Giulio Girardi, un buon “cattivo maestro”
Marcello Vigli
, da www.cdbitalia.it
Molto si è scritto di Giulio Girardi all’indomani della sua morte, ma la complessità della sua personalità e la ricchezza della sua produzione culturale non consentono ancora visioni complessive che solo momenti di riflessione comune potranno cominciare a dare. Si resta a livello di testimonianze o di parziali tentativi di coglierne aspetti particolari. Fra questi si può azzardare che Giulio Girardi ha speso con tenacia la sua vita per promuovere la partecipazione dei cristiani alla creazione di una società più giusta all’interno delle rapide e profonde trasformazioni che hanno sconvolto gli equilibri planetari nella seconda metà del secolo scorso, senza perdere la loro specificità culturale.
Sulla solida cultura teologica e filosofica di docente nella Pontificia università salesiana ha innestato una conoscenza degli strumenti di analisi affinati dai seguaci di Marx cercando di non lasciarsi coinvolgere nelle costruzioni ideologiche, ma non sottraendosi alla responsabilità delle scelte politiche. In un costante intreccio fra teoria e prassi ha sviluppato questa sua ricerca, senza mai cessare di cercarne la verifica, impegnandosi in iniziative di base e partecipando a movimenti di più ampia portata politica. In questa prospettiva, per favorire il confronto e il dialogo fra marxisti e cristiani ha contribuito con una produzione di testi anche di tipo divulgativo che testimoniano la volontà di mettere a disposizione le sue competenze di docente universitario. Ha insegnato nell’Università salesiana di Roma e nella cattolica di Parigi, in quelle statali italiane di Lecce e di Sassari, è stato direttore del Comitato di redazione di L’ateismo contemporaneo, opera in quattro volumi pubblicata con imprimatur dalla SEI nel 1967.
Otto sono state dal 1966 le edizioni e numerose le traduzioni di Marxismo e cristianesimo, edito dalla Cittadella, con la prefazione del cardinal Franz Koenig, seguite nel 1977 da Fede cristiana e materialismo storico, Edizioni Borla e arricchite in tempo di crisi dell’ortodossia marxista da Cuba dopo la visita del papa. Marxismi, cristianesimi, religioni afroamericane alle soglie del terzo millennio, Borla, 1999. Per lui il marxismo non è il nemico da combattere, ma una forma di umanesimo fondato sulla lotta contro la discriminazione economica e l’oppressione sociale conciliabile con l’anelito cristiano verso un Regno di giustizia per tutti. A questa concezione restò fedele rivelando una grande capacità di aggiornamento non condizionata da schematismi dogmatici, quando, con la fine dell’URSS e la crisi delle sinistre europee emerse, col ’68, il campo antagonista, si è raccolto nei Social Forum.
In tutta questa lunga fase di profondi mutamenti, Girardi ha manifestato la stessa duttile fedeltà all’impegno originario nella partecipazione alle diverse e sempre nuove forme di dialogo fra comunisti e cattolici, alle iniziative dei cristiani di darsi strumenti autonomi di presenza politica per l’affermazione della giustizia sociale, ai movimenti che nei diversi paesi dell’America latina hanno tentato di costruire un’alternativa alla sudditanza alla politica statunitense.
Fra le prime, la più prestigiosa è senza dubbio quella stagione del Dialogo sviluppata negli anni sessanta attraverso i convegni della tedesca Paulusgesellshaft, ben diversi dalle contemporanee iniziative italiane promosse da gruppi della sinistra democristiana e dagli epigoni dei cattocomunisti del PCI. Ad esso contribuì ponendo le basi filosofiche, teologiche e spirituali sulle quali in seguito sviluppò la sua partecipazione attiva coinvolgendosi, oltre che nelle prestigiose assise
internazionali, anche in molte realtà di base che, in Italia e all’estero, si andavano moltiplicando in nome delle novità conciliari, trovandosi disponibile a contribuire alla nascita in Italia nel 1973 del movimento dei Cristiani per il socialismo, dopo aver partecipato l’anno precedente al primo incontro continentale dei Cristiani per il Socialismo, a Santiago del Cile. Ne divenne l’ispiratore e a lungo il punto di riferimento, senza riuscire ad evitarne la deriva politicistica quando divenne sede di confronto/scontro fra le diverse anime della sinistra italiana.
