Gli affari sporchi del Vaticano. Intervista a Gianluigi Nuzzi
Giacomo Russo Spena
Con documenti inediti e testimonianze il suo nuovo libro (“Peccato originale”) racconta una storia di potere in cui si intrecciano soldi, sangue e sesso all’interno del Papato. Dallo Ior, alla lobby gay, dal caso Orlandi agli abusi sessuali, secondo il giornalista "il Vaticano resta un’istituzione opaca". E sulle riforme di Papa Bergoglio aggiunge: “Il cambiamento annunciato è troppo lento e si sta affidando a persone poco credibili”.
intervista a Gianluigi Nuzzi
“Negli anni Novanta lo Ior ricicla la più grande tangente mai scoperta in Italia, la tangente Enimont. Fino ad oggi non esiste trasparenza sui movimenti bancari: sul sito del Vaticano non c’è traccia di come vengono impiegate le ingenti somme ricavate in beneficienza o donazioni, l’unico numero indicato è quello dell’iban per eseguire i bonifici. Un po’ modesto, no?”. Il giornalista Gianluigi Nuzzi ci ha preso gusto. Con l’ultimo suo libro – il quarto – Peccato originale (Chiarelettere, 352 pp) torna a denunciare gli scandali del Papato. Con documenti inediti e testimonianze (alcune tra l’altro sconvolgenti) racconta una storia di potere in cui si intrecciano affari, sangue e sesso. Secondo il cronista, Papa Bergoglio sta attuando alcune riforme ma con troppa lentezza e con persone poco credibili: “Il Vaticano resta un’istituzione opaca”.
Ma è possibile che, malgrado le riforme annunciate degli ultimi papati, il Vaticano resti ancora un luogo di misteri e inganni? E chi detiene il potere all’interno di queste segrete stanze?
In Peccato originale cerco le radici di questo potere che si è sempre sviluppato facendo del segreto delle finanze la propria ossatura. Colloco la nascita, e la ramificazione, di questo potere nel papato di Paolo VI quando sia la necessità di investire i soldi ottenuti dallo Stato italiano che il rischio di tassazione spingono il Vaticano a cercare Michele Sindona, l’uomo degli investimenti mobiliari. Dall’altra parte c’è in Marcinkus il punto di riferimento di un mondo che finora era rimasto fuori dalle stanze dei Palazzi. Qual è la novità oggi rispetto a questa origine dei mercanti nel tempio? Questo libro testimonia con forza come la rete di Marcinkus fosse ben più sviluppata, forte e potente di quella finora conosciuta: Marcinkus era un attento ingegnere del potere che aveva una ramificazione di alleanze nei sacri Palazzi fino a giungere all’appartamento pontificio. Non saprei spiegare altrimenti una serie di operazioni finanziarie eseguite su conti correnti personali dell’allora segretario particolare di Paolo VI, monsignor Macchi, per milioni di euro. Questa è l’origine di questo gruppo di potere che è rimasto indenne al brevissimo pontificato di papa Luciani e si è rafforzato fortemente nel papato di Giovanni Paolo II arrivando fino ai livelli notevoli di oggi.
Nel libro denunci appunto operazioni finanziarie, conti segreti di milioni di euro, finanche il traffico internazionale di droga. Sveli che perfino Madre Teresa di Calcutta avrebbe un conto corrente allo Ior talmente grande che se lo avesse chiuso l’istituto avrebbe rischiato il default. Davanti a tali istantanee, papa Bergoglio aveva annunciato un profondo rinnovamento preparando nuove nomine (di rottura) all’interno dello Ior. Sbaglio o non si intravede, però, nessun cambiamento sostanziale rispetto al passato?
Bergoglio è stato accolto con grande attesa da parte del mondo cattolico ma fin dagli inizi ha scelto dei collaboratori criticabili. Pensiamo al cardinal Pell: aveva il delicato compito di riformare le finanze vaticane ma ha dovuto sospendere il lavoro perché è volato in Australia per difendersi dalle accuse legate alla pedofilia. Al tempo stesso sono rimasti invariati alcuni blocchi di potere del precedente pontificato: non basta cambiare alcuni uomini della prima linea per cambiare la mentalità. E il libro lo svela e dimostra.
Quindi dalle nomine dello Ior agli abusi sessuali e alla lobby gay che condiziona le scelte del Vaticano, il tuo libro evidenzia come, al di là dei proclami e degli annunci ad effetto, il cambiamento sostanziale all’interno del papato non ci sia stato?
Dipende dall’unità di misura che noi scegliamo per determinare un cambiamento. Rispetto ai tempi di Sindona e Calvi la banca è cambiata. Se invece ci chiediamo se il Vaticano è trasparente, la risposta è ovviamente negativa. È in atto un processo di miglioramento che non ha la velocità che ci si attende. Permane sempre un certo malaffare che spesso prende il sopravvento. Inoltre c’è molta tolleranza: l’idea che l’unità della Chiesa debba sempre e comunque trionfare. Si ha paura che lo scandalo sia reso noto. Ci sono più elementi che concorrono perché tutto cambi per rimanere sostanzialmente tutto uguale.
