Gianfranco Fini (An) – Presidente della Camera dei deputati
Anagrafe Nato a Bologna il 3 gennaio 1952.
Curriculum Laurea in Psicologia; giornalista; segretario del Fronte della Gioventù dal 1977, segretario del Msi nel 1987, viene spodestato da Pino Rauti nel 1990; nel 1991 Fini torna segretario; nel 1993 si candida a sindaco di Roma ma viene sconfitto da Rutelli al ballottaggio; nel 1995 scioglie il Msi e, nel congresso di Fiuggi, fonda Alleanza nazionale abiurando al fascismo e diventando presidente del nuovo partito; nel 2001 è vice-premier e poi anche ministro agli Esteri (dal 2004) del governo Berlusconi-2; 7 legislature (1983, 1987, 1992, 1994, 1996, 2001, 2006).
Segni particolari Scarsa capacità di scegliere e di controllare i suoi più stretti collaboratori e famigliari. A cominciare dalla moglie Daniela Di Sotto, in affari nel mondo delle cliniche private del Lazio grazie alla benevolenza dell’amico governatore Francesco Storace.
Per non parlare, poi, del portavoce Salvo Sottile, coinvolto nello scandalo di Vallettopoli per i «colloqui» molto particolari con le starlet direttamente nel suo ufficio alla Farnesina. Polemiche anche sulla scarsissima coerenza mostrata da Fini: partecipa al Family Day, mentre la sua nuova compagna già aspetta da due mesi un bambino da lui, ancora ufficialmente sposato con Daniela (che gli aveva già dato una figlia). Memorabili, poi, le sue giravolte su Mani Pulite e sui magistrati anticorruzione e antimafia. Ecco quel che dichiarava Fini nei primi anni Novanta:
A Milano occorre mandare a casa il governissimo dei ladroni, il «ladronissimo» Dc-Psi-Psdi che ha inquinato la Pubblica amministrazione milanese (3 maggio 1992).
Otto proposte di legge, raccolta di firme in appoggio alle Liste Di Pietro, azione di denuncia da parte di tutti i rappresentanti missini contro la collusione tra politica e malaffare (Ansa, 12 maggio 1992).
Evidentemente [con i corsivi dell’«Avanti!» contro Di Pietro, nda], il Psi sta preparando il terreno per delegittimare pesantemente l’inchiesta in vista di altre retate. Potrebbe essere arrivata l’ora di Bobo Craxi? («La Stampa», 27 agosto 1992. Risposta di Bobo Craxi: «Questo signor Fini non è altro che un volgare mestatore che scambia la diffamazione per politica»).
La scomposta reazione di Bobo Craxi alla nostra nota dimostra che abbiamo colto nel segno: sostenere che i corsivi dell’«Avanti!» siano mossi dal panico che l’inchiesta milanese sulle tangenti individui uomini al vertice della cupola politico-affaristica nel ristrettissimo entourage familiare della segreteria socialista, è infatti molto più verosimile che insinuare gratuitamente che il dr. Di Pietro agisca per motivi diversi da quelli giudiziari. Se Bobo Craxi vuole trovare qualche volgare calunniatore, non deve scomodarsi a cercarlo fuori dall’ambito dei suoi amici di partito. Anche lui dovrebbe sapere che quando si è presi con le mani nel vaso della marmellata è inutile tentar di nascondere le mani e ancor più chiamare in soccorso papà (Ansa, 27 agosto 1992).
L’avviso di garanzia a Craxi non è solo la fine di un leader, ma anche la fine ingloriosa di un regime in cui i segretari dei partiti di governo hanno accumulato negli anni più potere di qualsiasi dittatore. La scelta dei pm di Milano di emettere l’avviso di garanzia all’indomani delle elezioni amministrative dimostra che la magistratura milanese non fa politica, contrariamente a quanto sostenuto proprio dal segretario socialista (Ansa, 15 dicembre 1992).
Che nella vergogna della questione morale sprofondi Craxi, è giusto; che presumano di rimanere fuori i segretari della Dc, del Pds e del Pri è ridicolo (Ansa, 14 gennaio 1993).
L’avviso di garanzia ad Andreotti per concorso esterno in associazione mafiosa è la fine del regime: lo dimostra l’autentico boato che ha salutato la notizia da me data alle migliaia di veronesi che affollavano il mio comizio. I giudici si stanno muovendo su indicazioni convergenti di alcuni pentiti, come dimostrano anche gli analoghi casi di Gava, Misasi e Cirino Pomicino. Pare proprio che il sistema si reggesse sulle tangenti e sulle organizzazioni criminali (27 marzo 1993).
