Flavio Tosi, sindaco di Verona, città del Vaticano
di Michele Martelli
Immortalato di recente, con tanto di foto-ricordo, da un paginone dello storico “Giornale” di famiglia. Flavio Tosi, il sindaco leghista di Verona, in segno di protesta contro la sentenza della Corte europea di Strasburgo, si è lasciato fotografare nel suo ufficio, con alle spalle il ritratto di Benedetto XVI sovrastato dal crocifisso, dopo aver staccato dalla parete l’immagine del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Ho messo il papa e sopra il papa il crocefisso perché questi sono i simboli dei valori in cui profondamente credo»; «nessuno di noi oserebbe mai staccare il crocefisso dalla casa dove vive».
Ma il Municipio di Verona è casa privata di Flavio Tosi, o casa comune dei cittadini di Verona? A casa sua, Tosi può appendere il simbolo di ciò che vuole, ma nel Palazzo comunale, che è casa dei veronesi, no. Tosi confonde privato e pubblico, religione e politica, Chiesa e Stato. Come Berlusconi, che agita il crocifisso contro la Corte di Strasburgo. Bisogna aspettarsi che anche il premier, a Palazzo Chigi, ripeta il gesto di Tosi? che, escluso dalla Perdonanza aquilana, voglia così ottenere in altro modo il perdono di Bertone?
C’è da chiedersi se Tosi crede di vivere nell’Italia laica e repubblicana, o in un’altra Italia, un’Italia teocratica, clerical-vaticana. Se il suo capo di Stato sia Napolitano o Ratzinger. Se la sua Verona sia città italiana, o colonia papale. E se infine il suo croce-leghismo non sia oggi una intollerabile offesa alla Costituzione democratica. E ai cittadini italiani. Quanti sono i veronesi non credenti o non cattolici? Quanti nella stessa Lega padana i non cattolici? E quanti tra i cattolici, leghisti o non leghisti, si riconoscono nel prode gesto di Tosi? Un sindaco, poniamo, comunista dovrebbe appendere nel suo ufficio Falce-e-martello, simbolo dei valori in cui crede? O se di altra fede, magari sportiva, il simbolo di quella fede?
La democrazia è pluralismo, rispetto delle minoranze e del dissenso, fosse anche uno solo il dissidente, il diversamente pensante. Il sindaco di Verona è stato eletto a maggioranza; ma chiunque, una volta eletto, è sindaco di tutti, non di una parte. La maggioranza che ha eletto Tosi non gli dà il diritto, anzi l’arbitrio, di prevaricare sugli altri. Il governo della maggioranza non è la dittatura della maggioranza. Perciò l’uomo pubblico, in democrazia, non esibisce simboli di parte. Negli spazi istituzionali, l’unico simbolo è la Costituzione.
Chissà perche non si organizzano corsi obbligatori di studio della Costituzione e di formazione alla cittadinanza democratica anche per gli amministratori!
(16 novembre 2009)
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