“Giornate della Laicità”, Giorello: “Io sto dalla parte del fallibilismo, contro il dogmatismo di molti cattolici”
da la Gazzetta di Reggio, 15 aprile 2011
REGGIO. Giulio Giorello, discepolo di Ludovico Geymonat e suo successore sulla cattedra di filosofia della scienza dell’ateneo di Milano, illustrerà alle "Giornate della Laicità" i temi svolti nel suo «Senza Dio. Del buon uso dell’ateismo», edito da Longanesi. Giorello è tra i protagonisti del dibattito filosofico e si è più volte confrontato con pensatori credenti».
Quali sono le condizioni affinchè si sviluppi un dialogo produttivo?
«Occorre essere almeno in due, servirsi della ragione e non pensare di avere in tasca la verità. Vale la cosiddetta regola di Oliver Cromwell che, quando si trovò di fronte i presbiteriani di Scozia, disse loro: vi supplico, per le viscere di Cristo, pensate che qualche volta possiate avere torto. I cattolici devono cessare di trattare gli atei come persone di serie B».
Tuttavia i cattolici accusano i laici di perdere di vista la verità con la loro concezione relativista.
«Il mio punto di vista non è quello del relativismo, ma del fallibilismo, adottato da Pearce e Popper. Lo contrappongo al dogmatismo di molti cattolici, che non sono disposti a confrontarsi civilmente con chi la pensa in modo diverso».
Vi sono, però, cattolici che fanno eccezione?
«Ho avuto il piacere di discutere con figure autorevoli della Chiesa, come il cardinale Carlo Maria Martini, che ha recensito in maniera critica sul Corriere della Sera il mio libro “Senza Dio. Del buon uso dell’ateismo”. Con pari simpatia ho interloquito con Enzo Bianchi, il priore di Bose, e con Giovanni Miegge, teologo protestante».
E’ facile intendersi con questi credenti di orientamento progressista… Ma i cattolici tradizionalisti?
«E’ sempre possibile farlo sulla base della ragione scientifica. Nel campo della bioetica Dario Antiseri sostiene posizioni radicali contrarie alle mie, sul senso della vita, ma condivide con me il fallibilismo. Insieme a lui ho pubblicato nel 2008 “Libertà, un manifesto per credenti e non credenti”. Lo stesso anno ho pubblicato ne “Il peso politico della Chiesa” un saggio speculare a quello di Francesco D’Agostino, presidente onorario del Comitato nazionale per la bioetica e presidente dell’Unione dei giuristi cattolici».
Per dialogare bisogna essere in due: può darsi che da parte sua vi fosse una disponibilità maggiore di quella dimostrata da tanti anticlericali.
«Il mio ateismo è metodologico. Non ho molta simpatia per l’ateismo militante. Questo aggettivo mi innervosisce. E’ importante che siano senza Dio le pratiche della scienza e della politica, non i singoli individui. Non voglio che si frughi nella coscienza altrui, tanto meno nella mia. L’ateismo è uno strumento di emancipazione intellettuale, con cui si mette alla prova qualunque convinzione, anche la più radicata». (l.s.)
(15 aprile 2011)
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