Firenze, si estende la protesta

MicroMega

di Cinzia Sciuto, inviata a Firenze

«Finalmente dopo anni di individualismo sfrenato, in cui ciascuno guardava esclusivamente al proprio orticello e pensava solo alla propria carriera, si è riscoperta la dimensione collettiva». E’ questa la novità principale di questo movimento, secondo Alberto Di Cintio, rappresentante dei ricercatori dell’Università di Firenze. «In questa città», racconta, «noi ricercatori non ci eravamo mai visti prima, mai un’assemblea, mai una riunione. Oggi invece abbiamo creato addirittura un coordinamento». Qui a Firenze la mobilitazione è partita proprio da loro, quella figura né carne né pesce dell’università: dovrebbero essere pagati soprattutto per fare ricerca, ma in realtà spesso sono titolari di corsi al pari dei docenti ordinari e associati. Una sorta di «terza fascia» di professori di fatto, talvolta assimilata ai docenti (vengono tenuti nel conto, per esempio, quando si devono creare nuovi corsi di laurea e c’è bisogno di un numero minimo di docenti), più spesso lasciata per anni in un limbo in attesa di un concorso. I ricercatori non sono tenuti a fare lezione, ma molto spesso una grossa fetta dei corsi sono affidati a loro. E i ricercatori di Firenze hanno puntato proprio su questo cavillo per inventarsi una protesta del tutto «regolare», rifiutandosi di tenere lezione. La protesta dei ricercatori ha trovato una sponda nei colleghi titolari di cattedra, che non hanno dato la loro disponibilità a sostituirli nei corsi. L’iniziativa è stata decisa lo scorso luglio, durante l’approvazione della legge finanziaria, nel silenzio generale. «Una volta che la mobilitazione si è poi estesa agli studenti e alle scuole elementari e superiori», continua Di Cintio, «in alcune facoltà i ricercatori, anche su richiesta degli studenti, hanno deciso di riprendere a tenere i corsi, mentre altre, come Scienze e Farmacia, a tutt’oggi hanno grosse difficoltà perché la didattica dei ricercatori è ancora bloccata». Insomma, col passare delle settimane le forme di mobilitazione si diversificano ma, assicura Di Cintio, «il 90 per cento dei ricercatori è decisamente favorevole a continuare la mobilitazione, anche perché siamo tra le categorie più colpite: i tagli ai finanziamenti ci tolgono i soldi per le nostre ricerche e il blocco del turn over significa per la maggior parte di noi non pter andare avanti nella carriera universitaria».
E la fantasia non manca neanche agli studenti. La facoltà di Architettura è un vulcano di idee. «Abbiamo deciso di non bloccare la didattica», spiega Antonio Vagni, del collettivo Ark, «perché la maggior parte degli studenti, pur condividendo la protesta contro la legge 133, non voleva rinunciare ai corsi». E allora, in totale accordo con il Consiglio di facoltà, si è deciso di tenere aperta la facoltà per un giorno a settimana, a rotazione, fino a sera, affidandola ad una sorta di cogestione studenti-docenti, e di dedicare quella giornata al lavoro di commissioni, all’organizzazione di eventi, seminari, mostre, workshop, notti bianche, nel tentativo di coinvolgere anche le altre facoltà e le scuole. Un modo per coinvolgere soprattutto gli studenti non militanti. Le idee non mancano. «Il nostro obiettivo», spiega Antonio, «è di aprirci alla città. Firenze sta diventando una città-museo, esclusivamente per turisti. Noi che studiamo architettura sappiamo bene quanto gli spazi
influiscano sulle relazioni sociali ed è per questo che vogliamo, per un verso aprire la nostra facoltà alla cittadinanza e, per l’altro, di uscire noi per le strade e le piazze della città». Hanno in animo, per esempio, di organizzare un «Controfestival» della creatività, in polemica con quello che si è appena svolto alla Fortezza da Basso, che, secondo Antonio, «era sostanzialmente un museo, in cui uno non poteva fare altro che guardare le opere esposte e per di più quest’anno per poter esporre bisognava anche pagare. Altro che creatività!». Insomma, la protesta contro la 133 e il decreto Gelmini si sta tirando dietro moltissime altre questioni e potrebbe diventare il detonatore di un diffuso malcotento sul funzionamento dell’Università. E soprattutto sta coagulando attorno a sé il consenso di tutto il mondo scolastico e universitario, con delle differenze certamente, ma senza la classica contrapposizione docenti-studenti. Qui a Firenze pressoché tutti i consigli di facoltà hanno approvato dicumenti che contestano i provvedimenti del governo. E in qualche caso si è fatto anche un passo in più. Il preside della Facoltà di Economia, Giampiero Nigro, ha annunciato oggi sulle pagine fiorentine di Repubblica che il consiglio di facoltà ha proposto ai sindacati e al governo dell’ateneo «una piccola e temporanea riduzione degli stipendi dei docenti per reperire le somme necessarie ad assumere un gruppo di ricercatori la cui presa di servizio è stata rinviata».
Oggi era il giorno della grande manifestazione nazionale a Roma, indetta dai sindacati del settore scuola. A Firenze qualche migliaio di studenti, docenti, genitori hanno partecipato ad un corteo cittadino, ma moltissimi sono andati direttamente a Roma: sono partiti 30 pullman autorganizzati dagli studenti, tanti quanti quelli previsti dai sindacati. Un dato che la dice lunga sulla voglia di manifestare il proprio dissenso. Con buona pace di Berlusconi e della sua corte.

(31 ottobre 2008)



MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.