Giordano Bruno, attualità di un’eresia

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di Francesco Bratos, da aprileonline.info

Quattrocento anni fa l’Inquisizione, istituzione ecclesiastica fondata per indagare e punire le teorie contrarie all’ortodossia cattolica, condannava al rogo in Piazza Campo de’ Fiori Giordano Bruno, frate filosofo "heretico impenitente, pertinace [et ostinato]". Oggi, Enzo Mazzi, esponente di un cattolicesimo minoritario ma molto vivo, quello delle "comunità di base", rilegge la figura di questo nostro filosofo d’avanguardia in un apprezzabile lavoro intitolato "Giordano Bruno, attualità di un’eresia", di recente uscita per Manifestolibri.

Il rogo di Giordano Bruno è preso da Mazzi ad emblema, figura simbolica che accomuna in realtà i roghi di tutti gli eretici di un tempo chiave nella formazione della cultura occidentale e nella costruzione della modernità. Mazzi vede, non a torto, un filo logico che unisce, attraverso i cunicoli della storia, i roghi medievali allo spettro agghiacciante del rogo atomico, pesante spada di Damocle sospesa sulle nostre ignare ma colpevoli teste.

Nelle ultime paradossali parole di Giordano Bruno («è forse maggiore la paura con cui voi pronunciate la sentenza di quella che provo io nel riceverla») si insinua una verità pesante. Viene messa a nudo la drammatica dialettica tra due tendenze. Da una parte l’istanza liberatrice emergente, che afferma con decisione una nuova concezione dell’uomo, della divinità come essenza interna e persino dell’universo da ora infinito; mentre dall’altra opera un’istanza conservatrice sostenuta da una Chiesa in perenne lotta con sé stessa e con un cambiamento, visto ormai come ineluttabile.

Tra le righe di questo volume leggiamo un Bruno quanto mai attuale. Mazzi ci porta agilmente a ritrovare le radici di un Umanesimo alternativo, sopravvissuto, fuggiasco, tra i roghi di uomini, donne e libri, tra colpi di scure e colpi di penna. Con un lessico abbastanza agevole ricostruisce attraverso Bruno le radici di un pensiero laico e progressista che sia in grado di considerare «la donna, la terra e le culture […] non puramente come oggetti di oppressione da liberare, ma come soggetti protagonisti, con nuove prospettive e paradigmi», antidoto sostanziale contro l’attuale «dominio violento della tecnologia».

Non è compito facile quello di Enzo Mazzi, far risorgere dalle ceneri dei roghi inquisitori la pesante fenice del pensiero alternativo, del pensiero osteggiato, represso, censurato, di chi ha saputo prima di altri vedere le contraddizioni e leggere il collasso di un sistema statico rinchiuso in sé stesso. Il pensiero di chi fino all’ultimo dei suoi giorni propugnava l’interdipendenza di fede e ragione e sosteneva la necessità della pace tra le religioni, quella che oggi sembra essere più una «tregua armata fra [..] fortezze barricate dentro spesse mura di intransigenza e intolleranza».

(12 ottobre 2009)

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