I Decreti sicurezza sono ancora lì: grazie alla mia “bolla” social ho evitato di festeggiare

Daniele Nalbone

Sono fortunato, ho un’ottima “bolla” social. La prova l’ho avuta ieri notte: prima di andare a dormire ho dato una veloce occhiata ai maggiori siti di informazione italiani. La prima reazione che ho avuto, visto che un po’ tutti riprendevano in homepage le dichiarazioni di Zingaretti ("I decreti propaganda/Salvini non ci sono più"), è stata “wow, sono stati aboliti i decreti sicurezza di Matteo Salvini”. Raramente poi mi sposto sui social per vedere come una notizia viene recepita, ma stavolta, conoscendo il pensiero di gran parte dei miei oltre 3.300 “amici” su Facebook e avendo ben selezionato le persone da seguire su Twitter, ho pensato di controllare come questa notizia sarebbe stata letta da chi si occupa di immigrazione e informazione.

La stessa cosa l’ho fatta stamattina e, di fatto, in poco più di cinque minuti totali ho evitato di festeggiare per qualcosa che non è mai avvenuta. La prima a farmi capire che le cose non stanno come si legge sui media considerati mainstream è stata Eleonora Camilli, una collega che lavora per Redattore Sociale. Il suo commento, lapidario, è stato il seguente: “Non ve lo vorrei dire ma i decreti sicurezza non sono stati CANCELLATI ma modificati. L’impianto normativo resta”.

Poco dopo, ha precisato: “Le modifiche nel nuovo Decreto Immigrazione: torna l’iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo; le multe alle ong non scompaiono, ma passano da piano amministrativo a penale (da 10mila a 50mila euro); inserita la nuova protezione speciale (ex umanitaria)”. Certo, è un passo avanti rispetto alla situazione creata dai dispositivi dell’allora ministro Matteo Salvini e firmati dall’allora – e attuale – premier Giuseppe Conte. Ma, come sottolinea ancora Camilli, “le modifiche erano pronte da mesi, l’ultima bozza l’ho letta a luglio. Il testo è stato congelato in attesa delle elezioni. Intanto nei mesi della pandemia i dl Salvini hanno continuato a fare parecchi danni (accoglienza). Il coraggio in politica è un’altra cosa”.

Scorro la bacheca. Mi appare un lungo post di un altro collega, Valerio Nicolosi, che da anni racconta le questioni legate all’immigrazione, anche qui su MicroMega.

Il post si apre con un maiuscolo urlato: “I DECRETI SICUREZZA DI SALVINI NON SONO STATI ABOLITI MA MODIFICATI”.

Per punti:

– Viene reintrodotta la “protezione umanitaria” con un “permesso speciale” (il termine “speciale” fa capire che la norma è un’altra).

– Viene reintrodotto il sistema d’accoglienza diffusa per i richiedenti asilo e la revoca della cittadinanza o del permesso per chi compie dei reati specifici e la stessa cittadinanza verrà data in tre anni invece che quattro. Prima dei Decreti Sicurezza erano quattro gli anni d’attesa, è bene ricordarlo.

– Le multe alle ong restano ma passano da civili a penali, quindi saranno una procura e un giudice a dover decidere. Le multe saranno in caso di “comunicazioni non tempestive” con le autorità competenti in caso di soccorso. Conoscendo abbastanza bene questo contesto mi sembra una supercazzola per dire: “Abbiamo lasciato le multe” ma al tempo stesso sanno benissimo che le ong comunicano tempestivamente ogni soccorso, chiedendo l’autorizzazione ad intervenire prima del soccorso stesso. C’è un passaggio sul principio di “non respingimento” che copia l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra, quindi già in vigore in Italia, ma con una frase in più: “A meno che esso non sia necessario per ragioni di sicurezza ovvero di ordine e sicurezza pubblica”. Frase volutamente generica e che potenzialmente può essere applicata in diverse situazioni. Inoltre, aggiungo un passaggio: Ocean Viking, Alan Kurdi, Aita Mari, Sea Watch 3, Sea Watch 4 e Mare Jonio sono ferme per questioni “amministrative” che la Guardia Costiera ha ratificato su mandato politico del governo. Quindi diminuiscono le multe, le fanno diventare penali, ma questa difficilmente saranno applicate se le navi non possono lasciare i porti. Inoltre, l’inserimento del principio di non respingimento varrà sulla rotta balcanica dove la Ministra degli Interni si vanta di aver “riammesso” in Slovenia tante persone, molte di loro erano profughi di guerra e minori.

