Gli errori del governo Monti e il capitalismo da riformare

MicroMega

Cari amici,

Sono un uomo di 53 anni. Vivo a Monopoli in Puglia. E’ la prima volta che scrivo ad un giornale.

Lo faccio per esprimere un dissenso che nasce dalla perdita totale della mia pazienza di fronte ad atteggiamenti palesemente irrispettosi da parte di questo Governo, ed in particolare da parte della Fornero; atteggiamenti che secondo me sono condivisi da tutto il Governo. Questi sembrano prescindere da tutto quello che è stato fatto e detto negli ultimi vent’anni sia dai politici che dai cosiddetti tecnici. Naturalmente mi riferisco alla questione della riforma del lavoro e quindi anche al tristemente famoso articolo 18.

Vorrei far notare che questo articolo riguarda le aziende con un grosso numero di dipendenti e non le altre; e quindi non la maggior parte delle aziende italiane. Si tratta forse di riforma “ad aziendam”?

Vorrei far notare che i dipendenti delle aziende interessate si trovano, soprattutto quelli non più giovani, a rischiare il più delle volte, tutto quello che hanno: il loro futuro e quello dei propri figli. La Fornero sostiene che abolendo questo articolo si innescherebbe un circolo virtuoso che creerebbe una maggiore occupazione e crescita economica. Mi chiedo: visto che sembra così sicura, sarebbe disposta a firmare un contratto in cui se ciò che lei auspica non si verifichi, lei perderebbe tutto quello che ha? Ovviamente sia lei che suo marito che i suoi figli dato che la sua controparte rischia tanto.

Vorrei far notare che spesso componenti del governo dicono che si tratta di irrigidimento ideologico. Ma se il 60% degli italiani è contrario alla soppressione di detto articolo, e dell’altro 40% molti non sono nè contrari nè a favore, ciò non può voler dire che la maggioranza degli italiani è rappresentata dalla CGIL; non mi risulta che i componenti di tale sindacato raggiunga tali percentuali sull’intera popolazione. Inoltre sottolineo che un irrigidimento ideologico si crea su questioni generali ed in presenza di due schieramenti partitici vasti e quasi mai in presenza di un Governo sedicente tecnico (sarebbe più corretto chiamarlo governo dei professori o degli economisti). Perciò verrebbe da chiedersi se questi irrigidimenti non siano stati creati dallo stesso Governo. Difatti se si dice che la CGIL è irrigidita sull’articolo 18 allora vorrebbe dire che il Governo non lo sia e sarebbe disposto a venirle incontro. Ma dalle ufficiali dichiarazioni governative così non è. Quindi se di irrigidimento si tratta è per lo meno biunivoco. Se ne deduce che forse l’obiettivo è quello di cominciare ad erodere il principio di poter licenziare solo per giusta causa.

Vorrei far notare che se si fa passare il principio che si può licenziare senza giusta causa sicuramente si innescherebbe un circolo vizioso attraverso il quale gli imprenditori licenzierebbero ricorrendo al licenziamento senza esitare. Essi non sono santi ma gente normalissima che fa i propri interessi e non si può lasciar loro ne totale libertà di farlo e ne sostituire il reintegro con una mera ammenda pecuniaria. Sono sotto gli occhi di tutti gli espedienti a cui sono ricorsi in questi anni per aggirare un gran numero di regole per non pagare TFR, per licenziare liberamente o fare assunzioni senza regole: vedi generazione 1000 euro (se sono fortunati).

Vorrei far notare che spesso le imprese sono ricorse subdolamente a dichiarazioni di stato di crisi, altrimenti come si spiegherebbe un’evasione fiscale che ammonti a centinaia di miliardi di euro. A questo punto eliminare l’articolo 18 sarebbe un ulteriore premio agli imbroglioni. Viene da chiedersi inoltre, ma le aziende di una certa importanza, in un mondo così interconnesso devono soddisfare solo gli interessi dei proprietari e dei manager o devono anche fare gli interessi della società in cui svolgono la loro attività.

