Quell’ipocrita omelia al funerali degli alpini

Vittorio Bellavite

, portavoce nazionale di “Noi Siamo Chiesa”

“Mentre il dubbio sulla presenza di tremila militari italiani in Afghanistan è presente da tempo nell’opinione pubblica e finalmente si sta diffondendo anche in Parlamento, l’Ordinario militare Mons. Vincenzo Pelvi, nell’omelia durante i funerali dei quattro alpini, ne ha dette di tutte. Essi sono “profeti del bene comune, decisi a pagare di persona per ciò in cui hanno creduto e per cui hanno vissuto a servizio dei deboli e degli emarginati”.

E ancora: “Nessuno può restare neutrale o affidarsi a giochi di sensibilità variabili che indeboliscono la tenuta di un impegno così delicato per la sicurezza dei popoli. I nostri militari si nutrono tutti della forza delle nostre convinzioni nella consapevolezza di una strategia chiara e armonica”. Per Pelvi la società civile dovrebbe sostenere in “maniera più concreta ed esplicita” i nostri militari e le loro famiglie.

Ma Pelvi non è da solo, l’”Avvenire” lo segue a ruota e la Presidenza della CEI ha detto che gli alpini svolgevano il loro lavoro “a servizio della pace”.

Tutti i veri pacifisti, soprattutto quelli che si ispirano all’Evangelo, hanno il dovere di gridare ad alta voce che il re è nudo, che, cioè, in Afghanistan i militari italiani, in palese violazione dell’art. 11 della Costituzione, partecipano a una guerra, non difensiva ma offensiva, in cui i conclamati propositi di aiuto alla società civile sono di fatto una foglia di fico che non serve più da tempo a nascondere la realtà. Si tratta di una guerra brutale come sempre pagata dai più deboli che sono le vittime civili, e i militari che vi muoiono non sono eroi ma solo nostri fratelli caduti sul lavoro come tanti, ogni giorno, nei nostri cantieri e nelle nostre fabbriche.

(13 ottobre 2010)

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