, distribuzione di fondi, requisiti delle strutture etc etc ) senza neanche mai far riferimento alle indicazioni cliniche applicative della stessa terapia del dolore. In tale legge 38/2010, peraltro, non viene neanche mai citata la sedazione palliativa continua profonda.
Sottolineiamo che, alla luce di giurisprudenza consolidata in affermazione di tutele costituzionali fondamentali, alla luce della recente legge sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento e della norma precedente sulle cure palliative, un malato può già chiedere la sospensione dei trattamenti sanitari, il distacco da macchinari vitali, il rifiuto di trattamenti vitali, previa sedazione palliativa profonda senza più dover ricorrere ad un tribunale.
Non esiste già adesso alcun limite all’applicazione della sedazione palliativa continua profonda e alla sospensione o non inizio di una terapia anche se salvavita (principio già affermato nelle sentenze Welby ed Englaro).
Ricordiamo in particolare l’ultima decisione in materia prima della legge 219 del 2017: il giudice tutelare Maria Luisa Delitala del tribunale di Cagliari che ha accolto con sentenza del 16 luglio 2016 la richiesta di interruzione delle terapie (compresa la ventilazione artificiale) presentata da Walter Piludu, affetto da SLA, affermando la responsabilità del Servizio Sanitario Nazionale di prendere in carico il malato affinché fosse protetto dalle sofferenze connesse alla sospensione delle terapie di sostegno vitale tramite sedazione. Walter Piludu, già Presidente della provincia di Cagliari, chiedeva da tempo, tramite direttive anticipate e la nomina di un amministratore di sostegno, la sospensione di ogni trattamento sanitario per potersi congedare secondo quella che lui stesso riteneva la propria dignità. Walter Piludu è deceduto il 3 novembre, proprio nel rispetto delle sue volontà come richiesto dal giudice.
Da notare anche che l’articolo 2 della proposta Marcucci è in piena violazione della giurisprudenza costituzionale consolidata, che prevede che il medico, con il consenso del paziente, opera le opportune scelte teraputiche. Non è dunque il legislatore che deve approfondire o definire l’ambito diagnostico terapeutico di una condizione clinica!
MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.