In soldoni, le aziende sono prioritarie rispetto allo stato o no, e fino a che limite dovrebbero poter esercitare il loro arbitrio? In quest’ottica se un’azienda produce utili perché non si rende illegale la sua delocalizzazione? O ancora, se un’azienda va in pari e non ha perdite, perché non se ne scoraggia la delocalizzazione sotto la minaccia di farla diventare statale o di cederla a chi ci lavora? O eliminare l’articolo 18 servirebbe a rendere più facile la delocalizzazioni delle grandi aziende senza pagare il conto, permettendo loro di andare in altri paesi dove la manodopera costa una fesseria?

Vorrei far notare che per quanto riguarda le liberalizzazioni questo irrigidimento da parte del Governo non c’è stato, tanto che oramai non si può più parlare di liberalizzazioni se non in maniera molto annacquata. Se ne deduce che ci troviamo di fronte ad un governo che manifesta comportamenti incoerenti. Inoltre parafrasando un riferimento metaforico tanto caro a qualche componente dell’attuale governo, è come se in una famiglia in un momento di crisi economica, i genitori, per continuare a permettere caviale e champagne ad un figlio lasciassero morire di fame un altro figlio.

Vorrei far notare che spesso si fa riferimento alla legislazione del lavoro tedesca; ma mi risulta che in quella terra, in cui esiste uno stato sociale e non socialista, e nonostante i conservatori al potere, nelle aziende che hanno un alto numero di dipendenti, il sindacato, per legge, entra nel merito delle decisioni e delle scelte aziendali; il che è molto più vincolante del nostro articolo 18. Stando così le cose se ne deduce che le scelte del nostro Governo sono improntate ad un modello capitalistico di stampo anglosassone e non renano (che poi dovrebbe essere quello Europeo perché a quanto pare risulta vincente).

Vorrei far notare che una riforma del lavoro deve essere affrontata, non tenendo in considerazione tutte le parti in causa, ma con tutte le parti in causa. A meno che i componenti di questo Governo non credano di essere investiti di un potere che gli sia stato conferito direttamente da Dio. In questo caso, ma mi rifiuto di crederlo, si tratterebbe di pura coercizione. E chi è violento non può certo aspettarsi il rispetto e la stima altrui, oltre a negarsi a priori la candidatura al Nobel per la Pace.

Vorrei far notare che una riforma del lavoro seria non può essere affrontata senza tener conto di una più complessa riforma delle regole vigenti in tutta la materia economica di questo paese e che tali riforme non possono essere fatte in una settimana. In tal caso non si darà l’impressione forse di essere efficienti ma come minimo di essere ingenui, se non molto peggio.

Vorrei far notare il fastidio che comuni mortali come me provano di fronte all’atteggiamento accondiscendente di tutti i giornalisti quando si tratta di intervistare componenti di questo governo, in particolare Monti, la Fornero e qualcun altro. Nessuno mette in dubbio la loro competenza ed il fatto che si siano distinti con successo nei relativi settori di appartenenza, ma a me e non solo, sembra che si sia volutamente sacralizzata questa competenza creando una distanza enorme con noi cittadini allo scopo di impedire qualunque critica o dissenso. Tanto che mentre nell’era berlusconiana c’era qualche giornalista irriverente, che veniva opportunamente allontanato, ora non c’è più neanche questo. Oltre che la sobrietà sarebbe auspicabile da parte dei componenti del governo una maggiore umiltà e da parte del giornalismo italiano un maggiore senso critico ed un po’ più di coraggio. Inoltre ci sarebbe da aggiungere che per riforme come quelle che stiamo vedendo onestamente non servirebbero tecnici così tanto qualificati. Da loro
ci sarebbe aspettati una soluzione meno dolorosa altrimenti a cosa servono tecnici così bravi? Sarebbe bastato qualcuno meno bravo e meno costoso.

Vorrei far notare che la maggior parte degli economisti, non solo non ha previsto questa spaventosa crisi economica mondiale, assolutamente prevedibile dalle persone di comune buon senso, ma qualcuno di loro, anche fra i vincitori del sedicente premio Nobel dell’Economia, con le teorie, appunto teorie, che professano, ha probabilmente, forse senza neanche il probabilmente, contribuito a causarla.