Quindi è il turno , altra esperta sul tema, attivista di Alterego – Fabbrica dei diritti. Esordisce così: “Spoiler: i decreti sicurezza esistono ancora!”. Quindi, una nota: “Introdotta la flagranza differita per i migranti che organizzano proteste nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio.

Federica Borlizzi risponde poi a una serie di domande.

1) Cosa intendiamo per Decreti Sicurezza?

Se ci riferiamo solo alla storia recente, senza ripescare Maroni, i decreti sicurezza sono quattro. I due di Minniti su immigrazione e sicurezza del 2017. I due di Salvini del 2018 e 2019. È importante ricordarci questa roba, perché i decreti del Governo Giallo-Verde si pongono in stretta continuità con quelli del Governo Gentiloni.

2) Quali sono le modifiche introdotte dal nuovo Decreto sicurezza?

In attesa della pubblicazione in Gazzetta del decreto-sicurezza approvato ieri in Consiglio dei ministri, e stando solo alle bozze in circolazione, emergono le seguenti modifiche:

• In materia di salvataggi in mare e di sanzioni per le ong, si utilizza una tecnica legislativa davvero degna di nota. Infatti, da un lato vengono eliminate dal Testo Unico dell’immigrazione le norme riguardanti il potere per il Ministro dell’Interno di vietare l’ingresso e il transito di navi nel mare territoriale (soppresso art.11, comma 1 ter, del TU immigrazione) e le relative disposizioni su sanzioni, sequestro e confisca (soppresso art. 12, comma 6 bis, 6 ter e 6 quater). Dall’altro lato, però, si introduce una norma che prevede come “limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti”, quindi sempre tenendo a mente la Bossi-Fini, il Ministro dell’Interno possa “vietare il transito o la sosta” di navi nel mare territoriale, con multe in caso di inosservanza che vanno da diecimila a cinquantamila euro (in luogo delle precedenti sanzioni amministrative da 150mila euro a un milione di euro). Quindi, per capirci, ci teniamo la facoltà di vietare l’ingresso, subordiniamo il divieto ad una serie di garanzie (es. il fatto che il soccorso sia svolto nel rispetto delle indicazioni effettuate dalla competente autorità e sia prontamente comunicato), tra cui il fatto che le sanzioni amministrative divengono delle multe (quindi ambito penale) alle ong, in base all’art. 1102 (navigazione in zone vietate) di un Decreto Regio del ‘42.

• Si introduce come motivo ostativo al respingimento il rispetto della vita privata e familiare del soggetto, tenendo conto a tal fine dell’inserimento sociale in Italia e dell’esistenza di legami familiari (art.19, nuovo comma 1.1. del TU immigrazione). In tali casi si ha diritto ad un permesso di soggiorno per “protezione speciale” (art.19, nuovo comma 1.2. del TU immigrazione). Di fatto quest’ultimo sarebbe la reintroduzione, sotto diverso nome, del permesso umanitario.

• Viene meno la presunzione di inammissibilità della domanda reiterata presentata dallo straniero nella fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento (nuo
vo art. 29 bis del d.lgs. n. 25/2008). Si tratta dell’eliminazione di una norma vergognosa, che esponeva in particolar modo le donne vittime di tratta, trattenute nei CPR, al rischio di re-trafficking, in seguito all’inammissibilità della loro domanda ed alla conseguente espulsione.

