Good Morning, Mr. Paik
Mariasole Garacci
“Gli artisti conoscono più del futuro che del passato” (Nam June Paik). Nel Regno Unito un’importante mostra celebra il media-artist e performer coreano che anticipò YouTube e segnò l’arte contemporanea.
A quattro anni dalla morte, la Tate Liverpool dedica a Nam June Paik (1932-2006) un’importante retrospettiva che ripercorre l’intera carriera del pioniere della videoarte, dalle prime performance nell’ambito di Fluxus, tra la fine degli anni Cinquanta e i Sessanta, fino agli esperimenti con il laser realizzati a partire dagli anni Ottanta, passando per quel capitolo fondamentale per l’arte contemporanea, per il video e per la televisione commerciale, la manipolazione creativa del nuovo medium televisivo, iniziato nel 1963 con la prima mostra alla Parnass di Wuppertal insieme con Wolf Vostell, Exposition of Music – Electronic Television. Un tributo in circa novanta lavori distribuiti tra Tate Liverpool (tra cui sculture della serie TV Buddha, Video Fish) e Foundation for Art and Creative Technology (Good Morning, Mr. Orwell, Global Groove, Bye Bye Kipling, Laser Cone) provenienti dalla Nam June Paik Estate, dal Whitney di New York, dal Centre Pompidou e dallo Smithsonian American Museum.
Paik artista concettuale: scopre ed esorcizza la TV nella triplice natura di mezzo di comunicazione di massa, di broadcast e di oggetto-totem. Paik imitatore della natura, inventore, veggente: nei suoi video concepisce un nuovo linguaggio basato sulla simultaneità e il collage, replicando il flusso continuo e apparentemente indistinto della coscienza e intrecciandolo ad una ininterrotta corrente metaindividuale e transculturale in tessiture cinetiche e iconoclastiche; nel 1965 realizza una “videografia” catturando con il primo modello di telecamera portatile della Sony la folla nelle strade di New York durante la visita di Paolo VI; durante la guerra in Vietnam, l’artista realizza su commissione del governo americano Global Groove, un assembramento disposto su scacchiere di schermi televisivi di ventuno rapide sequenze video-sonore, provenienti da emittenti pubbliche di diversi paesi o create dallo stesso Paik in collaborazione con alcuni amici tra cui John Cage e Allen Ginsberg: il risultato è un mobilissimo collage elettronico, che anticipa l’estetica di MTV e celebra una fratellanza multiculturale mentre prefigura il livellamento della cultura di massa pop-globale. Alla fine degli anni Settanta l’artista coreano inizia i suoi esperimenti con la tecnologia satellitare e la trasmissione televisiva internazionale in diretta, che porteranno alle videoinstallazioni globali come Good Morning, Mr. Orwell (1984), Bye Bye Kypling (1986), Wrap around the World (1988).
La preconizzazione orwelliana della diffusione mass-mediale di una rappresentazione della realtà unica, controllata dall’alto come strumento di controllo e uniformazione, è rovesciata dall’ottimismo di Paik: la televisione, esempio di tecnologia accessibile, può essere un luogo di incontro e condivisione democratico, libero e universale tra genti e mondi lontani. Non si tratta di una positivista fiducia nel movimento ciecamente univoco e progressivo delle conquiste tecnologiche, ma di una riflessione – nel tempo sempre meno utopistica – intorno a una comunicazione globale e a una cultura espressiva alternative a quelle proposte dalla televisione commerciale che conosciamo, che vivono oggi nei canali di comunicazione democratici rappresentati da YouTube e dal social network.
“Io conosco bene il mio ruolo: qualcosa che sia tra lo sviluppo dell’hardware e quello del software. E quello che so è che mi riesce bene fare da interfaccia”. In sintonia con la poetica propria di Fluxus di una “anti-arte” non autoritaria, accessibile ad una fruizione estesa, legata alla sperimentazione dissacratoria dadaista, al ready-made, all’happenning, alle tecniche dell’incrostazione e della commistione a-grammaticale di linguaggi, e insieme convinto della vocazione sociale della ricerca artistica a calarsi nella vita umana attraverso la mimesi dei movimenti percettivi e di una bergsoniana durata, Nam June Paik è stato un esempio efficace di mediatore tra arte, tecnologia e società, fatalmente anticipando la leggerezza e la pulviscolare capacità comunicativa del XXI secolo.
Nam June Paik. Video artist, performance artist, composer and visionary
17 dicembre 2010 – 13 marzo 2011
Tate Liverpool – Albert Dock, Liverpool L3 4BB
Orario: dal martedì alla domenica 10.00 – 17.50; chiusa il lunedì.
www.tate.org.uk/liverpool
(22 febbraio 2011)
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