Vorrei far notare che molti dei tecnici dell’attuale governo fanno parte della categoria di cui al punto presedente; viene da chiedersi, può il medico che ha causato il male trovarne la cura?

Vorrei far notare che non si è ancora sufficientemente messo sotto accusa questa filosofia neoliberista, che sembra essere per chi vi aderisce, più un credo religioso che una teoria economica. Di conseguenza chi si permette di farlo viene subito accusato di statalismo, se non addirittura di comunismo.

Vorrei far notare che quando dico che persone di comune buon senso hanno previsto da decenni questa crisi spaventosa senza essere dei sedicenti geni dell’economia, mi riferisco al fatto che questo tipo di globalizzazione che esporta i capitali ma non i diritti è destinato a collassare con grave danno anche per coloro che ne hanno goduto, nonostante qualunque sacrificio si imponga all’interno delle teorie economiche tradizionali. Per penalizzare i lavoratori occidentali si è messo a livello mondiale, il costo del lavoro, in concorrenza con i paesi dell’est ed in particolare con la Cina. Il leitmotiv che oramai fa smaniare quasi tutti gli economisti è trattare il lavoro come un mero costo da abbattere, con il risultato che la maggior parte dei cinesi non può comprare perché ha salari troppo bassi e noi compriamo sempre meno perché perdiamo i nostri posti di lavoro. La crisi economica attuale è niente al confronto del collasso totale che ci prospetta il futuro se non si pone rimedio a questo.

Vorrei far notare che l’abbassamento del costo del lavoro non sembra apportare un corrispondente abbassamento dei prezzi che continuano a salire vertiginosamente come qualunque incolta massaia sa. Viene da chiedersi se non se ne avvantaggiano i consumatori ed i lavoratori perdono i loro posti di lavoro, chi se ne avvantaggia?

Vorrei far notare che proprio i principali soggetti che hanno beneficiato degli effetti del neoliberismo non si sono fatti scrupolo di ricorrere a pesanti aiuti statali, nel momento in cui si prospettava la loro bancarotta, tanto da far pensare che il socialismo esisterebbe solo per alcuni grossi capitalisti, quando sono in difficoltà. Se ne deduce che questo capitalismo di stampo anglosassone e neoliberista è un capitalismo schizofrenico. Un mostruoso ossimoro vivente che continua a mangiare qualunque tipo di risorsa e che deve al più presto essere tenuto a freno per evitare una definitiva catastrofe. A mio parere, qualunque sacrificio si faccia all’interno delle prospettive che questo tipo di capitalismo, rischia non solo di essere inutile ma addirittura di peggiorare la situazione. Sono sotto gli occhi di tutti i guasti che la finanza, a cui questo tipo di capitalismo ha permesso qualunque stortura attraverso una deregolamentazione tout court, ha procurato all’economia reale. Dette storture continuano a mangiare risorse economiche e non solo non si è fatto nulla per impedirlo ma addirittura hanno incrementato il loro raggio d’azione. Questo continua ad influenzare in modo pervasivo la nostra vita di tutti i giorni. Ultimamente parlando con il mio elettrauto mi ha detto che gli è stato d’imperio trasformato un fido sul conto corrente della propria azienda, peraltro di un importo di appena 4.000 euro, in un mutuo. Se ne deduce che forse gli istituti bancari stanno trasformando tutto il trasformabile in mutui cartolarizzabili; incrementando così la speculazione finanziaria e togliendo ulteriormente soldi all’economia reale.