• Rimane il sistema hotspot, istituzionalizzato dal decreto Minniti nel 2017, per lo straniero che attraversa in maniere irregolare la frontiera e la previsione per coloro che rifiutano di farsi identificare di essere trattenuti nei CPR. Ma la “grande novità” è che lo straniero deve essere tempestivamente informato dei diritti derivanti dal procedimento di convalida del trattenimento in una lingua a lui conosciuta (Maddai!) (art.10 ter, comma 3, del TU immigrazione).

• Si modifica il periodo massimo di trattenimento nei CPR che passa da 180 giorni a 90 giorni, prorogabile di ulteriori 30 se lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l’Italia abbia sottoscritto un accordo per i rimpatri (art.14, comma 5, del TU immigrazione).

• Ritorna l’iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo (art. 5 bis del d.lgs. n.142/2015).

• Si aggiunge la facoltà per le persone trattenute nei CPR di rivolgere istanze o reclami al Garante Nazionale ed ai Garanti regionali dei diritti delle persone detenute (art. 14, comma 2 bis, del TU immigrazione).

• Ritorna il sistema SPRAR.

• Si introduce la flagranza differita nei casi di delitti contro le persone o le cose commessi dagli stranieri negli Hotspot o nei CPR (art.14, nuovo comma 7 bis, del TU immigrazione), prevedendo il giudizio per direttissima.

CAPITOLO SICUREZZA

• Si estendono le “cause di esclusione della particolare tenuità” nel caso in cui il fatto sia commesso non più solo a danno di un pubblico ufficiale ma anche a danno di un agente di pubblica sicurezza o un ufficiale o un agente di polizia penitenziaria nell’esercizio delle proprie funzioni e nell’ipotesi di cui all’art. 343 c.p. “oltraggio di un magistrato in udienza” (modifiche all’ art. 131 bis, comma 2, del codice penale).

• Si inaspriscono le pene per il reato di rissa: chi partecipa a una rissa è punito con una multa fino a duemila euro (non più 309 euro) e nel caso di omicidio o lesioni personali in seguito a rissa le pene passano da 6 mesi a 6 anni (in luogo delle precedenti da 5 mesi a 5 anni) -modifica all’art. 588 c.p.)

CAPITOLO DASPO URBANO

Come al solito, in seguito a tragici eventi di cronaca, si ricaccia fuori la questione del Daspo. È una usanza che conosce bene chi segue le vicende del Daspo sportivo, dove tale strumento è stato negli anni modificato ed inasprito a seguito dei fatti che avvenivano negli stadi. Un legame così stretto che è possibile dare ad ogni modifica legislativa sul Daspo sportivo il nome della vittima che ne ha generato l’origine: “Norma Spagnolo”, con riferimento al giovane ragazzo ucciso nella partita Genoa-Milan del gennaio 1995; “Noma Currò”, in seguito alla morte di un uomo avvenuta durante la partita Treviso-Cagliari del 1998; “Norma Raciti”, in seguito alla morte dell’ispettore di polizia nella partita Catania-Palermo nel 2007; “Norma Esposito”, in seguito ai fatti avvenuti durante la partita di Coppa Italia a Roma nel 2014; “Norma Belardinelli”, in seguito agli scontri avvenuti nella partita Inter-Napoli nel dicembre 2018.

Una usanza che vediamo proiettarsi e consolidarsi anche nel Daspo urbano. Non a caso, i giornali parlano di “norma Willy”, con riferimento alle recenti modifiche sul tema. Un approccio sbagliato, ovviamente, che tenta di reagire, a livello emergenziale, sulle conseguenze e mai sulle reali cause di tali eventi.