Ormai mi sento a disagio nel frequentare questo Parlamento: chiederò ai gruppi parlamentari missini di valutare l’opportunità di non partecipare più ai lavori della Camera e del Senato. L’avviso di garanzia ad Andreotti per fatti di mafia e le stesse notizie su Gava segnano la fine ingloriosa del regime e dimostrano inequivocabilmente la delegittimazione delle Camere. A questo punto occorre chiedersi che senso ha restare in Parlamento ed è una valutazione che tutte le opposizioni dovrebbero cominciare a fare (Ansa, 28 marzo 1993).
Il suicidio di Gardini è la fine del regime. A questo punto è difficile credere che certi suicidi siano motivati solo dalle compromissioni nelle inchieste sulle tangenti. Bisogna verificare se c’è dell’altro, e di ben più grave. Se la politica sia alleata con la mafia e la camorra, chi può escludere compromissioni e patti di sangue tra finanza e malavita? (Ansa, 23 luglio 1993).
Le inchieste su Dell’Utri e Publitalia? Non credo a un complotto politico della magistratura (13 marzo 1994 ).
La gente i tangentisti li vuole in galera (5 giugno 1994 ).
Sono lieto che Di Pietro abbia detto di aver indagato in tutte le direzioni, io non ne avevo mai dubitato» («la Repubblica», 30 ottobre 1994 ).
Si è esaurito il pool, non Mani Pulite. Dico di più. Sono contrarissimo ad ogni forma di amnistia: si facciano i processi, solo così si potrà stabilire la verità. La magistratura ha un compito importante, la repressione. La prevenzione spetta invece alla politica. È il parlamento che deve dare nuove leggi, nuove regole capaci di bloccare ed evitare Tangentopoli. Spetta infine alla stampa tenere viva la questione («La Stampa», 9 aprile 1995 ).
Io Di Pietro l’ho sempre stimato (2 settembre 1995).
Dobbiamo allargare il Polo a personaggi come Di Pietro (30 novembre 1995).
Sono pronto a incontrare Di Pietro per un colloquio chiarificatore (12 dicembre 1995).
La mia sincera soddisfazione per il proscioglimento di Di Pietro deriva dal fatto che questa decisione dimostra l’integrità morale dell’uomo e del magistrato (20 marzo 1996 ).
Assenze 2465 su 4875 (50,6%).
Frase celebre «Il nuovo partito fondato da Berlusconi in piazza San Babila? Comportarsi nel modo in cui sta facendo Berlusconi non ha niente a che fare con il teatrino della politica: significa essere alle comiche finali. Da queste mie parole, volutamente molto nette, voglio che sia a tutti chiaro che, almeno per quel che riguarda il presidente di An, non esiste alcuna possibilità che An si sciolga e confluisca nel nuovo partito di Berlusconi… Berlusconi con me ha chiuso, non pensi di recuperarmi, io al contrario di lui non cambio posizione. Se vuole fare il premier, deve fare i conti con me, che ho pure vent’anni di meno. Mica crederà di essere eterno… Lui a Palazzo Chigi non ci tornerà mai. Per farlo ha bisogno del mio voto, ma non lo avrà mai più. Mai. Si faccia appoggiare da Veltroni » (18 novembre 2007 ).
«Abbiamo vissuto l’epoca berlusconiana con un certo qual disagio (…). Le vignette che lo rappresentavano come uno scodinzolante cagnolino intorno a Bush hanno fatto il giro del mondo (…). Non si sottovaluti la portata di queste sue celebri gaffes internazionali» («Il Secolo d’Italia», 23 novembre 2007 ).
«Il Cavaliere ha distrutto la Cdl, e ora dovremmo bussare alla sua porta con il cappello in mano e la cenere in testa? Non siamo postulanti. Io tornare all’ovile? Sono il presidente di An, non una pecora» (16 dicembre 2007 ).
«Condivido la proposta di Berlusconi di dare al popolo del 2 dicembre, al Popolo della Libertà, un’unica voce in Parlamento. È una pagina storica della politica italiana: il 13 aprile nascerà un nuovo grande soggetto politico ispirato ai valori del Partito popolare europeo e quindi alternativo alle sinistre. Mi auguro che gli amici dell’Udc vogliano scrivere questa importante pagina assieme a noi» (8 febbraio 2008).
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