Viene da chiedersi perché si interviene sui lavoratori per avviare un circolo economico virtuoso e non si interviene su questi meccanismi? Attraverso queste cartolarizzazioni le banche trasformano le loro sofferenze in titoli e non sono obbligate a certificarle come debiti essendo così autorizzate a contrarre altri debiti all’infinito senza offrire garanzie? Non si può fare pressione per rendere illegali le cartolarizzazioni? Perché si continua ad aiutare le banche in crisi e non si usano invece gli stessi soldi per garantire unicamente chi in banca deposita i propri risparmi lasciando fallire la banche che non sono meritevoli? Prestando o regalando soldi alle banche scialacquone si permette loro solo di continuare a giocare pericolosamente con i titoli chiudendo gli occhi su quella che dovrebbe essere la loro principale funzione di supporto all’economia reale. Se non vengono apportate modifiche in questo senso o alla luce di un capitalismo responsabile potranno spremerci quanto vogliono ma, con buona pace dei circoli virtuosi di forneriana memoria non servirà annulla.

Vorrei far notare che negli ultimi decenni non si è fatto altro che deresponsabilizzare i vertici della società. Manager pubblici e privati che formalmente dovrebbero essere responsabili di quello che fanno e quindi essere i soggetti che dovrebbero pagare di più, quando le cose vanno male, perché appunto vanno male sotto la loro responsabilità, e percepiscono per tale motivo lauti stipendi, non solo fanno ricadere sulla fascia base della società gli effetti negativi ma addirittura il più delle volte si premiano pure. Stando al principio della meritocrazia, tanto caro alla Fornero, in una forma di sano capitalismo, essendo i principali responsabili, dovrebbero quasi tutti essere licenziati in tronco considerato il disastro economico in atto, prima ancora di far pagare il conto agli altri. Vorrei ricordare a questi signori inoltre che l’intelligenza prima di essere un privilegio è soprattutto una responsabilità.

Vorrei far notare che impiegati, operai e pensionati, cioè tutti coloro che fanno parte del ceto medio basso a reddito fisso, hanno pesantemente pagato l’entrata dell’Italia nell’area euro vedendosi dimezzare repentinamente il potere d’acquisto delle loro entrate mentre le altre categorie si sono viste addirittura premiare senza meriti. Viene da chiedere perché sempre la stessa categoria deve pagare sia l’entrata nell’area euro che il rimanere nell’area euro?

Vorrei far notare che alla luce di quanto esposto ci si fa credere che sia ineluttabile ed impossibile una soluzione se non a scapito del ceto medio che deve piegare la testa perchè le leggi dell’economia lo impongono. Ma la scienza economica ha dimostrato tutta la sua debolezza ed è stata drammaticamente sfatata dalla realtà che ha contraddetto oggi ciò che la maggior parte degli economisti scrivevano ieri. Essa non è una scienza esatta e soprattutto deve essere serva della politica mentre oggi assistiamo ad una politica serva dell’economia. I tecnici devono avere un ruolo che non vada oltre quello dei consulenti che prospettano scenari futuri in base a soluzioni prospettate dalla politica. Oggi assistiamo invece a qualunque livello, anche nei piccoli comuni, a tecnici che strapaghiamo con le nostre tasse e che in sostanza impongono soluzioni che probabilmente prima rispondono agli interessi della loro categoria e forse mai a quelli della società nella sua interezza, relegando in un angolo il ruolo della politica.

Vorrei far notare che si è intervenuto sulle pensioni e nulla è stato fatto contro la corruzione, che i pi
ù ottimisti stimano sui 60 miliardi l’anno ma che forse sarebbe da raddoppiare; come nulla si è fatto per ridurre gli stipendi, o pensioni troppo alte. In questo caso vorrei evidenziare che risulta offensivo eventualmente ridurre del 5 o 10 per cento questi importi che andrebbero ridotti ad un terzo o al minimo della metà. Se è vero che circa l’87 per cento delle pensioni in Italia non supera i 1.400 euro al mese e che tutte le pensioni italiane, secondo questi tecnici, non sono state pagate per intero a maggior ragione non sono state pagate per intero le pensioni molto alte. E quanto pesa questo 13 per cento di pensioni alte sul bilancio della spesa pensionistica? E cosa succederebbe se si ponesse un tetto di 3.000 euro al mese al massimo per una pensione? Inoltre continua a farsi poco contro l’evasione fiscale che si stima per grosso difetto intorno a 200 miliardi l’anno, combattendo la piccola evasione e lasciando pressoché intoccati i grandi evasori. La sensazione che si ha è quella di atteggiamenti persecutori indiscriminati verso tutti. Non sarebbe il caso di cominciare anche dal punto di vista legale, a fare differenza tra evasione praticata per necessità ed evasione bell’è buona. E non sarebbe il caso di prevedere legalmente il carcere duro per i grossi evasori?