Insomma, una fase gattopardesca.
Ricordiamo anche che nel 2015, quando è uscito il mio libro Via Crucis, sono finito sotto processo per ciò che avevo scritto. Un processo indegno a un giornalista se pensiamo che ha fatto solo il suo mestiere e veniva accusato di aver messo a repentaglio la sicurezza dello Stato vaticano. Mi aspetto la stessa solerzia per le indagini per riciclaggio, invece lì non è stato celebrato alcun processo con un’inerzia duramente criticata anche di recente dagli organismi internazionali che monitorano la trasparenza bancaria.
Tra l’altro lo stesso papa Francesco ti aveva attaccato pubblicamente per il libro Via Crucis nel quale non facevi altro che denunciare i sistemi di potere all’interno del Vaticano…
Il Pontefice parlava di documenti rubati, una cosa surreale perché – ci tengo a osservare – se l’accusa è rubare significa che, precedentemente, è stato compiuto un furto o una rapina ma né l’una né l’altra ipotesi erano contemplate tra le accuse del processo. Ero additato di aver ottenuto con pressioni documenti che svelati avrebbero messo a repentaglio la sicurezza del Paese, insomma una presunta violazione del segreto di Stato fingendo di non capire che la sicurezza del Vaticano passa per la credibilità, quella credibilità messa in gioco non da chi racconta i fatti ma di chi compie determinate azioni.
Rispetto al 2015 hai avuto reazioni differenti? Qualcuno dal Papato ti ha attaccato?
C’è una sostanziale differenza: questa volta il Vaticano, almeno in apparenza, ha deciso di recepire le denunce formulate nel libro e di avviare delle indagini. Questo è avvenuto per quel che riguarda i seminaristi del papa – i chierichetti che frequentavano il preseminario al Pio X – dove sono partite le inchieste interne del Vaticano e della diocesi di Como. Cosa ne verrà fuori non lo so però è un segno di cui bisogna tener conto. Il vertice del preseminario ha sempre negato abusi, ma vittime e testimoni non mancano. Altresì nella vicenda incredibile che racconto nei primi capitoli su Emanuela Orlandi, il Vaticano ha recepito la denuncia presentata pochi giorni fa dalla famiglia Orlandi proprio su quanto svelato nel libro.
Riveli come ci sia stata una trattativa riservata tra la procura di Roma e il Vaticano per il caso Orlandi, una trattativa poi saltata. Tu, personalmente, che idea ti sei fatto del caso Orlandi?
Ha vinto chi non voleva che la verità venisse fuori, chi ha fatto imboccare
piste false. È un’indagine che ha visto saccheggiata la verità da parte di mitomani, depistatori seriali, pezzi deviati del peggior sottobosco italiano. Escludendo qualsiasi connessione internazionale, penso si sia trattato di un approccio sessuale degenerato in un omicidio. Ecco, bisogna capire dove questo è avvenuto, se dentro la basilica di Sant’Apollinare o fuori. E capire se la banda della Magliana ha avuto veramente un ruolo.
Una storia di un depistaggio orchestrato dal Vaticano…
Una prova è rappresentata senz’altro dalle intercettazioni telefoniche del Monsignor Vergari, qualche anno fa quando venne indagato per la scomparsa della Orlandi. Tra le molte telefonate c’è quella di una Eccellenza che gli consiglia di non parlare al telefono perché, appunto, sotto controllo. Chi ha avvisato il monsignore? Come mai possedeva queste informazioni riservate su un’indagine in corso? Sono quesiti inquietanti…
Per chiudere, da chi è composta la fronda interna al Vaticano che sta osteggiando papa Francesco?
Penso che siano i poteri curiali che hanno una forte posizione antitetica rispetto alle riforme e che hanno anche una capacità mimetica sorprendente avendo l’abitudine a nascondersi e a destrutturare ogni volontà di cambiamento. Nel libro faccio i nomi e cognomi di tutte le persone che c’erano prima e che sono rimaste e, certamente, alcune di queste non si sono dimostrate prodighe nel realizzare quelle riforme volute prima da Benedetto e oggi, seppur con declinazioni diverse, portate avanti da papa Francesco.
Dopo Vaticano spa, Sua santità, Via Crucis e Peccato originale ci dobbiamo aspettare a breve un quinto libro? Quali sono gli aspetti ancora da denunciare all’interno del Papato?
C’è una quotidianità che non viene raccontata e che va scremata. Credo che quel che succede in quel mondo sia ancora oggi patrimonio conoscitivo di pochi, esclusivo direi. Questa è un’antinomia che non ha pari. Anche perché c’è un elemento che va evidenziato: questo Stato non gestisce le tasse del suo Paese. Siamo abituati ad un sistema nel quale il cittadino paga le imposte per garantirsi, teoricamente, servizi pubblici. Il Vaticano, invece, gestisce offerte che sono volontarie, non obbligatorie, e quindi il dovere di trasparenza sulle donazioni dovrebbe essere ancor più vigoroso mentre oggi, di questo, non c’è alcuna traccia.
(19 gennaio 2018)
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