Posto questo, le nuove norme agiscono su fattispecie produttive di Daspo già vigenti, ma ne potenziano l’applicazione. Infatti:

-Rispetto al Daspo come misura di contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti, si prevede che esso possa trovare applicazione nel caso di denuncia o condanna non definitiva nel corso degli ultimi tre anni, per vendita o cessione di sostanze stupefacenti. Mentre prima era necessaria una condanna definitiva o confermata in grado di appello (ricordiamoci sempre che il contesto giuridico di riferimento è la legge Fini-Giovanardi). Nel caso di violazione del Daspo urbano si prevede la pena alla reclusione da 6 mesi a 2 anni e (cumulativa) la multa da ottomila euro a ventimila euro (precedentemente si prevedeva la sola sanzione amministrativa da diecimila euro a ventimila euro) (modifiche all’art. 13 del d.l. n.14/2017).

– Rispetto al Daspo come misura di prevenzione dei disordini nei locali, si prevede che esso possa trovare applicazione del caso di denuncia o condanna non definitiva nel corso degli ultimi tre anni, per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi. Mentre prima, anche qui, era necessaria una condanna definitiva o confermata in grado di appello. In caso di violazione si prevede la pena da 6 mesi a 2 anni e la multa da ottomila euro a ventimila euro (precedentemente si prevedeva la pena da 6 mesi ad 1 anno e la multa da cinquemila a ventimila euro).

3) Cosa non modifica questo decreto?

Non vengono minimamente toccate le norme introdotte nei decreti Salvini sulla sicurezza urbana, riguardanti, per esempio:

• La ri-penalizzazione del blocco stradale punito, nel caso in cui avvenga con “oggetti o congegni”, con la reclusione da 1 a 6 anni e se il fatto è commesso da più persone, anche non riunite, da 2 a 12 anni di reclusione.

• L’inasprimento delle pene per il reato di occupazione, ossia l’art. 633 c.p. e la possibilità di utilizzare le intercettazioni telefoniche nei confronti dei promotori ed organizzatori delle occupazioni (art. 266 c.p.p.).

Conclude Federica Borlizzi: “Ecco a voi, l’Italia più umana e più sicura. Non so come dire ma possiamo anche non esultare per queste modifiche. Possiamo limitarci a prendere atto che alcune norme vergognose e incostituzionali sono state abrogate e che si è ritornati al sistema previgente. Un sistema che, tuttavia, aveva già le sue ingiustizie e distorsioni. Un sistema che poggia, solido, le sue basi sui decreti Minniti, di cui intatte rimangono le norme e lo spirito. Un sistema che ha creato delle importanti fratture negli ambiti di cui stiamo trattando, eliminando il suo grado di giudizio nei procedimenti per lo status di rifugiato, ripristinando i CPR e legittimando gli Hotspot. E, sul lato della sicurezza urbana, dando avvio all’uso del Daspo Urbano ma anche introducendo l’ossimoro della flagranza differita, oggi strumento utilizzato anche contro chi cerca di ribellarsi alle condizioni di vita nei CPR”.

Che dire, grazie “amici”. Mi avete fatto risparmiare una bella delusione: quella di festeggiare per qualcosa che non è mai accaduto, nonostante i maggiori organi di informazione del nostro paese raccontino il contrario.

La verità, e avremo tempo di analizzarla con attenzione non appena sarà pubblicato il testo ufficiale, è invece un’altra, e per approfondirla vi consiglio di leggere questo contributo di Francesco Cancellato, vicedirettore di Fanpage. Vi “spoilero” solo il titolo – I decreti Salvini non sono stati aboliti. E la sua idea di immigrazione ha vinto ancora – e il sommario: “I
l Daspo urbano è ancora lì, i centri per il riconoscimento e il rimpatrio pure. Ed è lì, ancora, pure la Legge Bossi – Fini, architrave di un impianto culturale per cui lo straniero è ospite sgradito, e non risorsa e opportunità per un Paese vecchio e stanco. Ecco perché la modifica dei decreti Salvini è poco più di un pannicello caldo. Quando invece servirebbe un cambiamento radicale di tutto l’approccio all’immigrazione. Che parta dalla regolarizzazione degli irregolari, da una legge quadro sull’integrazione, e da nuove norme per ottenere la cittadinanza che superino il diritto di sangue”.

(6 ottobre 2020)




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