Vorrei far notare che con l’innalzamento dell’età media e per contro la riduzione delle nascite e la mancanza di lavoro che in futuro riguarderà tutto il mondo sarà impossibile pareggiare il bilancio tra quanto verrà speso per le pensioni e quanto verrà pagato di contributi in totale. E se lo stato che potrebbe attingere da tassazioni extra non vuole risolvere questo problema come potrebbero i privati che dai fondi pensionistici ci devono guadagnare? Viene da chiedersi se si ritiene giusto dare un pensione adeguata, anche se in un’età avanzata e dopo molti anni di lavoro, o se invece si ritiene che gli anziani debbano essere soppressi. Tutti abbiamo anziani in famiglia e tutti sappiamo quanto costa assisterli.

Vorrei far notare che il problema delle pensioni, le riforme sul lavoro e quant’altro non potranno mai e poi mai essere risolti se non ci si pone una priorità assoluta. Trasformare il capitalismo (non ucciderlo) cambiandone le regole per renderlo più responsabile e più umano. Questa non è impresa che può fare un solo governo ma deve essere fatta di concerto con tutti i governi occidentali. Bisognerebbe subito cominciare a fare forti pressioni in tal senso. Perché il nostro governo non ne fa? Forse se ne facesse avrebbe l’appoggio di grossa parte dell’opinione pubblica. Sicuramente questo governo e costituito da gente onesta ma a volte succede che troppa istruzione cambia la percezione delle cose. Lei sa meglio di me che cultura ed istruzione sono due cose diverse. Non voglio dire che l’erudizione è un fatto negativo, anzi. Ma alle volte induce gli eruditi a vedere la realtà attraverso una lente che distorce la visione delle cose soprattutto quando si devono tenere presenti condizioni generali molto complesse. Finendo per farli diventare servi di interessi che forse essi stessi non vorrebbero difendere. La mia impressione è che ci siamo illusi di avere a che fare con tecnici come Carlo Azeglio Ciampi, che ha dimostrato di possedere questa marcia in più e per questo l’opinione pubblica in principio ha appoggiato con largo consenso il Governo tecnico, ma se questi continua sulla strada praticata sinora, lo perderà molto presto, ed il consenso è necessario a qualunque governo.

Questo capitalismo non solo non è umano, e Dio solo sa di quanto avremmo bisogno di un po’ di neoumanesimo, ma crea per i vertici premi o al massimo mancati premi per chi tra di loro sbaglia palesemente. Dov’è il rischio? Solo per operai o impiegati che sono quelli che dovrebbero rischiare si, ma meno dei cosiddetti meritevoli. Il capitalismo premia o dovrebbe premiare chi merita di più, ma questo alla luce dei fatti non avviene. In realtà operai ed impiegati rischiano tutto mentre alti manager e finanzieri, anche quando sbagliano solitamente cadono in piedi. A parte chiedersi dove finisce il merito e comincia il privilegio, perché non fare pressione per rendere illegali i guadagni in borsa al ribasso? Cosa succederebbe se chi possiede la maggioranza delle società per azioni non rischiasse solo il capitale investito ma anche tutto ciò che possiede? E se la stessa cosa si facesse con gli amministratori delegati? Mi risulta che le grosse multinazionali del petrolio chiedono forti garanzie prima di dare in gestione un distributore di benzina; il mio benzinaio dice di aver dovuto costituire una società in nome collettivo per avere in gestione la sua pompa; perché questo tipo di garanzie non le chiediamo anche ai grossi azionisti? Cosa succederebbe se cambiassimo qualche regola che in effetti poco regola il mostro. Perché non si fa dell’Italia un paese pilota in questo senso. Mi piacerebbe sapere quanti la pensano come me.

Paolo Dragone

(13 aprile 2012)



MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.