Gelminator, ministro della Pubblica Distruzione

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“Gelminator”. Neologismo creato dagli studenti in rivolta contro la ministra Gelmini; parola composta e contratta, formata da Gelmini e Sterminator. Rende perfettamente il piano di graduale distruzione della scuola pubblica, di ogni ordine e grado, dalle elementari all’Università, messo in atto dalla ministra e dal governo Berlusconi. Tagli tagli tagli. La ministra? Simile ad una cattiva, maldestra sarta che tagliando tagliando danneggia e storpia il vestito a cui mette mano. Qualcuno ha paragonato la scuola pubblica ad un salame furiosamente affettato. A forza di affettarlo… non rimane più nulla! Il ministero dell’Istruzione? La macelleria della scuola pubblica, non l’organismo supremo della sua promozione e sviluppo. 87.000 posti di insegnanti in meno, con maestra unica e i precari da espellere. 8 miliardi di euro in meno. Chiusura degli istituti (in totale 4.000) con meno di 50 alunni. Riduzione drastica del turn over. Drastica riduzione di risorse all’Università. Grembiule anni Cinquanta per gli scolaretti. E voto in condotta. Senza contare l’introduzione leghista, e razzista, di «classi differenziali» per bambini immigrati. Ecco le misure antiscuola di Gelminator in attesa di definitiva approvazione. Ah, se l’opposizione fosse opposizione, facendo da sponda istituzionale al malcontento diffuso! Così diffuso che perfino le mamme delle elementari partecipano con i figli al «No Gelmini night & day», con fiaccolate, cortei, assemblee e occupazioni di scuole.
Adesso si è capito perché Berlusconi III ha soppresso sin dall’inizio del suo mandato i due precedenti ministeri dell’ex governo Prodi: quello dell’Università e della Ricerca scientifica, e quello della Pubblica Istruzione. E ne ha creato a sorpresa altri due: il ministero della Cultura berlusclonata (forse in previsione di una futura Cultura e Propaganda di regime!), affidata al mite, fido e inutile Bondi. E quello dell’Istruzione, affidato all’irriducibile Gelminator, che accorpa i due precedenti ministeri prodiani, comprendendo non solo le elementari e i licei, ma anche l’Università.
Dunque, innanzitutto, l’Università, inclusa nell’anodino ministero dell’Istruzione, cessa di essere sede qualificata di insegnamento e di ricerca, di insegnamento che si alimenta di ricerca, e risulta declassata a luogo di istruzione: poco più che un liceo. Perciò meno spesa, meno docenti, meno attrezzature e meno ricerca possibile. E poi, perché «ministero dell’Istruzione», al posto del consolidato e costituzionale «ministero della Pubblica Istruzione»? Ma è semplice. Se l’istruzione non è pubblica, che cos’è se non privata? E poiché l’istruzione privata è nel nostro paese prerogativa quasi esclusiva della Chiesa cattolica, ridimensionare, impoverire, mandare in malora la scuola pubblica significa favorire, incrementare, dare più danaro pubblico alle scuole cattoliche. Fiat voluntas Dei di Chiesa e Vaticano! E per il centrodestra, garantiti in aeternum i voti cattolici sempre in gran parte controllati dalle gerarchie.
I fatti lo confermano. Il progetto del governo per la scuola è di stampo chiaramente neoclericale. Ecco scoperto il senso nascosto delle ostentate riverenze e genuflessioni e baciamani del premier a papa e cardinali! Berlusconi III sta riscrivendo in re un nuovo Concordato con la Chiesa cattolica, col fine, tra l’altro, di favorire la scuola privata depotenziando e scardinando quella pubblica. Si capisce perché l’«Avvenire», il quotidiano dei vescovi, non approvi l’inedita e trasversale ribellione di studenti, docenti e genitori e, se per dovere minimo di informazione proprio non può ignorarla, la diffami, parlando con allarmismo di «venti di guerra». Strani, stranamente ossimorici questi pacifici «venti di guerra»! E poi, contro chi spirano questi «venti»? Ma è chiaro: contro la Chiesa cattolica e le sue scuole private, che dal decreto Gelmini sperano di ricavare prima o dopo i più lauti vantaggi. Si sentono minacciate dalla contestazione studentesca. Sono come il proverbiale famelico lupo che grida al lupo.
L’ulteriore privatizzazione/clericalizzazione della scuola italiana sarebbe probabilmente un passo decisivo verso la delaicizzazione dello Stato. Uno Stato laico che rinunciasse definitivamente ad una scuola pubblica, aconfessionale, imparziale, scientifica e critica, democratica e pluralista, difficilmente potrebbe dirsi ancora laico.
Il ministero dell’Istruzione di Gelminator?
Meglio chiamarlo ministero della Pubblica Distruzione.

Michele Martelli

(16 ottobre 2008)



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