Con lo stesso impegno e dedizione si è coinvolto nei diversi paesi dell’America nell’avventura del sandinismo in Nicaragua, nella costante collaborazione con il governo cubano, fino all’attenzione all’esperienza di Chavez nel Venezuela e infine nell’entusiastica solidarietà con il movimento del risveglio dei popoli indigeni sudamericani. All’America latina ha infatti dedicato molto del suo impegno politico e culturale volto a riscoprire l’altra storia: quella dei popoli oppressi come testimonia “La conquista dell’America. Dalla parte dei vinti”. (ed. Borla 1992) il libro in cui, a cinquecento anni da cosiddetta “scoperta” dell’America, parla di invasione e conquista.
In questo continente dove né liberalismo né marxismo avevano avuto un forte radicamento è toccato a teologi cattolici, fra loro Girardi, trarre dalla loro esperienza religiosa le idee per offrire un supporto teorico alla volontà di riscatto delle masse contadine e inurbate e, più recentemente, dei popoli indigeni. Scriveva su Resistenza e alternativa Al neoliberismo e ai terrorismi (ed. Punto rosso 2002) Introduco il volume indicando nella crisi della speranza storica dei poveri il detonatore dell’intera ricerca e lo chiudo con una meditazione su il cristianesimo liberatore di fronte alla crisi della speranza storica dei poveri
In questa ottica Girardi ha partecipato alla costruzione e diffusione della teologia della liberazione con significativi contributi al più generale rinnovamento della teologia in continuità con gli intereventi che lo avevano reso benemerito durante il Concilio, al quale era stato chiamato come esperto, all’elaborazione di quella Guadium et spes che resta il fondamento della fine della contrapposizione frontale della Chiesa con la modernità.
A differenza di altri teologi prestati alla politica, Girardi considerò sempre l’impegno per il rinnovamento della Chiesa parte integrante del suo stare in politica. Espulso nel 1977 da tutte le università cattoliche in cui era docente, dimesso dalla congregazione salesiana e, successivamente, sospeso a divinis è stato attento all’esperienza italiana della Comunità cristiane di base e ha aderito al movimento europeo Noi Siamo Chiesa in un continuo aggiornamento delle tematiche di impegno ecclesiale. Fra gli ultimi interventi la denuncia dei pericoli insiti nel pontificato di Benedetto XVI, nel 2006, assieme ad altri 14 teologi di fama internazionale, è promotore di un “Appello alla chiarezza”, che si schiera nettamente contro la beatificazione di Karol Wojtila.
Si potrebbe continuare nel tentativo di individuare altri settori d’impegno di Girardi che era referente di tante altre comunità, disperse in tutto il mondo, soprattutto in America Latina, fra le quali Lui prediligeva le comunità dei poveri in lotta per la loro liberazione, ma che al tempo stesso non trascurava, anzi coltivava altre forme di un impegno che non ha avuto confini. Attivo nel Tribunale Russel II sull’America Latina è stato membro del Tribunale Permanente dei Popoli della nonviolenza e della pace; ha promosso a Torino, d’intesa con il sindacato unitario dei metalmeccanici (Flm), una interessante e originale inchiesta sulla condizione operaia i cui risultati ha elaborato in Coscienza operaia, oggi, pubb
licato da De Donato nel 1980; a Genova, invece, d’intesa con la Comunità di San Benedetto al Porto, ha coordinato una ricerca sulle tossico dipendenze raccogliendone i risultati, raggiunti con la partecipazione attiva di oltre sessanta membri della comunità stessa, nel libro Dalla dipendenza alla pratica della libertà (ed Borla 1990).
Sono libri che vanno ad aggiungersi all’ampia bibliografia arricchita fino a pochi anni dalla morte da testi che testimoniano la continuità della sua ricerca culturale, ma anche la capacità di aggiornare il modo di affrontare vecchi temi e di aprirsi ad affrontare i problemi sempre nuovi posti dalle profonde e accelerate trasformazioni. Fedele a quello che riteneva per un’intellettuale, il compito più urgente ed appassionante, quello che riempie la sua vita, la sua ricerca e la sua lotta.
Ha continuato, a differenza di molti altri, a cercare il soggetto sociale con cui continuare a lottare per la giustizia, fuori dagli schemi della dogmatica marxista. Ovviamente in tale ricerca è stato facile sbagliare nella individuazione del soggetto, ma è stato possibile evitare quella “crisi della militanza” quel “disimpegno” che ha portato molti dei “cattivi maestri” a entrare in letargo o peggio a ritagliarsi uno spazio, pur critico, nel ceto intellettuale inserito nei centri di potere del sistema che governa il mondo all’insegna dell’ingiustizia. Per i cristiani Girardi è rimasto un profeta e per tutti un buon “cattivo maestro”.
(16 marzo 2012)
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